Si è concluso con successo l’aumento di capitale lanciato il 4 aprile scorso (si veda altro articolo di BeBeez) da Trevi Finanziaria Industriale (Trevifin), gruppo di ingegneria del sottosuolo inn difficoltà dal 2017. Lo ha reso noto l’azienda il 29 maggio scorso (si veda qui il comunicato stampa). Nel dettaglio, sono state sottoscritte oltre 15 miliardi di azioni, per un controvalore di quasi 150 milioni di euro.
L’aumento di capitale da 130 milioni di euro offerto in opzione ai soci è stato sottoscritto in cash per 87,7 milioni, di cui 77,5 milioni (38,7 milioni ciascuno) sottoscritti dai soci istituzionali di Trevi, FSI Investimenti (controllata da Cdp Equity) e Polaris Capital Management, come previsto all’accordo di investimento del 5 agosto 2019 (si veda altro articolo di BeBeez).
Sempre come previsto dagli accordi, le banche creditrici, inoltre, hanno sottoscritto la quota di inoptato da 42,3 milioni, utilizzando in compensazione propri crediti per cassa vantati nei confronti di Trevifin e hanno inoltre sottoscritto la quota di aumento di capitale a loro riservato, convertendo altri crediti per 20,8 milioni. In totale le banche hanno convertito crediti per complessivi 284,1 milioni, secondo un rapporto di conversione di 4,5:1. per un totale di 63 milioni.
Al termine di questo massiccio potenziamento patrimoniale, gli azionisti sono per il 25,67% Fsi Investimenti spa, per un altro 25,67% Polaris Capital Management, per il 41,85% banche e istituzioni finanziarie e per il 6,81% altri investitori. Pertanto è uscita di scena la famiglia Trevisani: non avendo esercitato alcun diritto di opzione, ora detiene meno dell’1% del capitale, ammesso che non lo abbia ceduto a un altro investitore sempre in seno all’aumento di capitale.
“Terminato il rafforzamento patrimoniale della società possiamo pensare al prossimo futuro e impegnarci sul rilancio industriale. Stiamo già lavorando a 360 gradi sul rinnovamento dei processi, dei prodotti e dei mercati senza trascurare nessun aspetto che possa ottimizzare la marginalità. Siamo fiduciosi di aggiungere nuove acquisizioni di lavori, come fatto recentemente in Norvegia e Stati Uniti. Dobbiamo considerare che il mercato delle costruzioni e infrastrutture presenterà sin dai prossimi mesi, non solo in Italia ma anche in diverse aree geografica nelle quali siamo già presenti, interessanti opportunità anche in seguito alle azioni di rilancio post Covid-19″, ha sottolineato Giuseppe Caselli, amministratore delegato del Gruppo Trevi.
L’aumento di capitale si inserisce nel contesto della più ampia operazione di rafforzamento patrimoniale e ristrutturazione dell’indebitamento finanziario volta al rilancio industriale del Gruppo Trevi. Contestualmente, la società ha reso noto che gli interessi del prestito obbligazionario a scadenza 2024, scaduti e non pagati a seguito della sospensione del luglio 2018, saranno pagati il 3 giugno 2020, per un ammontare totale di 3,7 milioni circa.
Lo scorso aprile Trevi ha comunicato dati di bilancio 2019 peggiori di quelli previsti dal piano industriale, utilizzato a supporto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti omologato dalla Corte di Appello di Bologna (si veda altro articolo di BeBeez). Nel dettaglio, nel 2019 i ricavi si sono attestati a 624,3 milioni di euro (-50 milioni rispetto alle previsioni del piano industriale); l’ebitda ricorrente è stato di 59 milioni (2 milioni in meno delle previsioni); e la perdita netta è stata di ben 73 milioni (un risultato peggiore di 236 milioni rispetto al piano). Il tutto a fronte di un debito finanziario netto di 732 milioni, a sua volta più alto di 519 milioni rispetto agli obiettivi del piano (si veda altro articolo di BeBeez). Nel 2018 Trevi aveva chiuso il bilancio con 618,1 milioni di ricavi, un ebitda di 50,1 milioni e un debito finanziario netto di 692,6 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez).
Alla luce della crisi da coronavirus, Trevi inoltre ha anticipato che aggiornerà al ribasso le previsioni di risultati di Gruppo per quest’anno, avendo ipotizzato che l’emergenza si protrarrà fino al 31 maggio 2020 nelle aree in cui opera. Per il periodo successivo, sia aspetta una ripresa graduale e punta a non perdere possibili vendite in paesi non toccati dall’emergenza o che danno già segnali di ripresa. Anche l’impatto negativo sui risultati del Gruppo atteso per l’esercizio 2020, derivante dalla pandemia, rientra comunque nei range previsti dalle analisi di sensitività che sono state svolte sul piano industriale.
Nel 2020-2021 i governi dell’Italia e di altri paesi europei ed extraeuropei dovrebbero puntare su piani di investimento straordinari soprattutto in infrastrutture, per cui Trevi dovrebbe recuperare volumi e margini reddituali non conseguibili nel 2019 e 2020, perseguendo gli obiettivi previsti dal piano industriale, seppure non su base annuale. Se invece l’emergenza innescata dal coronavirus si prolungherà oltre il 31 maggio 2020, le previsioni di Trevi potranno diventare inattendibili e l’azienda dovrà verificare ulteriormente le previsioni di raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano industriale.
Il Gruppo Trevi è leader a livello mondiale nell’ingegneria del sottosuolo (fondazioni speciali, scavo di gallerie e consolidamenti del terreno e realizzazione e commercializzazione dei macchinari e delle attrezzature specialistiche del settore); è anche attivo nel settore delle perforazioni (petrolio, gas, acqua) sia come produzione di impianti che come servizi prestati e nella realizzazione di parcheggi sotterranei automatizzati. Nato a Cesena nel 1957, conta più di 30 sedi e una presenza in oltre 80 Paesi. Conta 4 divisioni: la Divisione Trevi, che opera nei servizi specializzati dell’ingegneria del sottosuolo, la Divisione Petreven attiva nei servizi di perforazione petrolifera, la Divisione Soilmec, che produce e sviluppa i macchinari e gli impianti per l’ingegneria del sottosuolo e la divisione Drillmec che produce e sviluppa gli impianti per le perforazioni (petrolio, gas, acqua).