di Umberto Piattelli
partner di Osborne Clarke
Nel corso degli ultimi anni l’Unione Europea ha adottato una serie di norme, tra di loro coordinate, in materia di regolamentazione finanziaria, la più famosa delle quali è probabilmente la PSD2. L’impatto conseguente è stato piuttosto rilevante per tutti gli operatori del fintech che avevano cominciato a sviluppare la propria attività, attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, e che, con il passare del tempo, si sono ritrovati a svolgere attività regolamentate in tutto o in parte, o per le quali era in corso l’adozione di nuove norme.
Nel frattempo abbiamo vissuto l’incubo del Covid e, se questa pandemia ha insegnato qualcosa, è che la digitalizzazione (smart working, blockchain, pagamenti contactless, intelligenza artificiale, cloud computing) non è un processo rinunciabile: pubblica amministrazione e scuola digitale non possono essere soluzioni d’emergenza volte a porre rimedio alle problematiche contingenti, ma abbiamo necessità che entrino a tutti gli effetti a far parte di un utilizzo quotidiano che vada oltre la conoscenza del semplice vocabolo.
Ritengo quindi che il fintech aiuterà a percorrere la strada per digitalizzare gli italiani e i cittadini dell’Europa e che siano almeno quattro le principali tematiche che interesseranno il settore in Italia, ma anche in Europa: la nascita di strumenti dedicati per la interlocuzione con le attività di vigilanza, l’open banking, il continuo sviluppo di nuove tecnologie e l’adeguamento normativo, la globalizzazione delle attività attraverso i servizi online.
I nuovi strumenti dedicati al FinTech
In relazione agli strumenti dedicati al Fintech dalle autorità regolamentari, credo che potranno rivelarsi fondamentali sia la creazione del Fintech hub annunciato da Banca d’Italia, sia l’imminente regolamentazione della regulatory sandbox.
Il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, nella propria relazione annuale a fine maggio, ha delineato uno scenario evolutivo preciso e puntuale che illustra non solo l’attuale situazione economica che stiamo vivendo, ma che offre anche una prospettiva su quelle che dovrebbero essere le ricette necessarie per emergere con forza e risolutezza da questa nuova e inattesa crisi; tra i tanti spunti emersi, la digitalizzazione e la semplificazione sono quelli attorno ai quali dovrebbe ruotare il rilancio del nostro Paese.
La costituzione del FinTech hub da parte di Banca d’Italia (si veda qui l’Insight View di BeBeez per gli abbonati a BeBeez News Premium) segue la nascita del canale fintech, che mirava a consentire agli operatori di presentare progetti nel campo dei servizi finanziari connotati da caratteristiche di innovazione riferite sia alla tipologia dei servizi offerti, sia alla tecnologia utilizzata per la loro fornitura (ad esempio “blockchain”, intelligenza artificiale, machine learning, big data); vedremo quindi quale sarà l’impatto di questo nuovo organismo, che dovrebbe rappresentare una struttura dedicata a compiti di impulso e coordinamento in materia di fintech, nonché di sorveglianza sulla filiera degli strumenti e dei servizi di pagamento al dettaglio, come ha annunciato la stessa autorità regolamentare.
L’altra novità, se pure meno recente, è quella connessa alla creazione della regulatory sandbox: la bozza di regolamento pubblicata per consultazione dal MEF è sicuramente un passo importante, per dare attuazione a una norma e a un procedimento che potrebbe rivelarsi di grande aiuto per il mondo degli operatori del fintech (si veda altro articolo di BeBeez e qui l’esito della consultazione). Va purtroppo rilevato come il testo in consultazione abbia disegnato procedure molto lunghe e complesse, prevedendo restrizioni e obblighi che potrebbero rendere questo provvedimento ben poco utilizzabile, soprattutto da start-up o piccole società del settore; la prima bozza del documento ricorda molto, nella genesi, la legge sull’equity crowdfunding, che fu inizialmente molto criticata in quanto troppo restrittiva e che, solo dopo innumerevoli modifiche, ha finalmente reso questa tipologia di raccolta di capitali realmente accessibile a tutte le aziende. Speriamo che non si debba ripercorrere lo stesso lungo percorso, durato diversi anni, per rendere una norma coerente con le sue funzioni e le attese degli operatori del fintech.
Open banking
L’open banking è certamente un’altra delle novità del settore, e costituirà allo stesso tempo una sfida e un’opportunità; divenuto effettivo il 14 settembre 2019, in origine è stato guardato con un po’ di distacco dal mondo degli operatori bancari, ma ha determinato un mutamento radicale nel settore dei servizi bancari e di pagamento, destinato ad accentuare la rivoluzione già messa in atto dalle aziende del FinTech.
Alla fine del mese di luglio del 2019, l’European Banking Authority ha pubblicato una interessante relazione sui fattori e le tendenze che attualmente impattano sui modelli d’impresa dei nuovi operatori del settore dei servizi di pagamento. Come noto, diverse fra le imprese cosiddette BigTech (Google, Amazon, Facebook, Apple, Samsung) hanno già ottenuto licenza per entrare nel mercato dei servizi bancari e di pagamento, e ci si attende quindi che le stesse in futuro partecipino molto più attivamente al mercato europeo, in ragione del livello di sviluppo delle tecnologie innovative, dei servizi cloud, dei portafogli digitali e connessi ai dispositivi di telefonia mobile (si pensi anche all’impatto del 5G) ma soprattutto del crescente interesse nei confronti dell’uso dell’intelligenza artificiale, dell’analisi dei big data e della biometria.
Il potenziale impatto di una partecipazione più attiva delle BigTech risulta essere una delle più rilevanti minacce alla sostenibilità dei modelli di impresa di banche e operatori del settore; il punto è che non possiamo più considerare queste grandi aziende come terzi, sono oramai parte integrante del settore.
L’open banking non sta cambiando solamente il modo di “fare banca”, il credito, la finanza, i pagamenti: stiamo parlando di una silenziosa rivoluzione culturale. Grazie a questo cambiamento, per la prima volta, viene riconosciuta la centralità dei dati, ai quali è attribuito il ruolo di elemento di maggior valore della filiera. Il loro possesso e, soprattutto, la capacità di elaborazione sono il vero valore aggiunto del nuovo modello economico che si sta configurando. Per questo motivo, come indicato in un interessante e recente studio della Banca d’Italia dal titolo “Salviamo i dati economici dal Covid19”, per chi prende decisioni di politica economica, per i mercati e per il pubblico, l’informazione statistica è come la “bussola per il marinaio” (si veda altro articolo di BeBeez).
Sviluppo di nuove tecnologie e adeguamento normativo
FinTech credo significherà per molto tempo innovazione tecnologia impetuosa legata allo sviluppo di nuovi servizi finanziari, bancari assicurativi e di pagamento. Negli ultimi anni abbiamo visto quanti nuovi business sono nati senza alcuna regolamentazione e come siano stati lentamente oggetto di una regolamentazione, troppo spesso frammentata e non concordata a livello europeo.
Questo significa che per tanti operatori la sfida sarà quella di capire come interpretare norme già esistenti al fine di verificarne l’applicazione alla propria attività, tenendo presente che spesso si tratta di business tecnologici sviluppati di recente e in un contesto completamente diverso da quello nel quale le norme applicabili furono emanate o di dover ancora attendere l’entrata in vigore di nuove leggi dedicate.
Per fare qualche esempio credo che la direttiva sui servizi di pagamento esemplifichi bene quello che è successo. Una norma nata nel 2007, la PSD1, che nel 2015 quando è uscita la PSD2 era oramai completamente superata per effetto dello sviluppo delle attività e della quantità di nuovi operatori che svolgevano servizi non regolamentati, utilizzando tecnologie fino a pochi anni prima inesistenti.
Problemi analoghi si sono avuti con la disciplina antiriciclaggio, così che la IV direttiva dopo poco più di un anno è stata integrata e modificata dalla V, per introdurre sul mercato una prima regolamentazione a carico dei soggetti che convertono valuta legale in valuta virtuale e per coloro che offrono servizi di custodia di criptovalute, quando addirittura molti stati membri della UE neppure avevano completato il recepimento della direttiva precedente. Ancora a oggi per tali soggetti non esiste alcuna normativa che stabilisca come possono operare nei paesi dell’Unione Europea e se debbano dotarsi di una licenza.
Una ulteriore importante novità del settore, potrebbe essere costituita dal nuovo Regolamento europeo su equity e lending crowdfunding, atteso per la fine dell’anno (si veda altro articolo di BeBeez).
La globalizzazione delle attività attraverso i servizi online
Bisogna considerare che, oggi, tutti o quasi i FinTech players operano con strutture molto snelle e completamente online, con le quali possono aggredire sin da subito l’intero mercato europeo, se non quello mondiale; l’offerta di questi servizi è quasi sempre completamente delocalizzata e questo crea non pochi problemi di coordinamento alle autorità regolamentari competenti, che non erano affatto abituate a coordinarsi tra di loro per poter interloquire con un soggetto vigilato.
In tema di antiriciclaggio, ad esempio, sono state moltissime le modifiche apportate dalle nuove direttive, dalle leggi di recepimento e dai regolamenti attuativi di Banca d’Italia, ma numerose restano le questioni aperte, come quella connessa alla istituzione del punto di contatto centrale da parte di istituti di pagamento e di moneta elettronica, che operano in Italia in libera prestazione di servizi, necessaria per consentire alle autorità regolamentari un più facile controllo della operatività transfrontaliera.
Purtroppo, da questo punto di vista si possono creare asimmetrie normative che favoriscono quegli operatori che, in un momento di grandi cambiamenti e anche a causa dell’incertezza derivante dall’applicazione di un così grande numero di nuove norme, non sono del tutto rispettosi delle stesse. E adesso, se il problema è il riciclaggio, le conseguenze della mancata compliance possono essere devastanti per gli operatori.
La sfida è quindi quella di arrivare per primi sul maggior numero di mercati possibile, compatibilmente con il problema della barriera linguistica, per fare rapidamente economie di scala e raggiungere una massa critica rilevante, senza incorrere nella violazione delle norme applicabili nei diversi Stati membri; è tuttavia possibile che alcuni operatori siano avvantaggiati dalle complessità e la frammentazione della regolamentazione che, in qualche caso, consente agli operatori stranieri di operare sfruttando “aree grigie” o la mancanza di un rapido intervento delle autorità regolamentari, anch’esse alle prese con i medesimi problemi di interpretazione delle norme e di verifica dei modelli di business e operativi degli operatori FinTech più innovativi.
Il libro che ho pubblicato di recente si occupa della regolamentazione del fintech e approfondisce molte delle questioni normative e regolamentari alle quali ho fatto riferimento. Per ogni approfondimento il libro è disponibile qui