![Rainer Masera](https://bebeez.it/files/2020/10/Schermata-2020-10-15-alle-19.42.21.png)
Calendar provisioning? Chi lo ha detto che funzioni? Le moratorie? Ormai inutile parlarne, tanto non le hanno prorogate. La bad bank europea? Non c’è dubbio, servirebbe e attenzione, ciò non significa che a livello nazionale non ci sarebbe nulla da fare. Parola di Rainer Masera, preside della Facoltà di Scienze economiche e aziendali di Unimarconi, ma soprattutto ex Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica ed ex presidente e ad dell’allora gruppo Sanpaolo Imi. Masera è intervenuto sui temi più caldi del momento in ambito banche e crediti deteriorati lo scorso 13 ottobre a Verona, all’evento annuale di Alma Iura (di cui presiede il comitato scientifico), intervistato da Stefania Peveraro, direttore di BeBeez.
Mentre l’EBA ha riferito che la temuta inversione della tendenza alla riduzione dello stock di crediti deteriorati sui libri delle banche europee dovuta all’emergenza Covid-19 è già visibile nei numeri a fine giugno, con lo stock salito a quota 526,3 miliardi di euro (si veda altro articolo di BeBeez), sul calendar provisioning i banchieri centrali e le autorità di vigilanza hanno detto chiaro negli ultimi giorni che non vedono ragioni per ritardare il ritorno all’applicazione della norma che richiede che le banche svalutino entro tempi precisi i loro crediti deteriorati. Il calendar provisioning, si ricorda era stato sospeso la scorsa primavera nell’ambito del pacchetto di misure adottate dalla Bce per rispondere all’emergenza Covid-19 (si veda altro articolo di BeBeez). Ma ora, dicono i banchieri centrali, è tempo di tornare alla normalità. Così si sono espressi uno dopo l’altro, intervenendo a convegni o rilasciando interviste ai giornali, Yves Mersch, membro dell’executive board e vicepresidente del supervisory board della Bce; il presidente dell’EBA, José Manuel Campa; il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco; e Andrea Enria, a capo della vigilanza della Bce (si veda altro articolo di BeBeez). Con buona pace del direttore generale di ABI, Giovanni Sabatini, e dell’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, che invece hanno espresso un’opinione completamente opposta (si veda altro articolo di BeBeez).
Per Masera, “non c’è una risposta certa sull’efficacia del calendar provisioning che impone tempistiche di copertura addirittura disallineate rispetto ai recuperi: in particolare in Italia si registrano consistenti recuperi anche dopo i primi tre anni dalla classificazione come deteriorati, termine che comporta invece una svalutazione del 100%. Il discorso è più ampio. L’expected loss provisioning in condizioni di pandemia globale può diventare paradossalmente prociclico. Anche economisti della Banca dei Regolamenti Internazionali suggeriscono cautela e flessibilità nella applicazione dei trade off di vigilanza. L’approccio macroprudenziale rivolto a evitare instabilità sistemica ha ruolo preminente rispetto a considerazioni micro prudenziali incentrate sul rischio idiosincratico. Negli Stati Uniti gli standard contabili expected loss non sono mai stati applicati alle banche piccole e medie (ovvero oltre il 95% degli istituti di credito americani) e a oggi tutto l’impianto è in discussione. Il discorso è ancora più ampio: quello che si desume dall’analisi delle serie statistiche del passato non è necessariamente utile per capire quello che sta accadendo oggi. In termini analitici occorre tener presente la non ergodicità dei processi aleatori e quindi evitare un utilizzo improprio degli strumenti di calcolo delle probabilità. Tutto ciò implica una debolezza intrinseca delle funzioni di trasformazione degli attivi bancari in metriche composite dimensione/rischio, ovvero l’approccio RWA degli standard di Basilea. Sull’argomento ci sono studiosi che hanno preso premi Nobel con tesi sia a favore sia contro. Per quanto mi riguarda io sono convinto che non ci sia oggi questa esigenza di portare Npl e Utp al vaglio di un maggiore capitale di vigilanza, perché rischiamo di innescare un nuovo loop negativo che Mario Draghi era riuscito a bloccare con il “whatever it takes”. Comunque gli Utp devono essere trattati in modo completamente diverso.
Sul tema moratorie, ha aggiunto Masera, “se le autorità hanno deciso di non prorogar le, non c’è nulla da fare. Però voglio dire che le aziende che hanno chiesto le moratorie non sono necessariamente degli zombie, sono aziende che si possono riprendere se vengono supportate opportunamente in questo momento difficile. E questa è una differenza importante con la crisi che abbiamo visto nel 2007-2008 e poi quella successiva del 2011-2012, con quest’ultima, ricordo, collegata proprio alle regole troppo rigide della Bce adottate per uscire dalla crisi precedente”.
Infine, sulla questione bad bank europea i punti di vista sono i più vari. C’è Mersch, che esclude una struttura europea per gestire in maniera unitaria gli Npl dato che non abbiamo un’unione bancaria e un meccanismo europeo di backstop e che quindi ritiene che la gestione dei debiti deteriorati debba essere affrontata a livello nazionale. C’è invece Campa che dice che l’EBA è a favore di un approccio europeo, e cioè un approccio altamente coordinato per assicurare il level playing field. E c’è Enria che si colloca a metà strada, pur essendo stato il primo nel 2017 a proporre la creazione di una bad bank europea. Ora Enria continua a dire che questa sarebbe una buona idea, ma che in alternativa un network di asset management companies nazionali può a sua volta funzionare bene.
Sul tema, Masera ha presentato al Comitato Scientifico di Alma Iura un suo paper, di cui ha esposto le linee guida nel corso dell’intervista. Il concetto di fondo è che, secondo il professore, la costituzione di una AMCO europea è fondamentale: “Per spiegare la mia posizione vorrei fare una premessa. Ricordiamoci che ci sono due modi per affrontare il problema che riguarda un sistema: quello olistico, che comporta che lo si affronti nella sua complessità; e quello della somma delle parti, per cui si decide di semplificare le cose e analizzare le singole parti del problema ciascuna da sola. Io ritengo che l’approccio corretto sia il primo, perché in un sistema ci sono azioni e reazioni e quindi se viene decisa un’azione che funziona bene per una singola parte, non è detto che quella decisione non vada a impattare in maniera negativa su un’altra parte del sistema”. E poi c’è un’altra questione strettamente collegata. “Non è vero”, ha detto Masera, “che il mercato si aggiusta sempre da solo come credono i fautori delle teorie delle aspettative razionali e delle informazioni efficienti. L’informazione è costosa, come è emerso molto chiaramente anche nel convegno Alma Iura, e non tutti vi hanno uguale accesso, quindi il modello delle aspettative razionali non può sempre funzionare. Le difficoltà sono acuite nelle attuali circostanze perché l’applicazione dei modelli standard di valutazione diventa particolarmente difficile quando i tassi di sconto si avvicinano a zero o risultano addirittura negativi per periodi futuri incerti. La struttura dei tassi di interesse secondo la scadenza diventa aleatoria e i modelli di determinazione dei prezzi necessariamente non affidabili”. E intanto, se le regole ferree applicate dalla Bce obbligano le banche ad accantonare sempre più capitale a fronte del crescente stock di crediti incerti, allora finiscono per innescare un credit crunch e la redditività delle banche europee, già molto bassa, scende ancora, con la conseguenza che a quel punto l’autorità di vigilanza richiede alle banche nuovi adeguamenti di capitale.
Per questo, aggiunge Masera, ” si possono presentare condizioni di market failure che deprimono il rapporto prezzo/libro delle banche. Si determina così un potenziale loop negativo. Le condizioni economiche e i vincoli regolamentari pongono l’esigenza di nuovo capitale fresco, ma la caduta dei prezzi delle azioni bancarie acuisce il problema di reperimento di nuovi fondi. Ci sono quindi dei fallimenti potenziali del mercato di dimensione significativa che devono essere evitati. Una asset management company europea può contribuire a darsene carico.
Ricordiamo che il progetto in discussione a livello europeo (si veda altro articolo di BeBeez) prevede che la bad bank europea possa emettere bond che potrebbero essere sottoscritti dalle banche commerciali in cambio dell’apporto di portafogli di Npl e Utp. Le banche, poi, a loro volta potrebbero utilizzare quei bond come collaterali nelle loro operazioni di finanziamento con la Bce. Ma Masera propone per esempio che “AMCO possa emettere anche strumenti di equity o quasi-equity. In ogni caso la bad bank si potrebbe finanziare a tassi molto convenienti e con orizzonti temporali sufficientemente lunghi”. Il che non è certo secondario in un momento in cui le singole banche, invece, sono spinte a liberarsi il più in fretta possibile del carico di crediti deteriorati o comunque a svalutarli, portandosi a casa le relative perdite, che finiscono quindi con il ridurre la redditività. Un fatto, questo, che si riflette nei bassi rapporti price/book value delle banche europee rispetto a quelle statunitensi.
E le bad bank nazionali non avrebbero quindi nessun ruolo? “Non è vero, lo avrebbero eccome”, ha risposto Masera. “Il mio schema prevede una forte interazione, con una piena valorizzazione dei servicer nazionali”. Masera ha ricordato che “anche la politica monetaria della Bce non è tutta centralizzata a Francoforte. Un principio cardine dell’Eurosistema è la implementazione decentralizzata della politica monetaria. La Bce coordina le operazioni, ma la creazione di liquidità avviene a livello delle singole banche centrali nazionali che svolgono le operazioni sul mercato. Così ci sono banche centrali come la Bundesbank che hanno una posizione fortemente positiva (oltre mille miliardi di euro di saldo), che riflette un importante afflusso netto di liquidità nel Paese a seguito di transazioni transfrontaliere effettuate sul sistema TARGET2 dalle banche centrali nazionali o dagli istituti di credito, per conto proprio o della clientela. Ci sono altre banche centrali che invece hanno una posizione fortemente negativa, come Banca d’Italia e Banco de Espana (nel complesso un saldo negativo per mille miliardi). Il modello che propongo traspone un analogo concetto di decentralizzazione al funzionamento della AMCO europea, che fisserebbe le linee guida, poi realizzate a livello nazionale”.