Oggi il Tribunale di Torino ha concesso a Seat Pagine Gialle il termine massimo di 120 giorni per la presentazione della proposta di concordato preventivo. Il termine decorre dal 6 febbraio scorso, data di pubblicazione presso il Registro delle Imprese del ricorso per l’ammissione di Seat alla procedura di pre-concordato, sfruttando l’opportunità prevista dalle nuove norme introdotte dal Decreto Sviluppo la scorsa estate (si veda DL n. 83 22 giugno 2012 Decreto Sviluppo, Capo III Misure per facilitare la gestione delle crisi aziendali, art. 33 Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale).
Si avvia così verso l’ultima tappa la storia di Seat, a meno di un anno dall’accordo con gli obbligazionisti e le banche finanziatrici sulla ristrutturazione dell’ancora pesante debito (1,5 miliardi di euro a fine settemnre 2012), accumulato in una serie di buyout e diventato impossibile da onorare a causa della crisi economica e dell’implosione del settore delle directories. Nei 120 giorni concessi dal Tribunale molte cose potrebbero cambiare e in particolare potrà essere studiato l’ingresso di nuovi soci come l’egiziano Naguib Sawiris interessato a rafforzare il polo-web Libero-Virgilio, che dopo l’intergazione fattura 150 milioni di euro. E Seat, debito a parte, ha ancora una sua attrattiva: a fine settembre registrava ancora 646 milioni di ricavi, un ebitda di 269 milioni e un free cash flow di 257,8 milioni. E proprio dall’online erano arrivate le migliori soddisfazioni: 314,2 milioni (+9,5%) di fatturato supportato da 204 milioni di visite (+35,6%) sui siti internet del gruppo.
Per i fondi di private equity azionisti l’operazione si è rivelata però una grande sconfitta. Nell’estate 2003, in quello che era un momento d’oro per il private equity in Italia, l’avventura era invece iniziata sotto i migliori auspici. La maggior parte degli uomini di BC partners, Cvc capital, Investitori Associati e Permira ben conosceva l’oggetto del desiderio Seat, visto che era già stato protagonista del primo grande buy-out nel novembre del ’97 in occasione della privatizzazione.
Se per Guido Paolo Gamucci, allora managing partner di Permira in Italia, era la prima esperienza con Seat, per i fratelli Tazartes si trattava, invece, della seconda, con Antonio, che era già allora a capo di Investitori associati, e con Alberto, che allora era uno dei senior parter del colosso paneuropeo BC partners, prima di ritirarsi dall’attività. Era la seconda volta che si occupavano di Seat anche Dario Cossutta e Michele Marini, in quel momento entrambi partner di Investitori associati (Marini ha poi lasciato negli anni scorsi), ma in Comit ai tempi della privatizzazione, e Luigi Lanari in Cvc già nel’97 (anche lui ha ultimamente lasciato CVC). Per tutti loro erauna nuova scommessa su un cavallo che si era già rivelato una miniera d’oro.
Le cose, invece, sono andate molto diversamente da quanto immaginato. E i fondi sono stati chiamati dalle banche a mettere mano al portafoglio nell’aprile 2009, per cercare di rimettere in sicurezza la situazione patrimoniale gravata da troppo debito, in presenza di un calo importante e non previsto dell’ebitda. Così, dei 200 milioni di aumento di capitale varato dal Consiglio di amminsitrazione, i fondi azionisti ne hanno sottoscritto la metà, con soltanto BC Parters che ha fatto un passo indietro, diluendo così la sua quota sino al solo 0,082%. Per contro, hanno fatto la loro parte CVC, che post aumentosi è trovato con il 7% del capitale, (29,4%), Permira (13,14%) e Investitori associati (7%). Ma non è bastato.
La situazione non ha fatto che peggiorare, sino a quando nel 2012 i fondi azionisti hanno dovuto arrendersi e consegnare alle banche il controllo del gruppo, a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti che ha portato appunto i fondi a diluiresi dal 49,5% al 5,9% in seguito alla conversione del debito bancario in equity. Ma anche quell’operazione non è stata sufficiente per far uscire dai guai Seat, che si è trovata in piena crisi di liquidità a xx, tanto da annunciare a sorpresa il 29 gennaio che non avrebbe pagato lacedola semestrale in scadenza il 31 gennaio per 42,2 milioni complessivi né gli interessi dovuti sul finanziamento bancario senior. Nella nota con la quale la società martedì 5 febbraio ha annunciato che avrebbe chiesto il concordato in bianco, precisava che le risorse finanziarie effettivamente disponibili nell’arco del 2013 (cioè saldo di cassa in Seat al 31 dicembre 2012 di circa 100 milioni più il flusso di cassa annuale stimato e disponibile per il servizio del debito) «non risultano in grado di far fronte alle scadenze per capitale e interessi previste dalla attuale struttura dell’indebitamento complessivo di Seat Italia nell’anno corrente pari a circa 200 milioni».
Stefania Peveraro