Dal 2010 a oggi Bpm ha investito oltre 2 miliardi di euro nel finanziamento di operazioni di private equity in Italia. Di questi, circa 1 miliardo sono stati investiti nel solo 2015, spalmati su una quarantina di operazioni,
Lo ha detto Giuseppe Castagna, amministratore delegato di Banca Popolare di Milan che sarà l’ad della nuova realtà che il prossimo autunno prenderà corpo con la fusione con il Banco Popolare. Castagna ha snocciolato questi numeri lo scorso mercoledì sera in occasione di una cena esclusiva, riservata ai soli operatori di private equity, che si è tenuta nel Salone delle casse nella sede di Piazza Meda a Milano e alla quale MF Milano Finanza ha partecipato (per i dettagli si veda milanofinanza.it).
Una serata organizzata per spiegare che “la banca è storicamente vicina agli imprenditori, li conosce molto bene”, ha detto Castagna, aggiungendo: “Per questo vogliamo rafforzare ulteriormente la relazione che abbiamo con il private equity, non solo per sostenerlo nella fase di acquisizione, ma anche in quella di disinvestimento. Abbiamo un team di corporate finance molto numeroso e abbiamo Banca Akros molto forte sul capital market. Con l’integrazione con il Banco Popolare il nostro raggio d’azione si amplierà ulteriormente”.
Bpm ha operato quasi sempre nel ruolo di mandated lead arranger sui finanziamenti, mentre per policy non partecipa a sindacazioni di linee nella fase successiva alla strutturazione. Gli investimenti della banca sono in genere di taglio medio compreso tra i 20 e i 35 milioni di euro, ma sono state comunque condotte anche operazioni più piccole, da 10-12 milioni, oppure molto più grandi, sino a 100 milioni. Tra le principali operazioni degli anni passati ci sono Moleskine, Openjob, Alpitour, Polynt, Italtel, Buccellati e Valvitalia. Mentre tra quelle più vicine nel tempo ci sono per esempio Old Wild West, Arcaplanet, Beta Utensili, Giorgetti e Dentalpro.
D’altra parte il tasso di penetrazione nel Norditalia del gruppo bancario che nascerà è molto elevato: parliamo di 908 filiali in Lombardia con una quota di mercato del 15,5%, di 304 filiali in Piemonte (12,5%) e di 299 filiali in Veneto (9,5%), ma anche una presenza forte in Toscana (9,7%) e in Emilia Romagna (7,6%), per un totale di 2467 filiali, con un quota dell’8,2% sull’intero territorio nazionale.
E ovviamente proprio in Norditalia c’è la maggiore concentrazione di operazioni di private equity, perché è lì che le aziende sono più numerose e anche più pronte ad accogliere investitori finanziari nel capitale al fine di sostenere il processo di crescita. L’Osservatorio Private Equity Monitor dell’Università Liuc Cattaneo di Castellanza ha calcolato che dal 2000 a fine 2015 in Italia i fondi di private equity hanno condotto oltre 1.330 nuovi investimenti. Di questi, ben 515 hanno avuto come oggetto aziende con sede in Lombardia, 194 in Emilia Romagna, 140 in Veneto e 122 in Piemonte. È evidente, quindi, che le banche maggiormente presenti in queste regioni sono anche quelle che possono far valere il maggior numero di relazioni con gli imprenditori, possibili controparti presenti o future di fondi di private equity.
“Senza dubbio le banche italiane come Bpm possono essere di grande aiuto al private equity, non solo sul fronte del finanziamento di operazioni di leveraged buyout, dove in genere ora per ciascun euro investito dai fondi si attivano uno o 2 euro di debito, ma anche sul fronte dell’advisory”, ha detto Anna Gervasoni, direttore generale dell’Associazione dei fondi di private equity, venture capital e private debt, a sua volta intervenuta alla serata di Bpm per affiancarsi a Castagna nei saluti di benvenuto. “I fondi associati ad Aifi hanno oggi circa 1200 aziende in portafoglio, che saranno tutte oggetto di disinvestimento tramite vendita a un altro investitore o a un’altra società, oppure andando in borsa. È evidente che una banca che abbia una presenza capillare sul territorio rappresenta per i fondi un interlocutore molto interessante”.