Le cedole pagate dai minibond di taglio sino ai 100 milioni di euro e quotati all’ExtraMot Pro si sono ridotte di 30 punti base a fine giugno rispetto al giugno 2016, raggiungendo in media quota 4,3%, il livello più basso dal 2013 a fronte di una riduzione minima della durata che rimane intorno ai 4,8 anni. Contemporaneamente, però, anche il numero degli emittenti si è ridotto da 28 a 17, così come i volumi di emissione, da 290 a 80 milioni di euro. Lo calcola Crif Ratings in un report dedicato alle emissioni corporate small e mid cap.
Secondo Crif Ratings, infatti, è vero che la combinazione tra l’offerta competitiva del sistema bancario dopo l’ennesima tranche di TLTRO (Targeted longer-term refinancing operations) erogata dalla Bce e la stentata ripresa degli investimenti a causa dell’ennesimo avvicendamento di governo, entrambe avvenute nel corso del primo trimestre dell’anno, sono stati gli elementi frenanti della domanda di credito da parte delle imprese. Tuttavia la ragione principale di questo calo di interesse potrebbero risiedere paradossalmente nell’avvio dei Piani individuali di risparmio (Pir), che hanno dirottato l’attenzione e gli impieghi degli investitori verso il mercato azionario secondario.
A giudicare dalle performance registrate negli ultimi sei mesi dai titoli eleggibili per la composizione dei fondi Pir, sembra infatti si sia verificato uno spostamento significativo degli impieghi dal debito all’equity. Allo stesso tempo, sottolinea Crif, la crescita delle quotazioni azionarie potrebbe rivelarsi una bolla legata proprio al fenomeno Pir e alla scarsità dei titoli eleggibili per la composizione dei panieri. Una performance dell’azionario superiore al 30% in sei mesi non si spiega interamente con i fondamentali di mercato solo tenuamente più positivi della prima metà dell’anno.
“Il secondo semestre del 2017 potrebbe rivelarsi migliore del primo per il mercato del debito ma sull’anno complessivamente i volumi potrebbero rimanere al palo”, ha detto Francesca Fraulo, managing director di Crif Ratings, che ha aggiunto: “Il trend per il 2018 si presenta molto simile al 2017: a causa delle elezioni di primavera la ripresa degli investimenti, principale traino della domanda di debito per il finanziamento di medio termine, potrebbe manifestarsi solo dalla seconda metà del 2018. Specularmente la riduzione progressiva delle iniezioni di liquidità da parte della Bce è attesa, sulla base degli indicatori macroeconomici attuali, tra la metà e la fine del 2018. Solo da allora Crif Ratings anticipa la ripresa della domanda di debito anche sul mercato obbligazionario”.
Più in generale, comunque, è migliorato il merito di credito delle imprese italiane non finanziarie, come confermato dalla riduzione del tasso di default. A dicembre 2016 il tasso di default si è attestato al 4,3%, in lieve calo rispetto al 4,4% di settembre 2016, ma il calo molto più evidente se raffrontato al dato di dicembre 2015 (5,3%). L’Economic and Credit Outlook 2017-18 di Crif Ratings anticipa inoltre che dopo il 4,3% del quarto trimeste 2016 si assisterà a un’ulteriore riduzione della rischiosità finanziaria delle imprese italiane nei primi due trimestri del 2017 e una progressiva stabilizzazione dal 2018 al di sotto dei livelli pre-crisi (tasso di default tra il 5% e il 6% nel biennio 2007-2008).
Nonostante l’ulteriore contrazione rilevata nel quarto trimestre 2016, quello delle costruzioni è il settore con il tasso di default più elevato (5,6%), seguito dall’agricoltura (4,7%) e dal commercio (4,5%). Dall’altra parte, tra le imprese non finanziarie italiane, i settori che registrano una minore rischiosità finanziaria sono la chimica e la farmaceutica (2,0%) e utility ed energia (2,4%).