Ci sono quattro offerte sul tavolo del consiglio di amministrazione di Pasta Zara, che ha ottenuto l’ammissione al concordato preventivo con riserva da parte del Tribunale di Treviso a inizio giugno (si veda altro articolo di BeBeez) e che ha tempo sino al prossimo 7 dicembre per presentare un piano definitivo di ristrutturazione e rilancio.
La notizia è rimbalzata ieri sulla stampa locale, con Enrico Marchi, presidente del gruppo Finanziaria Internazionale di Conegliano Veneto, che ha dichiarato molto chiaramente al Corriere del Veneto di aver messo sul piatto 30 milioni di euro insieme a Pillarstone Italy, rilevare il 100% della società o poco meno, eventualmente mantenendo in minoranza qualche componente della famiglia Bragagnolo, proprietaria dell’azienda di Riese Pio X. Finint avrebbe una quota inferiore a quella del partner britannico.
“Certamente vogliamo investire sugli stabilimenti, in particolare di Muggia e di Riese, mentre rimane un punto di domanda su Rovato. Dovremo valutare se possa continuare a essere un asset profittevole, visto che la sua capacità produttiva è sottoutilizzata. Tengo comunque a ricordare che, in tutte le operazioni in cui mi sono impegnato, ho sempre cercato di evitare ricadute sull’occupazione, fosse pure in termini di ricorso agli ammortizzatori sociali”, ha detto Marchi.
Tra le offerte non c’è quella del nuovo fondo Veneto Sviluppo-Pillarstone gestito da FVS sgr, perché ha appena iniziato il fundraising (si veda altro articolo di BeBeez), mentre ci sarebbe quella di un importante player dell’industria alimentare spagnola, già presente in Italia in seguito ad altre operazioni.
Pasta Zara, controllata dalla famiglia Bragagnolo, è partecipata dalla finanziaria regionale del Friuli Venezia Giulia, Friulia (11,25%), e da Simest (11,76%), e ha un debito finanziario lordo di 241 milioni, di cui 178 milioni nei confronti di varie banche e in particolare 73 milioni riferibili ad affidamenti ottenuti da Banca Popolare di Vicenza e da Veneto Banca e quindi finiti nel portafoglio della Sga. Il tutto senza dimenticare che a livello di holding (la lussemburghese Ffauf sa della famiglia Bragagnolo) ci sono altri 50 milioni di euro di debiti nei confronti di Bank of China.
Banche e bondholder (c’è un minibond da 5 milioni di euro) sono da tempo in trattative con gli azionisti per trovare una soluzione nella forma di un accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis della Legge fallimentare, vista la situazione di grave tensione finanziaria che aveva portato la società a chiudere il 2017 con una perdita di 25,7 milioni, dovuta in parte alla svalutazione di partecipazioni in Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza per 9 milioni di euro, a fronte di un patrimonio netto crollato a 77,3 milioni e di un debito finanziario netto di poco meno di 200 milioni. Una situazione, questa, che ha portato la società a sforare di parecchio il covenant finanziario relativo al rapporto tra PFN e patrimonio netto, fissato a 1,80 volte.
Marchi lo scorso gennaio si era già dichiarato interessato alla partita. Marchi aveva detto infatti che il gruppo Finint, con la sua divisione che si occupa di servicing, è interessato a cercare di “gestire al meglio la partita dei crediti deteriorati (delle banche venete, ndr) che verranno dati a SGA e quindi da SGA ai soggetti con cui deciderà di lavorare” (si veda altro articolo di BeBeez).