Il mercato della supply chain finance in Italia è cresciuto ancora. L’Osservatorio Supply Chain della School of Management del Politecnico di Milano (si veda il comunicato stampa) ha calcolato infatti che il totale dei crediti commerciali delle imprese italiane che sono stati oggetto di finanziamento a fine 2017 era di 530 miliardi di euro (in crescita del 2,5% dai circa 516 miliardi di fine 2016), di cui 480 miliardi verso i clienti (81%, in crescita del 3,3%) e 50 miliardi verso le imprese collegate (19%, in calo del 4,2%). Si tratta del secondo mercato dopo la Francia (662 miliardi di euro) e di dimensioni superiori a quelle del mercato potenziale della Germania (503 miliardi).
Va segnalato però che quest’anno è cambiata la metodologia di indagine rispetto allo scorso anno, quando era stato annunciato per il 2016 un mercato della supply chain finance di 637 milioni di euro in crescita dai 559 miliardi di fine 2015 (si veda altro articolo di BeBeez). Da quest’anno, infatti, l’Osservatorio del Politecnico ha deciso di calcolare appunto il montecrediti oggetto di finanziamento alla fine di ogni anno solare e non più il complessivo ammontare dell’erogato alle imprese durante l’anno, perché alcune voci di credito possono non essere riferite a crediti commerciali. Anche il trend indicato quest’anno è quindi riferito a pari campione con l’anno precedente.
Si tratta di un mercato dove il fintech potrebbe fare grandi cose, ma che al momento è ancora dominato da soluzioni tradizionali, come l’anticipo fatture, cioè il finanziamento delle fatture non ancora riscosse che passa dai 75 miliardi del 2016 ai 79 miliardi del 2017 (il 15% del mercato, +5,3%), e il factoring, cioé la cessione di crediti commerciali vantati da un’azienda verso i debitori, che è rimasto stabile a quota 58 miliardi. In crescita il reverse factoring (in sostanza il credito di filiera), che permette ai fornitori di sfruttare il merito creditizio di un’azienda cliente per ottenere prezzi più bassi: vale 4 miliardi, pari allo 0,8% del mercato. Le soluzioni innovative fintech comunque stanno prendendo piede. L’invoice auction, marketplace per l’anticipo fatture, basato su una piattaforma tecnologica che consente a terze parti con disponibilità di capitali di investire nelle fatture emesse dalle aziende, oggi nel 2017 valeva appena 0,04 miliardi (0,01% del mercato) ma è cresciuto del 500% in un anno. Le operazioni di cartolarizzazione dei crediti commerciali, infine, valevano 2,5 miliardi, pari allo 0,5% del mercato.
La soluzione più gettonata tra le imprese italiane sono il reverse factoring (utilizzato dal 55% delle aziende), il dynamic discounting (adottato dal 22%), l’inventory financing (13%) e il purchase order finance (10%). Più nel dettaglio, quest’ultimo è l’impiego di un ordine ricevuto da un cliente con elevato merito creditizio come garanzia per ottenere un finanziamento: rispetto alle soluzioni tradizionali, il focus del finanziamento si sposta dalla fattura all’ordine, supportando l’acquisto dei materiali o prodotti necessari a produrre quanto ordinato. Il dynamic discounting è il pagamento anticipato a fronte di uno sconto proporzionale ai giorni di anticipo, che consente il finanziamento anche solo tra attori della filiera senza coinvolgere finanziatori terzi. L’inventory financing è il finanziamento breve delle scorte attraverso una linea di credito, mentre il purchase order finance avviene quando un’impresa usa un ordine ricevuto da un cliente con elevato merito creditizio come garanzia per ottenere un finanziamento.
“Il mercato potenziale rimane ampio, ma il mercato servito comincia a mostrare segnali incoraggianti di adozione di soluzioni innovative, anche grazie all’importante spinta del fenomeno fintech”, commenta Federico Caniato, Direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance. “Un altro ottimo segnale è il moltiplicarsi delle collaborazioni all’interno della filiera, per ottimizzare la relazione fra compratori e fornitori, fra attori dell’ecosistema con diversi modelli di business, per sfruttare nuove opportunità, e con operatori fino a poco tempo fa estranei al settore, come le piattaforme di e-commerce o i provider logistici”.
Gli operatori rilevanti nel settore sono quelli tradizionali (banche, factor, fornitori di piattaforme), operatori logistici e fondi di investimento. Per questo in Italia, sottolinea l’Osservatorio, le innovazioni nella supply chain finance sono state spinte soprattutto dalle piattaforme bancarie evolute. Il processo è però spesso rallentato da alcune barriere, che in Italia sono soprattutto economico-finanziarie: ad esempio la mancanza di una massa critica di transazioni, mentre in Europa sono relative alla scarsa collaborazione tra partner e tra funzioni aziendali.
All’interno della filiera, abbiamo assistito alla stipula di 30 partnership in Italia. Fra queste emergono le partnership fra provider finanziari (banche, factor, assicurazioni), che portano mercato e managerialità, e provider tecnologici (attori consolidati o startup), che forniscono piattaforme e tecnologie abilitanti e idee innovative, pari al 37,3% del totale. Seguono le collaborazioni tra provider finanziari e associazioni di categoria o imprese capofiliera come strumento di supporto concreto a filiere specifiche (26,5%), le partnership fra fornitori tecnologici o di informazioni per allargare reciprocamente la propria offerta (20,5%) e quelle tra provider finanziari per supportare attori più deboli come le pmi, filiere specifiche o processi critici quali quelli di internazionalizzazione (15,7%).
Per quanto riguarda la tecnologia, le imprese intervistate dall’Osservatorio vedono nelle tecnologie innovative come blockchain, Internet of Things, Artificial Intelligence e Big Data Analytics, un incentivo a creare condizioni migliori per il funzionamento del supply chain finance.