Si preannuncia molto intensa la battaglia per sostituire Camelot, società controllata dal fondo pensioni Ontario Teachers e che gestisce fin dal 1994 la National Lottery del Regno Unito. Un business che ha tutte le caratteristiche di una gallina dalle uova d’oro. Stando a quanto riportato dal Guardian, i profitti di Camelot sono più che raddoppiati tra il 2010 e il 2017 da 39 a 71 milioni di sterline. E da allora il business non ha fatto altro che crescere. Nell’esercizzio 2020/21 per le prima volta Camelot ha sfondato il muro degli 8 miliardi di sterline di giocate. di cui 1,9 miliardi devoluti a cause benefiche.
Ovvio che, adesso che è scaduta la licenza decennale di gestione, per il rinnovo, della durata di dieci anni, si è scatenata una accesa competizione che vede scendere in campo per sfidare Ontario Teachers dei pezzi da novanta della finanza europea, e tra questi c’è anche Sisal, player italiano delle lotterie interamente controllato dall’agosto 2016 dal sesto fondo di CVC, che l’aveva acquistata per circa un miliardo di euro da Apax Partners, Permira e Clessidra (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo Sisal aveva annunciato la sua partecipazione alla gara indetta dal governo inglese attraverso la Gambling Commission per gestire appunto la National Lottery lo scorso aprile (si veda altro articolo di BeBeez). Il vincitore della gara gestirà la licenza per 10 anni a partire dal 2023.
Sisal è considerata con molto rispetto nonostante il ceo Francesco Durante stia mantenendo un profilo basso. Anche perché ha stretto una partnership con British Telecom per la gestione tecnologica della lotteria, e con il fondo di opere per l’infanzia Barnardo’s. A ciò naturalmente si aggiungono le notevoli risorse che CVC è in grado di muovere. Anche i numeri sono di tutto rispetto. Nel 2020 i ricavi hanno toccato quota 828 milioni per un ebitda rettificato di 255 milioni, solo leggermente inferiore ai 259 dell’anno precedente malgrado il Covid (si veda qui il bilancio 2020).
Tuttavia gli altri contendenti hanno tutti le spalle larghe, a cominciare dal gruppo ceco Sakza, il principale gestore europeo di lotterie, che fa capo al magnate ceco del petrolio Karel Komárek. Quest’ultimo, dopo aver fatto fortuna negli anni a cavallo della Rivoluzione di Velluto, in modo non molto dissimile dagli oligarchi russi, ha creato un impero di investimenti diversificati, ma focalizzato sulle lotterie, accumulando un patrimonio personale stimato in 2,8 miliardi di sterline. Sakza, che in Italia si è aggiudicato il Lotto offrendo 770 milioni di euro in consorzio con Lottomatica, IGT, Arianna e Novomatic (si veda qui il comunicato stampa di allora), può contare su una notevole potenza di fuoco, dato che il colosso Usa del private equity Apollo a fine 2020 vi aveva investito circa 500 milioni di euro proprio per finanziare una campagna di acquisizioni in Europa e Nordamerica (si veda altro articolo di BeBeez). Va ricordato che sulla stessa Sisal Apollo era giunta sottoporre un’offerta vincolante, poi battuta da CVC (si veda altro articolo di BeBeez). Per la corsa a Camelot Komarek ha schierato un cavallo già vincente in passato: si tratta di Keith Mills, imprenditore della Gdo che aveva giocato un ruolo determinante nell’assegnazione a Londra delle Olimpiadi del 2012.
Altro concorrente da non sottovalutare è Richard Desmond, ex proprietario del Daily Express e attuale titolare della Health Lottery (nata dal fallito tentativo fatto negli anni 80 dal Servizio Sanitario Nazionale inglese di rccogliere fondi) che già in passato faceva gola a Camelot, al punto da richiedere alla Commissione Nazionale sul Gioco (molto sentito in Gran Bretagna) di revocarle la licenza, senza però riuscirci.
Persino Richard Branson voleva essere della partita, anche se poi il fondatore dell’impero Virgin ha preferito dedicarsi a tirare fuori dalle secche del Covid la linea aerea di gruppo Atlantic, oltre che al lancio dei voli extraterrestri di Galactic.
Ma anche senza Branson la lotta sarà molto intensa, tanto da indurre il gestore indiano di lotterie Sugal & Damani a tirarsi indietro dalla gara, all’inizio del 2021.
Ricordiamo che per CVC, tra i leader mondiali del private equity, il più recente investimento in Italia è stato quello in Business Integration Partners, società che eroga consulenza alle aziende nella transizione verso l’Industry 4.0. Il settimo fondo di CVC lo scorso maggio ne ha rilevato il 61% dal fondo IX di Apax France (si veda altro articolo di BeBeez).