Il consiglio di amministrazione di ieri di TIM ha dato il benservito a KKR, dopo che il colosso Usa del private equity nella sua lettera depositata lo scorso 4 aprile (si veda altro articolo di BeBeez) ha detto di “non essere in grado di confermare, in assenza di una due diligence, la validità della manifestazione d’interesse indicativa e non vincolante presentata lo scorso 19 novembre e i termini della manifestazione stessa, incluso il prezzo di 0,505 euro per azione” (si veda qui il comunicato stampa).
Tra le ragioni elencate da KKR per questa sua presa di posizione ci sono: il profit warning di dicembre, che è stato comunicato il 15 dicembre 2021, seguito dall’annuncio di risultati inferiori alle aspettative per l’esercizio 2021; le nuove guidance sul piano strategico 2022-2024, anch’esse inferiori alle attese (e significativamente più basse rispetto al broker consensus per il 2022), comunicate il 2 marzo 2022; il downgrade delle agenzie di rating con outlook negativo.
Il Cda ha però chiarito che KKR ha ricevuto le informazioni elencate qui sopra nel corso degli ultimi mesi contestualmente a tutti gli altri operatori del mercato e ha quindi “deliberato all’unanimità di non ritenere opportuno, in questa fase, dare seguito alla richiesta di due diligence. Qualora KKR decidesse di presentare un’offerta concreta, completa e attrattiva (che contenga, fra le altre cose, anche l’indicazione del prezzo per azione ordinaria e di risparmio di TIM), il Consiglio di Amministrazione di TIM sarà nella posizione di riconsiderare la propria decisione nell’interesse di tutti gli azionisti”.
A questo punto, andata in soffitta l’ipotesi opa KKR, prende più forma l’entrata in scena di CVC Capital Partners, che, ricordiamo, a fine marzo aveva a sua volta repacitato al Cda del gruppo tlc un’offerta non vincolante per il 49% dell’area Enterprise di ServCo, la newco dei servizi del gruppo TIM, che nascerà dopo la separazione da Netco (rete e Sparkle), secondo il progetto di scorporo previsto dal ceo Pietro Labriola (si veda altro articolo di BeBeez), confermato ieri dal Cda alla guida del gruppo. Offerta che, secondo quanto riferito da più fonti, valuterebbe l’area Enterprise circa 6 miliardi di euro, debito compreso, cioé una cifra che si colloca un poco al di sopra del minimo dell’ampio range di valutazione di 5-10 miliardi calcolato da alcuni analisti nei giorni scorsi. Ricordiamo che il fatturato aggregato 2021 delle attività che formeranno l’area Enterprise di ServCo è stato di circa 2,7 miliardi di euro sul totale di 9,9 miliardi dell’intera ServCo (si veda qui la presentazione agli analisti) con un margine ebitda al 27/28%, ovvero di 730-760 milioni di euro. Su queste basi, ha calcolato Bestinver, con un multiplo ev/ebitda 2022 dei competitor pari a 15 volte e considerando che nella ServiceCo l’ebitda 2022 dovrebbe deteriorarsi leggermente, “ci ritroveremmo con un EV di circa 10/10,5 miliardi di euro per il business enterprise”. Peraltro nel frattampo sono tornati a circolare più forti i rumor relativi a un interesse per lo stesso dossier da parte di Apax Partners, come giù segnalato su queste pagine a fine marzo (si veda altro articolo di BeBeez).
Detto questo, KKR ha lasciata la porta aperta ad altre opzioni, dichiarando “essere comunque disponibile a esplorare qualsiasi altra operazione nell’interesse della Società, dei suoi azionisti e del Paese”, il che significa che vorrebbe essere coinvolto nel’operazione di creazione di rete unica che vede come controparti da un lato TIM e dall’altro Open FIber (si veda altro articolo di BeBeez). Ricordiamo che TIM ha firmato lo scorso sabato 2 aprile un accordo di riservatezza con CDP Equity per avviare le interlocuzioni preliminari riguardanti l’eventuale integrazione della rete di TIM con la rete di Open Fiber, di cui Cdp Equity detiene il 60% del capitale sociale, con il resto in mano a Macquarie infrastructure dallo scorso dicembre 2021. Il tutto in vista di un memorandum of understanding da firmare entro il 30 aprile. Ma da tempo la vicenda di Open Fiber si intreccia con quella di FiberCop, la nuova società in cui sono confluite la rete secondaria di TIM (cosiddetto ultimo miglio, dalla cabina in strada alle abitazioni) e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture di TIM (80%) con Fastweb (20%) e nella quale nell’aprile 2021 il fondo KKR Infrastructure ha acquisito il 37,5% investendo 1,8 miliardi di euro, sulla base di un enterprise value di circa 7,7 miliardi di euro, mentre Fastweb ha ottenuto il 4,5% in cambio dell’apporto della sua quota di FlashFiber (si veda altro articolo di BeBeez). L’ingresso di KKR e Fastweb nel capitale di FiberCop è sempre stato considerato il primo passo verso la realizzazione di un più ampio progetto di costituzione di una società unica della rete nazionale, necessaria per lo sviluppo del digitale in Italia, che avrebbe dovuto coinvolgere OpenFiber.
(si veda altro articolo di BeBeez)