E’ stata spostata dal 31 ottobre al 30 novembre la data ultima per firmare gli accordi tra TIM, CDP Equity, KKR (attraverso Teemco Bico sarl), Macquarie e Open Fiber, in relazione progetto di integrazione delle reti di TIM e Open Fiber. Ma a partire da oggi non varranno più gli obblighi di esclusiva. Lo ha comunicato TIM lo scorso sabato 29 ottobre (si veda qui il comunicato stampa). Non solo. Confermando le voci che si erano diffuse nei giorni scorsi, il consiglio di amministrazione di TIM che si è riunito venerdì 28 ottobre ha anche stabilito che la data di fine novembre riguarderà la firma di accordi ancora non vincolanti, mentre per quelli vincolanti ci sarebbe tempo sino a inizio 2023.
Ricordiamo che TIM aveva firmato a inizio aprile un accordo di riservatezza con CDP Equity (si veda altro articolo di BeBeez) per avviare le interlocuzioni preliminari riguardanti l’eventuale integrazione della rete di TIM con la rete di Open Fiber, di cui CDP Equity detiene il 60% del capitale sociale, con il resto in mano a Macquarie Infrastructure dal dicembre 2021 (si veda altro articolo di BeBeez). Lo scorso maggio era stato poi sottoscritto un Memorandum d’Intesa non vincolante (si veda altro articolo di BeBeez), ma già lo scorso 10 ottobre TIM aveva comunicato che la data ultima per trasformare quel memorandum in accordo vincolante sarebbe appunto slittata in avanti perché “CDP Equity, Macquarie e Open Fiber, hanno comunicato che il processo di valutazione attualmente in corso, data l’ampiezza della transazione e il tempo necessario ad analizzare tutta l’informazione ricevuta da TIM, richiede un’estensione della timeline indicativa originariamente discussa, e si sono detti pronti a ridiscuterla” (si veda altro articolo di BeBeez). Una comunicazione, quella, che lo scorso 18 ottobre ha permesso di trovare terreno fertile in Piazza Affari per le voci che dicevano che il gruppo di private equity paneuropeo CVC Capital Partners sta studiando un’offerta di acquisto su tutto il gruppo TIM, visti appunto i tempi lunghi e le difficoltà di percorso che sta incontrando il progetto di creazione della rete unica tlc (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo che poco meno di un anno fa il colosso del private equity Usa KKR aveva presentato al Consiglio di amministrazione di TIM una manifestazione di interesse non vincolante e indicativa per lanciare un’opa sul 100% delle azioni ordinarie e di risparmio del gruppo, con obiettivo il delisting, al prezzo indicativo di 50,5 centesimi per azione ordinaria o di risparmio, da pagare interamente per cassa, per un totale, quindi, di circa 11 miliardi di euro (si veda altro articolo di BeBeez). Le trattative però erano terminate senza nulla di fatto lo scorso aprile (si veda altro articolo di BeBeez). Nel frattempo CVC, già a fine marzo, aveva recapitato al Cda del gruppo tlc un’offerta non vincolante per il 49% della costituenda area Enterprise di ServiceCo, la newco dei servizi del gruppo TIM, che nascerà dopo la separazione da Netco (rete e Sparkle) (si veda altro articolo di BeBeez).
Tornando alla rete unica, la decisione far slittare al 30 novembre la data ultima per la firma degli eventuali accordi vincolanti risponde da un lato alle pressioni di Vivendi, socio forte di TIM con il 23,5% del capitale, che chiedeva di accantonare l’esclusiva per verificare altre ipotesi, e consente dall’altro lato a CDP di di avere più tempo per considerare anche gli orientamenti del nuovo Governo in materia di rete unica, a cui ha fatto cenno anche la premier Giorgia Meloni nel dibattito parlamentare sulla fiducia. Ricordiamo, infatti, questo passaggio: “Intendiamo tutelare le infrastrutture strategiche nazionali assicurando la proprietà pubblica delle reti, sulle quali le aziende potranno offrire servizi in regime di libera concorrenza, a partire da quella delle comunicazioni. La transizione digitale, fortemente sostenuta dal PNRR, deve accompagnarsi alla sovranità tecnologica, al cloud nazionale e alla cyber-security” (si veda qui il testo delle dichiarazioni programmatiche alla Camera lo scorso 25 ottobre). Una posizione, questa, che ha portato negli ultimi giorni il mercato anche a ipotizzare una possibile opa su TIM da parte della stessa CDP.
Tornando all’accordo siglato lo scorso maggio tra TIM, CDP Equity, Macquarie e Open Fiber, questo prevede che in prima battuta vengano separate le attività infrastrutturali di rete fissa da quelle commerciali di TIM e che poi le attività infrastrutturali di TIM vengano integrate con la rete controllata da Open Fiber. In tutto questo ricordiamo che il colosso del private equity Usa KKR nell’aprile 2021 ha acquisito il 37,5% di FiberCop, la nuova società in cui sono confluite la rete secondaria di TIM (cosiddetto ultimo miglio, dalla cabina in strada alle abitazioni) e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture di TIM (80%) con Fastweb (20%). Allora KKR aveva investito in FiberCop 1,8 miliardi di euro, sulla base di un enterprise value di circa 7,7 miliardi di euro, mentre Fastweb aveva ottenuto il 4,5, in cambio dell’apporto della sua quota di FlashFiber (si veda altro articolo di BeBeez).
A esito dell’operazione così come immaginata sinora, TIM sul mercato italiano potrà focalizzare in via prioritaria le proprie attività nei servizi di telecomunicazione e trasmissione di dati. E infatti a inizio luglio il Consiglio di amministrazione di TIM ha conferito mandato all’ad Pietro Labriola di svolgere ogni attività utile per il conseguimento dell’obiettivo strategico del superamento dell’integrazione verticale e della riduzione dell’indebitamento della società attraverso operazioni di trasferimento e valorizzazione di alcuni asset del gruppo, con il piano di scorporo, che, come già illustrato a grandi linee da Labriola in occasione della presentazione del Piano industriale 2022-2024 lo scorso marzo, prevede appunto la possibilità di separare gli asset infrastrutturali di rete fissa (NetCo) dai servizi (ServiceCo, che include TIM Consumer, TIM Enterprise e TIM Brasil) (si veda altro articolo di BeBeez). Detto questo, Vivendi si dice ritenga che la rete di TIM oggi valga ben 31 miliardi di euro, compresi 10 miliardi di debito che verrebbero trasferiti a NetCo, numero questo che sarebbe lontano da quello ipotizzato dalla maggior parte degli analisti compreso tra i 17 e 21 miliardi, oltre che da CDP Equity, KKR e Macquarie che sarebbero gli azionisti finali. Si dice che alla fine la valutazione potrebbe aggirarsi sui 25 miliardi.