Articolo pubblicato su BeBeez Magazine n. 22 del 29 giugno 2024
di Giuliano Castagneto
Lo scorso 10 giugno il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo di recepimento della Direttiva UE 2167/2021, meglio nota come NPL Secondary Market Directive (SMD), che istituisce un mercato dei crediti deteriorati a livello europeo, liberalizzando l’investimento e disciplinando invece l’attività di servicing (si veda altro articolo di BeBeez). Il decreto è stato poi assegnato all’esame della 6ª Commissione permanente (Finanze e Tesoro) in sede consultiva (scadenza termine il 20 luglio 2024), della 4ª Commissione permanente (Politiche dell’Unione europea) ; e della 5ª Commissione permanente (Bilancio) (si vedano qui la sezione dedicata del sito del Senato, qui il testo del decreto trasmesso alle Commissioni e qui la relazione illustrativa).
Il decreto di recepimento, da un lato, interviene su un ordinamento italiano che presenta alcuni punti di conflitto rispetto alla nuove norme comunitarie, e dall’altro va a disciplinare un settore, quello dei gestori di NPL, in via di progressiva specializzazione e consolidamento, a fronte di un mercato dai volumi sempre più ristretti e quindi competitivo sul lato dell’offerta di servizi. Una tendenza, quest’ultima, quasi in contraddizione con lo spirito della SMD, tesa invece a favorire l’ampliamento della platea di investitori e fornitori di servizi, prospettando quindi un mercato in crescita.
Come si adatteranno quindi al nuovo contesto normativo gli attori di questo settore? E’ la domanda alla quale si è tentato di dare risposta lo scorso 19 giugno in occasione del Caffè di BeBeez dedicato proprio alla nuova Direttiva, e che ha visto l’intervento di alcuni dei più noti consulenti e operatori del settore.
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“E’ un provvedimento teso a rendere più liquido il mercato dei crediti distressed, riducendone quindi il bid-ask spread”, ha sottolineato Norman Pepe, partner co-fondatore dello studio iLS, tra gli advisor legali di riferimento nella finanza strutturata, intervenendo al dibattito (si vedano qui le slide di presentazione). Per raggiungere tale obiettivo, la Direttiva attua una vera rivoluzione copernicana, liberalizzando in misura consistente la disciplina dal lato degli investitori, mentre impone precisi obblighi ai servicer, cioè gli operatori incaricati di gestire la riscossione dei crediti deteriorati e le relative informazioni. “La Direttiva ha tra i suoi obiettivi quello di ampliare la platea degli investitori in crediti imponendo loro al contempo di delegarne la gestione a soggetti autorizzati”, ha aggiunto Pepe.
Come la Direttiva è stata recepita in Italia
Tuttavia con questo strumento la Ue ha inteso concedere una certa discrezionalità agli Stati membri riguardo l’applicazione della Direttiva nei rispettivi ordinamenti, tramite appositi provvedimenti come appunto il decreto approvato il 10 giugno, prevedendo tra l’altro la facoltà di escludere alcuni tipi di crediti deteriorati e le cartolarizzazioni multi tranche dall’applicazione. Cosa ha fatto quindi l’Italia con questo decreto di recepimento? “Ha tenuto un approccio minimalista”, ha aggiunto Pepe, “cioè ha previsto che la Direttiva 2167 si applichi alle sole sofferenze, escludendo quindi gli UTP, ma anche le sofferenze gestite nell’ambito di cartolarizzazioni multi tranche”.
Ma le specificità italiane, contenute nel Decreto approvato dal CdM, non si fermano qui. Infatti è vero che anche le persone fisiche possono acquistare crediti, “ma solo nella misura in cui lo fanno a fini commerciali o professionali”.
Viene inoltre introdotta una distinzione tra chi può gestire in proprio un credito in sofferenza e chi no. Anzitutto gli acquirenti che sono banche, gestori di fondi o altri intermediari finanziari ex art. 106 del TUB possono gestire in proprio i crediti acquisiti. Tutti gli altri tipi di acquirenti devono invece conferirne la gestione a soggetti autorizzati in tal senso.
Ma cosa si intende per gestione di un credito in sofferenza? “Essenzialmente quattro fasi”, ha spiegato Pepe: “Riscossione e recupero delle somme dovute dai debitori, rinegoziazione dei termini contrattuali nella misura in cui viene modificata la debenza del credito, ovvero accorciandone o allungandone la scadenza, dato che diversamente sarebbe assimilabile alla concessione di un nuovo credito, l’informativa su eventuali variazioni del tasso e di altri oneri associati, e la gestione degli eventuali reclami”.
Viene quindi introdotta la figura del gestore di sofferenze, che può essere di diritto italiano oppure di provenienza di uno degli Stati membri dell’Ue, con la redazione di un apposito Albo. “Per i master servicer non cambia nulla, in quanto essendo banche e intermediari ex art. 106 TUB sono già soggetti ad autorizzazione e vigilanza, mentre per gli special servicer l’esigenza di adeguarsi alle nuove regole si può collegare a due fattori: l’opportunità di mostrare al mercato adeguatezza di organizzazione e processi aziendali e la mancata regolamentazione di tali soggetti nella Legge sulle Cartolarizzazioni, che potrebbe anche rendere necessaria l’assoggettamento alle nuove regole per poter operare”, ha puntualizzato Francesco Martiniello, chief compliance & AFC officer di illimity, challenger bank che fino allo scorso anno aveva nell’investimento in NPL uno dei pilastri del suo business model. “Il gestore di sofferenze è un soggetto parabancario, sotto molti profili, soggetto a vigilanza della Banca d’Italia, assoggettato a una disciplina simile a quella delle banche in materia di partecipazioni rilevanti, governance, onorabilità e professionalità degli organi sociali. Ma non c’è un requisito patrimoniale, solo l’obbligo che sia costituito in forma di società di capitali”, ha aggiunto Pepe.
Tuttavia una certa asimmetria emerge in merito alla tipologia di credito deteriorato. In caso di sofferenze, va gestito da operatori che sono soggetti a pesanti regolamentazioni, mentre gli UTP possono essere gestiti da player che devono ottemperare al solo art. 115 del Testo Unico di Pubblica Sicurezza (TULPS), che impone requisiti minimi. “Ciò ha suscitato perplessità soprattutto in ambito accademico, ma si è trattato di un’applicazione in senso pragmatico del dettato comunitario”.
Le nuove norme sembrerebbero applicarsi alle cessioni di credito effettuate dopo l’entrata in vigore della Direttiva, e ciò è importante ai fini della abilitazione dei gestori ex art. 115 TULPS, ai quali non è richiesta l’iscrizione all’Albo ex art. 114 del TUB, e relativi adempimenti, per gestire i crediti i cui mandati siano stati acquisiti prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina.
La nuova Direttiva e il mercato italiano
Fin qui le novità introdotte dalla normativa Ue. Ma che tipo di mercato vanno a disciplinare le nuove norme? A fine 2015, anno di picco dei crediti deteriorati sui bilanci delle banche, le sofferenze ammontavano a circa 200 miliardi di euro su un totale di 341 miliardi di crediti deteriorati. Oggi le ultime stime di Banca Ifis, nel suo Market Watch pubblicato a febbraio, segnalano circa 25 miliardi di NPL a fine 2023 su un totale di 59 miliardi di NPE. Un crollo verticale, determinato dalle tante cessioni di NPL e e GACS degli anni recenti.
Al tempo stesso, “la generazione di nuove sofferenze è stata molto rallentata da politiche più attente di concessione del credito. Inoltre negli anni della pandemia l’erogazione più comune di credito era quella con garanzia del MCC. Quindi si sono ridotti i nuovi flussi di NPL, il che ha ridotto sensibilmente la dimensione del mercato”, ha spiegato Domenico Sorice, Responsabile Origination, Market & Investments di Cherry Bank, istituto specializzato in special e distressed credit fondato da Giovanni Bossi, che oggi gestisce circa 7 miliardi di euro in crediti deteriorati. “La conseguenza è stata un aumento della competizione e quindi dei prezzi dei portafogli, con conseguente riduzione della redditività. Situazione accentuata anche dall’aumento del peso dei fondi per apporto, che riducono le possibilità di investimento diretto, e dal progressivo venire a scadenza di diversi fondi. Ciò ha favorito la crescita del mercato secondario, oggi molto più vivace del primario”.
A questa evoluzione gli investitori e i servicer, i più toccati dalla nuova normativa, hanno risposto con una crescente specializzazione e anche con la concentrazione. “Diversi operatori sono usciti dal mercato. C’è infatti una tendenza al consolidamento anche perché per gestire portafogli di crediti garantiti da MCC, la nuova frontiera del mercato, occorrono importanti investimenti. Non è un mercato per tutti. Più promettenti sono le sofferenze legate al credito al consumo non garantito e il secondario, dove oggi vediamo mettere sul mercato volumi importanti, che superano ampiamente il primario” ha aggiunto Sorice. “L’adeguamento alla nuova disciplina comporterà inevitabilmente costi strutturali da sostenere. È quindi probabile che si assista a un’ulteriore selezione ‘naturale’ degli attuali player, già avviata nel 2021 a seguito della vigilanza della Banca d’Italia sull’attività dei master servicer, in conseguenza della necessità di garantire una gestione dei crediti efficace ma anche rispettosa delle nuove regole che, va ricordato, attengono anche al rapporto con i debitori”, è la previsione di Martiniello..
E’ la fotografia di un mercato più ristretto, selettivo, dove chi investe e chi gestisce cerca una conoscenza più profonda della natura dei portafogli messi i vendita. Un contesto che difficilmente può consentire l’accesso a un gran numero di nuovi player. La nuova Direttiva potrebbe quindi contrastare questa tendenza del mercato? Fino a un certo punto. “Va anzitutto tenuto presente che l’iscrizione all’Albo dei gestori di crediti in sofferenza secondo la modifica proposta all’art. 114 del TUB, come previsto dal decreto richiederà pesanti adeguamenti strutturali da parte di molti special servicer. Ciò avrà certamente impatto sul costo dei servizi offerti e quindi sulla competitività per gli acquirenti dei crediti. Parrebbe rimanere invariato lo schema di deleghe dal Master Servicer allo Special Servicer nell’ambito delle cartolarizzazioni in cui il soggetto con licenza 115 TULPS potrà continuare a operare senza necessità di ottenere la nuova autorizzazione di cui all’art. 114 TUB. A mio parere assisteremo all’ingresso di nuovi player, ma vedo più probabile che Special servicer strutturati e che provvederanno all’iscrizione all’Albo ex 114 TUB si affaccino su un mercato europeo”, ha aggiunto Gianmaria Galli, responsabile Legal e Transaction management di Centotrenta Servicing, tra i principali master servicer italiani. .“Un appesantimento della struttura dei costi ridurrà i rendimenti finali. Quindi non è detto che ci sarà un’ondata di nuovi investitori, e quindi nemmeno di nuovi servicer” conferma Sorice di Cherry Bank. Secondo Martiniello, questo non è nemmeno l’obiettivo primario della Direttiva SMD “Si tratta, tuttavia, di un tassello importante per garantire la presenza sul mercato di player adeguati, opportunamente vigilati, anche in funzione della relativa specializzazione su particolari tipologie di crediti, che resta un fattore molto importante per la competitività sul mercato”.
Tra l’altro, con riguardo alle cartolarizzazioni monotranche, la Legge 130 del 1999, nel testo attuale, potrebbe costituire una barriera all’ingresso per i gestori di crediti in sofferenza UE nel mercato Italia delle sofferenze. Secondo quanto stabilito dalla Legge 130 del 1999 (art.2 comma 6), deve essere una banca o comunque un intermediario ex art. 106 del TUB. “In base alla relazione illustrativa al decreto legislativo sembrerebbe essere già previsto dal legislatore un emendamento al testo della 130, per estendere la possibilità di condurre l’attività di recupero anche ai gestori di crediti in sofferenza e, quindi, presumibilmente anche quelli europei, oltre che alle banche e agli intermediari finanziari. Resta però da capire se questa estensione si porterà dietro anche l’attività di master servicing ovvero si creerà una sorta di doppio binario”, ha precisato Pepe.
Altro elemento che sta frenando il mercato è la progressiva uscita di alcune banche dall’investimento in NPL. “E’ un effetto della normativa sul calendar provisioning, che richiede ulteriori accantonamenti e adeguamenti di capitale agli istituti di credito”. Tra l’altro proprio il calendar provisioning richiederebbe il miglioramento della qualità dei dati relativi ai portafogli di sofferenze già a monte della loro eventuale cessione. “Recentemente l’EBA (la vigilanza bancaria europea, ndr) ha introdotto il cosiddetto EBA Template, cioè circa 140 campi di dati che i cedenti devono fornire per i crediti originati dopo l’1 luglio 2018 e classificati come deteriorati dopo il 31 dicembre 2021. Tuttavia ancora oggi non si riesce ad avere per tutti i crediti la data di accensione del credito, che è fondamentale per il calcolo del calendar provisioning. Possiamo quindi dire che ci sono al momento dei punti di attrito tra SMD e calendar provisioning”, ha sottolineato Sorice di Cherry Bank.
“Bisogna inoltre capire con quale modalità i dati ricevuti dai cedenti vanno trattati. Spesso le informazioni riguardano centinaia di migliaia di debitori. Saranno fondamentali a tutti questi fini le linee guida che saranno fornite dalla Banca d’Italia tramite i regolamenti attuativi. Ci saranno sicuramente problemi di applicazione, che andranno risolti a mano a mano che si presenteranno”, prevede Pepe di ILS.
Dalle opinioni degli esperti è emerso quindi che la nuova Direttiva SMD, più che l’annuncio di un “big bang” di un mercato Ue del credito distressed sarà soprattutto uno step fondamentale verso la sua maturazione, che si inquadra in un trend di medio-lungo periodo che alcuni operatori vedono con favore. “Gli orientamenti dell’EBA su originazione e monitoraggio del credito hanno avuto l’obiettivo di ridurre il fenomeno del deterioramento. Da quelle regole di estremo dettaglio, ritengo possa derivare progressivamente un mercato secondario più regolare e meno “a ondate”, ovvero connesso a cicli congiunturali negativi dell’economia reale. Più che un mercato effervescente, mi aspetto un mercato più sicuro e, come tale, anche più efficiente, specie quando si tratta di crediti non assistiti da garanzie”, ha concluso Martiniello di illimity.
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