di Antonio Lanotte,
Chartered Tax Advisor and Senior Auditor – Of Counsel Deotto Lovecchio & Partners, Advisory Board at Vernewell Group – Lecturer Vernewell Academy; Panel of Experts – EUBOF; Advisory Council – Blockchain for Europe; Tax Technology Committee – CFE Bruxelles; Global Blockchain Business Council Ambassador. (clicca qui per la bio).
I recenti avvenimenti nell’ecosistema crypto, in particolare i fallimenti di exchange di alto profilo, come FTX, hanno spinto le autorità di regolamentazione di varie giurisdizioni a riflettere su come disciplinare il fenomeno dei crypto-assets (si veda anche questo articolo su Econopoly) In tal senso le stesse autorità regolatrici si sono mosse in direzioni diverse senza pensare realmente al fatto che i crypto-assets, nella realtà´, non conoscono confini, infatti sono per definizione a-territoriali e sarà necessaria, pertanto, una sorta di cooperazione normativa omogenea, altrimenti si andrà incontro al cosiddetto jurisdictions shopping, cioé alla pratica di scegliere il tribunale in cui intentare un’azione tra i tribunali che potrebbero esercitare la giurisdizione in modo appropriato, sulla base di una determinazione del tribunale che probabilmente fornirà l’esito più favorevole.
Ecco alcuni importanti sviluppi normativi e le risposte di varie giurisdizioni:
Stati Uniti
- Securities and Exchange Commission (SEC). La SEC ha intensificato l’esame degli scambi e degli asset di criptovalute. Il presidente Gary Gensler ha sottolineato che molti token crypto sono “securities” e devono essere conformi alle leggi vigenti.
- Commodity Futures Trading Commission (CFTC). Anche la CFTC sta svolgendo un ruolo, in particolare nella regolamentazione dei derivati crittografici. Si chiede di chiarire i confini giurisdizionali tra la SEC e la CFTC.
Unione Europea
- Regolamento sui mercati dei crypto-asset (MiCA). L’UE è stata proattiva con il quadro MiCA, che cerca di creare un ambiente normativo armonizzato per i crypto-asset in tutti gli Stati membri. Il MiCA copre un’ampia gamma di attività, tra cui l’emissione di cripto-asset e la gestione di piattaforme di trading.
- Antiriciclaggio (AML): L’UE ha proposto anche norme antiriciclaggio più severe per le transazioni in criptovalute, tra cui l’obbligo per i fornitori di servizi di criptovaluta di registrarsi e di condurre una due diligence sui clienti.
Regno Unito
- Autorità di condotta finanziaria (FCA). La FCA ha implementato requisiti rigorosi per le attività di criptovaluta, tra cui la registrazione e la conformità alle norme antiriciclaggio. La FCA ha anche lanciato avvertimenti sui rischi degli investimenti in crypto-asset.
Asia
- Singapore. L’Autorità monetaria di Singapore (MAS) ha istituito un regime di licenze per i fornitori di servizi di criptovaluta, concentrandosi sulle misure antiriciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo (CTF). La MAS sta inoltre valutando ulteriori regolamenti per affrontare la condotta del mercato e la protezione dei consumatori.
- Giappone. L’Agenzia giapponese per i servizi finanziari (FSA) ha uno dei quadri normativi più sviluppati per i crypto-asset, richiedendo alle borse di registrarsi e di rispettare rigorosi standard di sicurezza e operativi.
- Cina. La Cina ha adottato un approccio rigido, vietando la maggior parte delle attività legate alle criptovalute, tra cui il trading e il mining. Tuttavia, il Paese sta sviluppando attivamente una propria valuta digitale della banca centrale (CBDC).
Cooperazione globale
- Financial Action Task Force (FATF). Il FATF ha aggiornato le sue linee guida sulla regolamentazione degli asset virtuali e dei fornitori di servizi di asset virtuali, sottolineando la necessità per i Paesi di implementare la “regola del viaggio” (travel rule) per le transazioni crypto.
- Organizzazione internazionale delle commissioni sui valori mobiliari (IOSCO). La IOSCO sta lavorando allo sviluppo di standard internazionali per la regolamentazione dei crypto-asset per migliorare la cooperazione e la coerenza transfrontaliera.
In effetti, sembrerebbe esistere già una sorta di cripto-narrazione, secondo cui, poiché la crittografia moderna viene in parte utilizzata nei processi di scambio di questi assets, tali crypto-assets sono fondamentalmente diversi dagli altri assets finanziari. Si tratta nella realtà di una sorta di pensiero magico basato sull’errata convinzione che in qualche modo l’applicazione di una matematica avanzata possa cambiare tutto. Ebbene non è affatto così.
Questo, a sua volta, tradisce una mancanza di comprensione del fatto che la crittografia moderna, già oggi ampiamente utilizzata negli affari e nella finanza, fornisca alcuni dei benefici che si sostiene siano in qualche modo unici ai crypto-assets. In molti casi, ciò deriva da una mancata comprensione del modo in cui i crypto-assets vengono effettivamente utilizzati oggi.
Prima di parlare di cosa sia un crypto-asset, è importante notare che le autorità regolatrici devono dapprima definire con molta attenzione, in una maniera più´ omogenea possibile, cosa sia un crypto-asset, perché qualsiasi definizione deve essere codificata nella legge, altrimenti in assenza di una mancata copertura legislativa e/o di regolamento si innescherebbe il cosiddetto e tanto temuto arbitraggio normativo.. La vera difficoltà sta nel fatto che, ancora oggi, a livello globale non esiste un consenso omogeneo sulla definizione di crypto-asset: proviamo pertanto a esaminare alcune delle definizioni di crypto-asset presenti.
Partiamo ad esempio dall’Australia in cui un network crypto è un sistema informatico distribuito in grado di ospitare token crittografici. Un token crittografico è un’unità di informazione digitale che può essere “utilizzata o controllata in modo esclusivo da una persona, anche se questa non controlla l’hardware ospitante in cui è registrato il token”. Il passaggio chiave in questa definizione è il seguente: “usato o controllato esclusivamente“, che riflette il pensiero predominante nell’ecosistema delle cripto-attività´ ovvero quello di una “proprietà” individuale.
Il Regno Unito, dal canto suo, invece definisce il crypto-asset come segue: “Si intende qualsiasi rappresentazione digitale crittograficamente protetta di un valore o di diritti contrattuali che: a) possono essere trasferiti, memorizzati o scambiati elettronicamente, e b) che utilizza una tecnologia che supporta la registrazione o l’archiviazione dei dati (che può includere la tecnologia del libro mastro distribuito)”. Il passaggio chiave di questa definizione è che comprende qualsiasi rappresentazione di valore che sia “protetta crittograficamente”.
Con riguardo al MiCA (si veda altro articolo di BeBeez), recante importanti disposizioni in materia di regolamentazione comunitaria del mercato dei cosiddetti crypto-assets, viene riportata la seguente definizione: “per crypto-asset si intende una rappresentazione digitale di valore o di diritti che può essere trasferita e conservata elettronicamente, utilizzando la tecnologia del libro mastro distribuito o una tecnologia simile”; e ….per tecnologia a libro mastro distribuito o DLT (Digital Ledger Technology) si intende un tipo di tecnologia che supporta la registrazione distribuita di dati criptati. La presente definizione è quanto meno interessante poiché copre la rappresentazione digitale di valore o diritti solo se memorizzata su Distributed Ledger Technology (DLT) o tecnologia simile. Ne deriva pertanto che se un crypto-asset fosse memorizzato, ad esempio, su un archivio centralizzato, non sarebbe regolamentato, anche se potrebbe avere tutte le proprietà appena enunciate di un crypto-asset ospitato da una DLT appunto.
Per concludere questa carrellata, negli USA, le autorità di regolamentazione bancaria in maniera congiunta (si veda qui la dichiarazione) hanno descritto i crypto-asset come: un qualsiasi asset digitale implementato utilizzando tecniche crittografiche. Pertanto, trattasi di una definizione di crypto-asset molto ampia che riguarda pertanto qualsiasi asset digitale utilizzando tecniche crittografiche.
Come si può notare si tratta di definizioni molto diverse e incoerenti tra di loro; pertanto, prima di discutere di regolamentazione del fenomeno crypto, sarebbe il caso di accordarsi su di una definizione quanto meno omogenea che valga dappertutto, trattandosi di un fenomeno a-territoriale per definizione. Tuttavia, l’unico fattore in comune che risulta evidente da tutte le definizioni fin qui esaminate è l’utilizzo della crittografia. Il processo di crittografia è relativamente semplice ovvero un mittente fornisce a un computer un messaggio (che può essere qualsiasi cosa) da inviare insieme a una chiave per crittografare il messaggio in modo che sembri un linguaggio incomprensibile a un lettore. Quando il messaggio viene ricevuto, il destinatario lo presenta a un altro computer insieme a una chiave, se entrambi le chiavi coincidono allora il destinatario riuscirà a decifrare il messaggio iniziale. Nella maggior parte degli schemi, la stessa chiave viene utilizzata sia dal mittente che dal destinatario in quello che viene chiamato lo scambio di chiavi simmetriche. A metà degli anni ’70 è stato ideato un nuovo meccanismo di carattere questa volta asimmetrico che utilizza una matematica più sofisticata e che prevede l’uso di due chiavi diverse, la cosiddetta chiave privata e la chiave pubblica, per criptare e decriptare un messaggio segreto. La crittografia moderna viene utilizzata tante volte al giorno da tante persone, ad esempio, quando si accede a un sito web “https”, con la s alla fine (vedi ad esempio LinkedIn), si sta in effetti utilizzando un sistema di crittografia avanzata in background. Si noterà come il browser sta utilizzando la crittografia a chiave pubblica/privata, spesso utilizzando gli stessi algoritmi di crittografia a curva ellittica o ECC come quelli impiegati in bitcoin.
Nelle transazioni quotidiane, se si inserisce una carta di debito/credito standard in un terminale di un commerciante per effettuare un pagamento, la comunicazione con il fornitore del pagamento sarà crittografata utilizzando appunto la crittografia moderna e avanzata. Supponiamo, ad esempio, che io utilizzi la mia carta di debito contactless per acquistare del pane e che il denaro venga immediatamente detratto dal mio conto bancario. Si può affermare che il mio denaro sia un crypto-asset? Secondo la definizione sopra riportata del Regno Unito, la risposta è affermativa, poiché´ trattasi di una “qualsiasi rappresentazione digitale crittograficamente protetta di un valore o di diritti contrattuali”. Secondo la definizione presente negli Stati Uniti, è altrettanto affermativa, poiché´ trattasi di un bene digitale implementato con tecniche crittografiche. Alla stessa maniera in Australia, poiché´ trattasi di un token crittografico, ovvero un’unità di informazione digitale che può essere usata o controllata esclusivamente da una persona.
In conclusione, le autorità di regolamentazione dovrebbero piuttosto comprendere appieno il modo in cui la crittografia moderna potrà essere utilizzata in futuro nei mercati finanziari e affrontare le eventuali carenze normative che ne derivano. In sostanza piuttosto che adottare un approccio di carattere frammentario, giurisdizione per giurisdizione, alla regolamentazione dei crypto-assets in costante evoluzione, le autorità di regolamentazione dovrebbero riunirsi per considerare il problema molto più ampio e importante della nuova finanza, vedi ad esempio la Finanza Decentralizzata (Decentralized Finance) meglio conosciuta come De.Fi, abilitata dalla crittografia e proporre un approccio più omogeneo e coordinato a ciò che questo significherà per i cittadini e l’intero sistema economico.
Per un approfondimento su questi temi, si veda nel nostro Bookstore
anche il libro Tributi e diritto nell’economia digitale