“La sola cosa che sono riuscito a fare per me, adatta al mio modo personale di vivere, per la mia casa, per le mie diverse case vuote, è stato di coprire i muri rintronanti di aridità e solitudine con stoffe, con lenzuoli su cui ritagliare e dipingere immagini”. Lo dice Pietro Consagra, padre nobile della scultura italiana del secondo Novecento, che la galleria milanese Tommaso Calabro ospita dal 30 settembre al 23 dicembre 2022.
La mostra, Immagini Vaganti, a cura di Paola Nicolin e con il supporto di Archivio Pietro Consagra e Archivio Ugo Mulas, intende esporre un aspetto inedito nell’opera dell’artista, i Lenzuoli, eseguiti dall’artista a partire dal 1967 all’arrivo nella città americana di Minneapolis. È un’opera preziosa e anche misconosciuta di Pietro Consagra, maestro della scultura italiana in questi ultimi anni finalmente in grande (e meritato) rispolvero critico e espositivo, protagonista assoluto di una mostra dal respiro museale, per la qualità dei lavori selezionati anche in stretto dialogo con l’archivio dedicato all’artista.
Un luogo bellissimo, la galleria di Tommaso Calabro, lo spazio più anti-white cube che ci sia: è affrescato, decorato e complesso, ma ha carattere e storia. Così WRM Group, il gruppo lussemburghese fondato dal finanziere Raffaele Mincione, per ospitare il suo cocktail natalizio la sera dello scorso 14 dicembre ha scelto questo grande spazio, che si trova al piano nobile di Palazzo Marietti, neoclassico di origini rinascimentali in piazza San Sepolcro, 2, nel cuore di Milano. E l’idea è di ripetere l’esperienza, considerando che è stata un successo. La società di private equity, con oltre 1,5 miliardi di euro di capitale investito e 5 fondi in gestione, è attiva su diversi progetti di arte e cultura, avendo recentemente siglato un accordo per la produzione di un documentario sulla vita di Miriam Makeba e con un’attività di produzione musicale di giovani talenti nel Regno Unito. E nei prossimi progetti, ha fatto sapere a BeBeez, c’è di dedicare ancora più spazio all’arte.
Ma torniamo all’artista. Consagra, nato a Mazara del Vallo nel 1920, è stato, nel secondo dopoguerra in Italia, un pioniere dell’arte astratta internazionale perchè proponeva un rinnovamento del linguaggio statuario classico, lanciando l’idea della scultura frontale come dispositivo democratico, in dialogo con la fruizione. Il percorso espositivo si arricchisce di un paio di gigantografie della mostra presso la Galleria dell’Ariete nel 1967 ottenute dagli originali di Ugo Mulas, con il quale Consagra pubblica Fotografare l’Arte, edito da Fratelli Fabbri nel 1973 con introduzione di Umberto Eco. Proprio quell’esposizione viene ricostruita in un frammento, facendo delle prime sale una pagina di storia delle mostre tanto quanto un capitolo biografico.
La serie dei quattro Spessori in prospettiva dichiara fin dall’ingresso il nucleo argomentativo dell’opera di Consagra: quello della scultura ma soprattutto dei suoi spessori. Questa attitudine lo porta, trentaduenne, a opporsi a quella crisi denunciata ne La scultura lingua morta di Arturo Martini, gettando le basi di un’interpretazione astratta e di forte volontà di decostruzione, al centro del saggio “Necessità della scultura”. La scultura classica, dichiarava l’artista, obbliga un centro autoritario in cui piazzarsi, tale da permettere la rotazione attorno all’opera in quanto oggetto tridimensionale. Consagra intende liberare la scultura da questo vincolo di potere attraverso uno snaturamento della visione tridimensionale, a favore di una visione frontale. Ne consegue l’ontologia della scultura frontale, scevra di ogni passato storico quindi finalmente libera: non si sviluppa su tre dimensioni perché non crede più ad alcuna ideologia. È libera nell’articolarsi in qualunque modo, eccezion fatta che per lo spazio tradizionale. Confesserà l’artista: “L’ubicazione frontale come altra mentalità mi è stata risolutiva per continuare a fare lo scultore. Scoprivo che più della scultura per me era primaria l’uscita dal centro: l’ubicazione come significato. Introducendo l’ubicazione come elemento plastico, potevo osservare la scultura in modo che altrimenti non si sarebbe rivelata”.
Ecco quindi i Piani, gli Inventari, i Ferri, ovvero un’antologia di sculture bifronti che raccontano questo rapporto di riflessione con lo spessore. Il ragionamento sul colore, che in seguito spingerà Consagra a intraprendere l’uso del marmo e dell’alabastro, è una battaglia aperta: forma e colore vivono in una dimensione di competitività.
Quella di Consagra è quindi una continua ricerca teoretica e pratica attorno al tema della scultura, della materia ma soprattutto di una vera e propria filosofia dello spessore, il cui studio presto si dipana sui due opposti di scala: la Città frontale come massimo e le Sottilissime, presenti in mostra, come minimo possibile. Ogni scultura si compone di piani sottili, minimi lembi di materia accostati e, nel caso delle Sottilissime, singole lamine traforate, che l’artista studia con la massima attenzione: per generare l’opera è necessaria una inarrestabile redazione di disegni e studi grafici, seguiti da uno o più modellini in legno che forse consentono il raggiungimento dell’oggetto finale.
Dichiarava in un suggestivo dialogo con Carla Lonzi: “Io ho sempre costruito una scultura. L’ho disegnata, ho preso del materiale – laminati metallici o assi di legno – li ho ritagliati, incollati, saldati, inchiodati, e quindi già tecnicamente la mia scultura si distingue da tutta la scultura modellata in genere”. Impossibile non identificare in filigrana un’attitudine costruttivista comune con il progettista o con l’architetto, che generalmente segue la stessa regola. A questo proposito, Consagra si carica di una responsabilità creativa nella quale anche l’architettura del Funzionalismo moderno viene profondamente rivoluzionata in favore di una fruizione estetica spesso bidimensionale. Ne è testimonianza il costruito a Gibellina, tuttora esistente, e il progetto per la piazza di Mazara del Vallo, suo paese natale, ambasciatore del concetto di finestra-scultura, o ancora la serie di mobili presenti in mostra, che tanto possono ricordare quel design radicale del gruppo Memphis, pur agli antipodi.
In “Pietro Consagra, un classico dell’arte”, Giulio Carlo Argan si esprimerà in modo sostanziale: “Io considero che il percorso che ha fatto la scultura di Consagra sia un percorso estremamente coerente giustificabile in tutti i suoi passaggi e che è particolarmente importante la dimostrazione reale, fisica che ha dato alla sua concezione vasta delle spazio in senso ambientale […] attraverso delle grandi composizioni che non sono più soltanto delle proposte o delle ipotesi di rapporto con lo spazio ma sono veramente una realizzazione di un nuovo rapporto tra oggetto e spazio. […] Inserire nell’ambiente delle opere che non rispecchiassero soltanto l’ambiente ma lo mutassero […] questo a me pare uno degli aspetti più originali e nuovi dell’opera di Consagra”.
Nella coerenza assoluta della frontalità, la scultura di Consagra si rinnova ininterrottamente in un grande flusso, che stupisce perfino nella maturità con le sculture sottilissime concepite nel 2002 (l’artista è morto nel 2005 a ottantacinque anni) in acciaio inox forato.
Quanto al fondatore della galleria, Tommaso Calabro nasce in provincia di Belluno nel 1990 e si divide tra Milano, Venezia, Istanbul e Londra. Lavora per Sotheby’s, poi dal 2016 dirige la galleria d’arte Nahmad Projects a Londra, fino ad aprile 2018, quando decide di aprire la propria galleria d’arte a Milano. “Sono sempre in giro e Milano è un buon posto dove tornare. Inoltre, se facessi quello che faccio in un’altra città non avrei lo stesso successo. A Milano c’è poca competizione e io ho clienti importanti”, spiega Calabro. E racconta a BeBeez: “Sono cresciuto nello studio di mio nonno che era un gallerista locale a Feltre, la mia città natale, aveva una tipografia. È mancato quando io avevo 13 anni e da allora, prima su internet e poi di persona, ho iniziato a vendere litografie di artisti veneti, ed è andata molto bene”. Lo spazio espositivo “era quello che cercavo. Misura quasi 500 mq ed è diviso in quattro ambienti separati. Tre stanze verranno dedicate sempre a una singola mostra mentre la quarta potrà essere usata come project space”, conclude.
Progetti futuri? “Sì. Quattro mostre. Il pittore greco Alekos Fassianos, il pittore surrealista italiano Stanislao Lèpri, l’artista americano tra surrealismo e pop art William N. Copley e il pittore/architetto cileno Roberto Matta. Tutti nati a inizio ‘900 e protagonisti della scena artistica dagli anni ’30 agli anni ’70. Il periodo che prediligo e che ho scelto essere il tratto distintivo della mia galleria”, risponde Tommaso Calabro.