Dal 2 settembre sulla Nove-Discovery Italia la nuova serie tv in cinque puntate di Claudio Camarca realizzato da Clipper Media in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri.
Il progetto del regista romano Claudio Camarca – già autore de Lo Squadrone e Spaccio Capitale girato a Tor Bella Monaca – realizzato da Clipper Media che dal 1999 produce e distribuisce film e documentari sociali e culturali, serie tv e factual andando in giro per il mondo, oggi punto di riferimento per i broadcaster in Italia (Rai Cinema, Rai, La7, Sky, Istituto Luce Cinecittà) e all’estero (ARTE France, ARD Germany, Prosieben Germany, RTSI Switzerland) in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri, per la prima volta racconta le operazioni delle Forze dell’Ordine dall’interno, una collaborazione di grande fiducia reciproca, non senza assunzioni di rischio; grande scrupolo nella documentazione senza perdere il gusto della narrazione e l’attenzione agli uomini che lavorano spesso soli sul territorio, con una prossimità che talora cede alla tenerezza.
Come nasce l’idea di questa serie?
“L’idea mi è venuta qualche anno fa con la voglia di raccontare le Forze dell’Ordine, in questo caso l’Arma dei Carabinieri, dall’interno considerando la mia esperienza, ad esempio sui teatri di guerra, e sapendo bene la differenza che passa quando la narrazione è frutto di un lavoro gomito a gomito. La mia formazione militare mi ha spinto a proporre al futuro Comandante generale dell’Arma che conoscevo la realizzazione di un documentario, idea ben accolta e non era scontato perché ho chiesto di essere libero dal controllo dell’ufficio stampa. Ho così realizzato 6 episodi per Sky, poi una serie di puntate per Rai 2 sul lavoro in Aspromonte in Calabria nella lotta contro la N’drangheta, che ha avuto un grande seguito. Dopo una collaborazione di oltre quattro anni con il Comando Generale dell’Arma, Avamposti nasce nello specifico dalla voglia di raccontare le istituzioni di questo Paese che sono state in più occasioni messe sotto accusa, lasciando i cittadini, al di là di possibili errori, senza punti di riferimento. Un anno fa con la Nove ho realizzato una puntata pilota, Spaccio Capitale, su Tor Bella Monaca a Roma, un quartiere dove vivono oltre 200mila persone di 51 etnie e lingue diverse e i 31 agenti dell’avamposto dei Carabinieri affrontano quotidianamente una realtà drammatica in una proiezione al futuro, diversa da qualsiasi realtà nazionale. Il successo ottenuto mi ha portato fin qui.”
Cosa racconta la nuova serie?
“Cinque storie di periferie, di umanità dimenticate, che spesso hanno come unico appiglio per la vita quello della divisa di un Carabiniere. Una figura non solo di repressione della piccola e grande criminalità che spesso soffoca i luoghi e le geografie delle città e delle sue periferie, ma che si pone come ultimo e unico baluardo di solidarietà verso il mondo di tanti esclusi.
Un racconto che abbraccia tutto lo Stivale, dal parco degli orrori di Rogoredo, alla periferia di Milano, alla Roma criminale di San Basilio, passando per i ragazzi del quartiere Zen di Palermo, il rione Sanità di Napoli e la cosiddetta ‘quarta mafia’ che impesta con violenza la zona del foggiano, raccontata attraverso la realtàdi Cerignola.”
E’ voluto l’inizio del viaggio da Napoli?
“In realtà no anche se Napoli è di per sé evocativa di un titolo e ha una sua unicità perché il Rione Sanità, fin troppo noto e forse il luogo criminale più conosciuto in Italia, evoca anche una speranza. E’ colore, è un quartiere animato dove anche chi esercita il contrabbando cita il teatro di De Filippo, già storicamente di denuncia verso la miseria del luogo. In sé ha infatti anche la forza di reagire, una dimensione che ad esempio non c’è nella pugliese Cerignola né a Roma, città imbarbarita dove la forza delle narcomafie ha preso possesso di quasi tutte le piazze dello spaccio.”
Come ha lavorato in termini di regia?
“Prima di girare vado sempre nel luogo che decido di raccontare come nel caso dell’Aspromonte dove ho vissuto per tre mesi nelle stazioni dei Carabinieri per capire il luogo e anche per essere accettato perché sono sempre un estraneo ed è un’esperienza nuova per le forze armate. Per le puntate di Avamposti, sono andato sul luogo la settimana prima dell’inizio delle riprese, stabilendo un contatto e scegliendo insieme agli uomini sul territorio le operazioni interessanti per me da seguire, tenendo presente la delicatezza di alcuni frangenti e la responsabilità per l’Arma di farci salire sulle loro auto e di essere accompagnati da operatori in missione; da parte nostra ci assumiamo un minimo di rischio.”
Documentare e raccontare insieme, qual è la sfida?
“Per me è importante raccontare la quotidianità fatta anche di banalità per portare alla luce l’abnegazione di uomini che lavorano in nome di ideali e far luce sull’empatia dei carabinieri con i delinquenti soprattutto comuni, che sembra quasi un paradosso”.
In effetti dalla prima puntata emerge chiaramente come spesso i delinquenti comuni, non i criminali, delinquono perché pensano di non saper far altro e filtra perfino una certa tenerezza della regia verso entrambe le parti.
“L’arresto per il carabiniere in effetti è un fallimento non una conquista come potrebbe sembrare perché denuncia il ritardo nell’intervento, la prevenzione mancata di fronte a un vuoto che io racconto con una foto scattata nel Rione Sanità dove un bambino studia disteso sui gradini davanti a casa perché nell’appartamento non c’è uno spazio e un tavolo sul quale applicarsi. Le narcomafie danno un ruolo sociale a chi non ce l’ha e se non garantiscono il rispetto all’affiliato lo rendono una persona riconosciuta prima, poi uno schiavo perché una volta entrato nella malavita la persona solo all’interno del cerchio trova un posto e un lavoro.”
Ci anticipa qualcosa di una prossima puntata?
“Cerignola, un tempo granaio d’Italia, oggi centro di produzione di eccellenza delle olive, è teatro della mafia foggiana, la cosiddetta ‘quarta mafia’ dove su un territorio di 65mila abitanti la metà è coinvolta in reati contro il patrimonio con una media di due rapine al bancomat a settimana, spesso in pieno giorno effettuate con armi da guerra; per non parlare della ricettazione di auto rubate in scala industriale e del fenomeno deplorevole del caporalato e alla criminalità organizzata. Uno degli episodi ripresi racconta che una persona fermata su un mezzo a due ruote per un semplice controllo amministrativo per guida senza casco, ha minacciato di morte l’agente.”
Terminiamo la nostra chiacchierata proprio con il titolo: chi lo ha creato?
“Il titolo è mio e nasce da una citazione letteraria di Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati dove l’avamposto indica la situazione di chi aspetta qualcosa che non arriva ma che in effetti è già arrivato; una trincea senza paratia di distanza dal crimine. Mentre il sottotitolo dispacci di confine cita il film Apocalypse Now, con il gergo militare, notizie raccolte al volo e trasmesse immediatamente, una sorta di comunicati stampa da trincea.”
Claudio Camarca
Scrittore, giornalista, regista cinematografico e documentarista; reporter in cinque teatri di guerra ed editorialista per diversi quotidiani; autore e regista televisivo. Ha ideato e curato il Dizionario Enciclopedico delle Mafie in Italia, a cui hanno collaborato 74 autori, tra magistrati e giornalisti e analisti e storici, tra i quali: Nicola Gratteri, Luigi Ciotti, Gioacchino Natoli, Luca Tescaroli, Alberto Vannucci, Nando Dalla Chiesa, Giuseppe Ayala. Prefazione a cura di Giancarlo Caselli.
Ilaria Guidantoni