Fino al 15 settembre 2023 da Nashira Gallery a Milano, in via Vincenzo Monti 21, al visitatore sembrerà di trovarsi all’interno di una casa, con tutto il suo calore, i ricordi, le emozioni, i paesaggi che questa può evocare. Una casa che diventa arte.
Siamo sempre stati abituati a pensare alla casa come alle mura domestiche. Ma in realtà le nostre case hanno mille volti e mille nomi: sono sensazioni, profumi, ricordi, materiali tra cui ci sentiamo protetti, avvolti, cullati.
Andrea Grotto ha dedicato molta attenzione al tema della casa e in questa sua personale ha deciso di raccontarcela, di condividerla, ricostruendo in un’installazione l’atmosfera del suo mondo in un periodo importante della sua vita: a dicembre scorso è nata sua figlia e il mondo che porta in mostra è la casa del nonno materno, ora la sua dimora, dove vive e lavora insieme alla moglie. Una stratificazione del proprio vissuto a cominciare dai lunghi lavori di ristrutturazione che ha seguito personalmente. L’artista ha partecipato tra l’altro all’inaugurazione della galleria con alcune opere e in questa personale si richiama al suo lavoro di ricamo e pittura, unendo altri elementi.
Il percorso comincia con l’opera Casabase che dà il titolo all’esposizione, un’espressione
che nel baseball indica la piastrella a cui si ritorna dopo aver compiuto un giro di campo e che per Grotto individua lo spazio della galleria in cui l’artista vuole farci entrare, compiere un giro per portarci nel suo mondo.
Qui ci sono cinque generazioni che gli hanno suggerito spunti per le sue creazioni: oggetti di vita quotidiana vengono completamente modificati per caricarsi di simbolo e trasmettere conoscenze, saperi ma soprattutto sentimenti.
L’opera che si incontra una volta varcata la soglia della galleria rappresenta una casa
ideale vista dall’esterno e appoggiata su una parete di cartongesso che diventa una sorta di fil rouge tra i suoi lavori.
Quindi un arazzo, I proprietari del tempo, crea un passaggio ideale all’interno dell’abitazione, un pannello bianco con disegni neri che dal retro è in negativo ricamato con i suoi simboli costanti di astrologia, costellazioni, conchiglie, figure umane e animali.
Al di là di una sorta di diaframma, una serie di tappeti lavorati su cartongesso e olio su intonaco graffiato. A colori come in sogno è una coperta di Missoni che gli è stata regala e che ora ha sul letto, qui rievocata; cosi come Maglione 89 riproduce quello che la sua mamma indossava nel periodo dell’allattamento riportandolo alle origini. Cannaregio 2016 invece rappresenta un tappeto che gli fu regalato dal tappezziere dal quale lavorava a Venezia; mentre A soli vent’anni ricorda un vinile di Rachmaninov che fu regalato al padre quando aveva appunto vent’anni. I giorni più belli raccontano indirettamente la nascita di sua figlia con un particolare del maglione che la moglie indossava il giorno del parto.
Al centro della stanza poi un tavolo con ceramiche, pezzi unici, ispirati ai centrini della nonna che diventano la decorazione di vasi in terracotta e grès, di grande semplicità, con un effetto non finito molto raffinato. Il tavolo è in legno con un lenzuolo che diventa tovaglia: un lenzuolo regalatogli dalla nonna che era stato adagiato per terra sul selciato nel giardino nel periodo dei lavori e che lasciava trasparire i segni della pietra, ora evidenziati con la tecnica del frottage.
L’equilibrio delle posizioni è un’installazione con due sedute e una panca e un focolare al centro che si può realmente accedente, realizzato con un tubo idraulico sul quale ci sono delle incisioni. Le sedute sono realizzate con il legno che il nonno gli aveva regalato e che è avanzato dai lavori di ristrutturazione. Curiose le lastre di zinco acidate e inchiostrate apposte su ognuna di esse che riproducono un setaccio, una bilancia e una meridiana, gli strumenti della conversazione in famiglia, per filtrare quanto detto, bilanciare il dire con l’ascoltare e misurare il tempo che passa. L’ultima opera è un pannello retro-illuminato realizzato a partire dalle sedute in pelle delle sedie della sala consiliare del Comune di Venezia, dove sono raffigurati i suoi simboli con la tecnica nuova dell’incisione. Opera di grande impatto nata da materiale di scarto che l’artista ha scelto di recuperare (e che fino alla fine della mostra è proposta in un’unica soluzione) creando un racconto in strisce verticali.
Chi è Andrea Grotto
Nato a Schio, in provincia di Vicenza, nel 1989, si è diplomato in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Ha partecipato a varie residenze e concorsi in Italia e all’estero tra cui l’Atelier della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, il Combat Prize, la GlogauAir di Berlino, il Premio Fabbri, il Premio Ora e il Premio Michetti.
Pittore e disegnatore, nei suoi quadri l’artista dà voce, con una pittura raffinata e ricercata, a un suo immaginario in bilico tra realtà e sogno.
Raffigurazioni che nel contempo spiazzano e coinvolgono lo spettatore proprio per questo continuo passaggio tra l’essere e il potrebbe essere.
Opere in cui elementi tratti dalla natura come piante, minerali e animali, si mixano con citazioni della statuaria greca, documenti medievali e cosmologici, in un unico flusso di immagini e pensieri.
a cura di Ilaria Guidantoni