Cdp e Chili hanno costituito ufficialmente ITsArt, la Netflix della cultura voluta da Dario Franceschini, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (si veda qui il comunicato stampa).
La società, come anticipato lo scorso nel dicembre 2020 (si veda altro articolo di BeBeez), è partecipata al 51% da Cdp e al 49% da Chili, la piattaforma milanese che distribuisce via internet film e serie tv, lanciata nel 2012 come spin-off di Fastweb e successivamente finanziata da fondi, dalla famiglia Lavazza e da un nutrito gruppo di noti investitori privati, oltre che alcuni big internazionali del settore entertainment. Chili si occuperà di gestire la piattaforma digitale di ITsArt. Quest’ultima sarà poi finanziata anche dal Ministero per i beni, le attività culturali e turismo (Mibact), che ha messo sul piatto 10 milioni.
Attraverso la piattaforma si potrà accedere a un’offerta ampia e diversificata per la visione live e on-demand di concerti e opere teatrali, si potranno effettuare tour virtuali dei principali musei italiani e delle maggiori mostre di interesse pubblico, visitare festival e fiere e scegliere fra un ampio catalogo di film e altri contenuti tematici. L’obiettivo principale di ITsArt è sostenere il settore delle arti visuali e performative, con particolare attenzione alle realtà minori che sono state maggiormente colpite dall’emergenza Covid-19.
Il nome scelto per la piattaforma esprime la proiezione internazionale dell’iniziativa e rimarca lo stretto legame tra il nostro Paese e l’arte. ITsArt nasce infatti da un concetto semplice e immediato che è al cuore del progetto: Italy is art (l’Italia è arte). Il logo evoca l’italianità con un richiamo al tricolore. Il punto davanti a IT, che ricorda l’estensione ‘.it’, indica la proiezione italiana sul web, sottolineando la visione digitale del progetto. ITsArt sarà dunque il nuovo palcoscenico virtuale che consentirà di estendere le platee e promuovere nuovi format per il teatro, l’opera, la musica, il cinema, la danza e ogni forma d’arte, live e on-demand. Una piattaforma con modalità di fruizione innovative per attrarre nuovi pubblici con contenuti disponibili in più lingue. Il lancio di ITsArt è atteso nei primi mesi di quest’anno.
L’idea della Netflix della cultura italiana era stata lanciata dal ministro Dario Franceschini nel maggio 2020 durante una informativa in aula alla Camera, ed era poi stata inserita nel Decreto Rilancio al comma 10 dell’art. 183, che recita: “Al di fine di sostenere la ripresa delle attività culturali, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo realizza una piattaforma digitale per la fruizione del patrimonio culturale e di spettacoli, anche mediante la partecipazione dell’Istituto nazionale di promozione (…) che può coinvolgere altri soggetti pubblici e privati. (…) Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2020“.
Sul tema era tornato lo stesso Franceschini nell’ottobre 2020, in occasione del suo intervento a Next Generation, the Italian Innovation Society, una due giorni di lavori che si è svolta in Talent Garden Ostiense. In quell’occasione Franceschini ha parlato del progetto e del coinvolgimento di Cdp, senza però rivelare il nome di Chili (si veda qui il Corriere Comunicazioni). Franceschini aveva detto: “Durante il lockdown abbiamo verificato quanto l’offerta culturale possa arrivare nelle case delle persone. Lo abbiamo verificato in modo spontaneo e creativo, come spesso succede in Italia, grazie a migliaia di iniziative culturali online, mostre, concerti, spettacoli offerti e arrivati nelle case. Questo movimento spontaneo ci ha ispirato un’idea che abbiamo già finanziato con 10 milioni di euro: si tratta della Netflix della cultura italiana, cioè una piattaforma digitale pubblica, a pagamento, che stiamo costruendo con Cdp, la quale possa offrire a tutta Italia e tutto il mondo l’offerta culturale del nostro Paese“. Nel dicembre 2020 il Mibact aveva diffuso un comunicato stampa in cui esortava l’Unione europea a dotarsi a sua volta di una piattaforma digitale della cultura sulla flasariga di quello che sta facendo l’Italia: “L’Europa intera è il più grande produttore di contenuti culturali. In un contesto sempre più digitale, accelerato dalla pandemia, è venuto il momento di costruire una piattaforma comunitaria che offra la cultura europea on line. Noi l’abbiamo fatto in Italia, finanziando con 10 milioni di euro una piattaforma pubblica che partirà nei prossimi mesi che offrirà tutta la cultura italiana online: prosa, teatro, danza, musica, concerti”.
Chili tv è la piattaforma Internet di streaming di film lanciata nel 2012 come spin-off di Fastweb, gruppo tlc di cui Stefano Parisi (presidente di Chili) era stato amministratore delegato. La società nel gennaio 2020 ha chiuso un ultimo aumento di capitale da 6,4 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez). Il round è stato sottoscritto da Negentropy Sicav (3,4 milioni); Torino 1895 della famiglia Lavazza (1 milione), che nel gennaio 2018 aveva investito 25 milioni di euro per il 25% (si veda altro articolo di BeBeez), Ferruccio Ferrara, presidente di Negentropy Capital Partners (900 mila euro), il fondo Antares Private Equity (446 mila euro), la lussemburghese Capsicum, emanazione del fondo Negentropy (273k euro) e Investinchili, che raggruppa le quote di noti investitori privati (275k euro). Tra i privati più noti, soci di Chili, si contano per esempio Antonio Belloni, direttore generale di Lvmh nonché braccio destro del patron Bernard Arnault; Francesco Trapani, socio in Tages Holding, ex presidente di Clessidra sgr; la famiglia del ceo di Illimity, Corrado Passera; la famiglia Chiarva, ex proprietaria di Stella-Jones Inc. All’aumento di capitale, quindi, non hanno partecipato Brace srl, la holding che a capo a Stefano Parisi e Giorgio Tacchia, che prima dell’aumento aveva il 30% della società, né i soci di minoranza 20th Century Fox, Warner Bros, Viacom-Paramount e Sony Pictures Entertainment. In prospettiva, poi, l’idea dei soci finanziari è disinvestire entro la fine del 2023 per un equity value di almeno 40 milioni di euro.
Nel dicembre 2017 Chili aveva incassato un piccolo aumento di capitale di 385 mila euro e un prestito obbligazionario di una cifra quasi analoga. A entrambe le operazioni aveva aderito il fondo lussemburghese Capsicum, emanazione del fondo Negentropy. Nell’aprile 2016 Chili aveva emesso un minibond da 1,875 milioni di euro, che è stato interamente sottoscritto da Unicredit (si veda altro articolo di BeBeez). Nel marzo 2016, invece, la società aveva emesso un bond convertibile da 3 milioni che era stato sottoscritto per 2,2 milioni dal fondo Negentropy Special Situations, il quale, peraltro, aveva già sottoscritto nel luglio 2014 e nel luglio 2015 due prestiti obbligazionari convertibili per un totale di 2 milioni (si veda altro articolo di BeBeez).