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Panglossina: “Si appalesa magicamente nelle vesti di una fata dai capelli turchini e, come per incanto, la vita di chi la incontra si colora di blu. Mangiando mandorle affumicate, la fatina aleggia sfiorando le sue memorie e, nella parte più intensa del suo racconto, con un sorriso ammiccante, decide di sparire nella sua lampada magica che, da tempo immemore, la accompagna nei suoi viaggi meravigliosi. Le suggestioni dell’oriente si mescolano in ogni sua manifestazione, dal sapore delle spezie, da lei tanto amate, alla sua passione per i segreti e le Ieggende. In ogni luogo da lei scelto, c’è sempre qualcuno pronto ad accoglierla facendo tesoro della sua presenza. I suoi occhi cerulei e trasparenti, catturano il colore del mare e il suo sorriso rasserenante riscalda il cuore di chi ha avuto la fortuna di incontrarla.💎”
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Qui di seguito la nostra conversazione.
Panglossina: Tutti pazzi per la nuova serie de “Le fate ignoranti” in onda su Disney+.
Serra, come hai vissuto questa seconda esperienza della nuova ripresa de “Le Fate ignoranti“?
Serra: L’ho vissuta molto bene. Devo dire che all’inizio ero molto scettica perché pensavo non si dovesse toccare un film cult. Ad un certo punto mi sono detta: “Mah, siamo proprio sicuri di volerlo fare?” Quando Ferzan (Ozpetek) ha ultimato tutto, dalla sceneggiatura al copione, il dubbio mi ha abbandonata e ho capito che sarebbe diventato qualcos’altro. Mi sono resa conto che non avrebbe tolto nulla al film “Le fate ignoranti”, anzi, al contrario, entrambi si sarebbero nutriti l’uno dell’altro. C’è da considerare anche la presenza di un cast stupendo costituito da persone meravigliose e questo ha contribuito molto al successo.
Panglossina: Rispetto alla prima stesura che cosa hai notato di diverso?
Serra: Non siamo più gli stessi evidentemente, in effetti dal primo film ad oggi sono passati 22 anni! Penso però che i nostri valori, il nostro umorismo e la nostra ironia non siano cambiati.
Panglossina: Hai memoria di qualche aneddoto o di qualche episodio in particolare di quando giravate le Fate vent’anni fa?
Serra: Eravamo talmente felici ed entusiasti di lavorare per questo film, che non ci volevamo lasciare neppure quando la giornata era finita. Di domenica andavamo a fare dei brunch tutti insieme, e quello era considerato un momento di grande condivisione anche a livello personale. Ricordo che si trattava di un periodo un po’ agitato per tutti noi, ciononostante, non volevamo che finisse quel momento così felice e gioioso. Devo dire che nessuno di noi poteva immaginare che il film avrebbe poi avuto un successo così grande. Ci siamo divertiti moltissimo durante le riprese.
Panglossina: L’evidente successo della serie televisiva come te lo stai vivendo? Come ti fa sentire?
Serra: Penso che lo stile di Ferzan sia diventato ancora più determinato in questi ultimi vent’anni. Nel suo lavoro è stato affiancato da Gianluca Mazzella, il suo assistente. Ferzan però, essendo uno show runner, ha dato il suo imprinting. Devo riconoscere che Ferzan è sempre vincente essendo, peraltro, diventato anche molto più bravo nella direzione e nel posizionare gli attori nella loro dimensione scenografica.
Panglossina: Dal di fuori tu e Ferzan apparite molto uniti, cosa significa per voi essere entrambi turchi?
Serra: Ci siamo conosciuti nel dicembre del ’97, a Strasburgo, durante una rassegna per il cinema turco. Ferzan era venuto per presentare “ Il bagno turco” e, in quell’occasione, mi parlò di un suo progetto che io non presi minimamente in considerazione. Spesso i registi ti dicono: ”Ah sì, mi piacerebbe lavorare con te!” , come se quella frase fosse una formula di buona educazione e di cordialità, e quindi ritenni di non prenderlo molto sul serio. Ritornò da me nel febbraio del ‘98 con un copione dal quale rimasi molto colpita. In effetti mi chiese di recitare nel film nel ruolo di mia nonna che era una circassa cresciuta nell’harem dell’impero ottomano e ciò mi affascinò tantissimo. Fu questo l’inizio della nostra collaborazione.
Panglossina: Quindi, nel frattempo, siete diventati grandissimi amici vero?
Serra: Certo, c’è un’amicizia duratura e profonda e questo ci fa sentire davvero vicini. Evidentemente l’origine comune gioca il suo ruolo. Ci parliamo in turco, facciamo battute in turco e in italiano divertendoci molto condividendo tantissime cose.
Panglossina: Come ti senti più a tuo agio, interpretando ruoli più leggeri o più seri e impegnativi?
Serra: Non ho nessuna preferenza, adoro tutte le interpretazioni, con una piccola predilezione per i ruoli che si riferiscono a personaggi un po’ più cattivi.
Panglossina: In molti dei tuoi film appari spesso come una donna saggia e in grado di dare consigli, ti riconosci come tale?
Serra: Ecco, mi piace molto “rompere” questa immagine, così come mi piace evitare quelle etichette che, inevitabilmente, ti vengono attribuite perché alla fine tutti vorrebbero che tu facessi la stessa cosa e questo non ti fa piacere. Nel caso delle Fate, mi rendo conto che c’è un tema di fondo da seguire e Serra deve andare in quella direzione. Non sempre mi piace. Alle volte, nelle mie fantasie, vorrei essere scritturata anche per fare un ufficiale nazi (sorride). Ultimamente, in un cammeo per una serie televisiva, ho interpretato il ruolo di una specie di boss mafioso e devo riconoscere di essermi divertita tantissimo.
Panglossina: Riguardandoti dal di fuori e ripensando a tutti questi ruoli, qual è quello al quale ti senti più affezionata? Se tu dovessi scegliere qualcosa di molto rappresentativo di te stessa cosa sceglieresti?
Serra: Mi viene in mente il film turco “Albergo madre patria” che era in gara al Festival di Venezia del 1987. Un film che mi ha dato davvero molto anche come interpretazione.
Panglossina: I prossimi progetti?
Serra: Non se ne parla mai finché non si concretizzano.
Panglossina: Ti è mai capitato nella vita qualcosa a cui non hai saputo dare una spiegazione razionale o che si avvicinasse a un non so che di magico?
Serra: Mi è capitato diverse volte. Ci fu un incontro nei pressi di un tempio greco, (Apollon Smintheus). Accadde prima che si facessero i lavori di restauro del tempio che, devo riconoscere, non mi piacciono per niente. Ero con Yūr, il mio compagno, e abbiamo incontrato Apollo, in realtà fu lui a venirci incontro. Era un pastore che si trovava lì col suo gregge. Rimasi folgorata dalla sua bellezza oltre che dai suoi occhi strepitosi. Ne rimanemmo incantati. Non riusciva a parlare. Ci fermammo con l’auto e lui ci fece capire che voleva una penna. Nell’attimo in cui gli demmo la penna scomparve come per magia. Ricordo che, nonostante non facesse freddo, indossava una pelle di montone, perché era loro usanza indossarla sempre anche per sedersi in terra in mezzo al loro gregge. Quella per me fu davvero un’apparizione magica. Ho poi un bellissimo ricordo anche di quando ero bambina. Ero una bimba abbastanza solitaria e la fantasia mi faceva compagnia. Di notte il mio giardino era pieno di lucciole. Mi piaceva immaginare e convincermi che questi piccoli esserini venissero dallo spazio per dirmi qualcosa e, il solo pensiero che questo potesse avvenire, mi affascinava molto.
Panglossina: Da bimba ti è mai venuto in mente di diventare ciò che sei?
Serra: Sì, ho sognato di essere quello che sono e, come ho sempre detto nelle mie interviste, sono stata una spettatrice assidua prima di diventare attrice per poi immergermi nel mondo dello spettacolo. Un mondo che ho conosciuto quando ero ancora molto giovane e che mi affascinava completamente. A quei tempi mia madre, ogni settimana, mi portava in un teatro dove proiettavano film per bambini. Di domenica mattina, alcuni giovani giornalisti che lavoravano con mio padre, mi accompagnavano al cinema. Ricordo molto bene che nonostante adorassi il cinema, non ho mai veramente sognato di diventare una attrice cinematografica, la mia più grande ispirazione era infatti quella di fare teatro. Quando arrivai a Venezia come attrice protagonista di un film in concorso, provai la strana sensazione di non aver mai immaginato di realizzare tutto questo e ne fui immensamente felice.
Panglossina: Ritornando alla magia, che peso e che importanza ha nella tua vita?
Serra: Penso che la magia ci sia sempre e ovunque. Esiste intorno a noi ed è ovvio che poi ci sono persone più o meno capaci di percepirla. Già la natura in sé è una magia incredibile. Basti pensare a tutti i capolavori che ci regala come il mare, i laghi e gli alberi. Gli alberi poi sono un qualcosa di stupefacente.
Panglossina: Perché gli alberi?
Serra: Gli alberi sono magici, vanno sottoterra con le loro radici formando una rete di comunicazione tra loro. Affettivamente hanno un modo di esistere l’uno accanto all’altro senza mai invadere lo spazio dell’altro. Soltanto l’edera è invasiva e capace di uccidere. Un albero non fa mai questo ad un altro albero. Quando vengono fotografati dal cielo, ci si stupisce che abbiano confini molto precisi. Posseggono, a mio avviso, una forza di esistere che nessuno può sottrarre loro. La loro enormità ed il loro peso, mi fanno immaginare che, dentro ai loro tronchi, ci sia una vita segreta.
Panglossina: Quando poi si parla di effetto Serra…. Il titolo “ Le fate ignoranti” perché?
Serra: Perché Ferzan cercava un quadro che avesse un titolo che potesse diventare anche il titolo del film. Allora decisi di approfondire la ricerca attraverso tutti i libri d’arte che possedevo a casa mia. Ad un certo punto venne fuori un volume che si intitolava “L’artista e la depressione”, e fu in quel libro che trovai raffigurato un quadro di Magritte: “La fata ignorante”. Mi piacque molto e quindi lo sottoposi a Ferzan. Decidemmo di adottarlo anche se il quadro che poi usammo non fu il quadro di Magritte bensì un dipinto di Ferzan che, a sua volta, pensò di trasformare il titolo al plurale “Le fate ignoranti“.
Panglossina: Ferzan dipinge?
Serra: Dipingeva.
Panglossina: Non immaginavo che dietro l’elaborazione di questo titolo ci fosse questa bellissima storia. È stata per me una grande sorpresa.
Serra: Sai, prima d’ora non lo avevo mai detto finché Ferzan, durante una delle sue recenti interviste, ha deciso di raccontarlo e quindi adesso mi diverto a raccontarlo anche io.
Panglossina: Come era descritta, secondo la tua percezione, questa fata ignorante ritratta da Magritte?
Serra: Sono stata sedotta molto più dal titolo che dal quadro in sé. In effetti questo dipinto, a mio avviso, non ha niente di particolare rispetto alle altre opere di questo autore che, di solito, mi piacciono forse molto di più.
Panglossina: Hai una figura femminile che ti ispira particolarmente?
Serra: Cleopatra.
Panglossina: Cosa ti affascina: la sua avvenenza oppure il suo potere?
Serra: Molte cose di lei non le conosciamo. Cleopatra mi è sempre apparsa una donna enigmatica. Mi ha davvero colpito il modo con cui ha scelto di morire. Probabilmente potrebbe non essere stata una scelta ma un obbligo quello di morire attraverso il veleno di un aspide. Naturalmente non lo sapremo mai. Raccontami perché una donna dovrebbe lasciarsi morire così.
Panglossina: Credi nella reincarnazione?
Serra: No. Facciamo parte di un universo e non credo che esista una vita anteriore. Portiamo dentro di noi i segni di altre vite che ci circondano e mi fa piacere pensare che, invece, siamo fatti di polvere di stelle. Amo questa definizione “polvere di stelle”. L’energia muove tutto ed è in grado di determinare molte situazioni. Spesso mi capita di pensare ad una persona che non vedo e che non penso da mesi e, proprio in quel giorno, quella persona mi invia ad esempio un messaggio. Tutto questo mi è capitato innumerevoli volte nella vita e con una quantità di persone inimmaginabile. Si, credo fermamente in uno scambio di energia. Mi diverte tantissimo pensare che, ritornando polvere, potremmo poi far parte di un ciclo in grado di permetterci di entrare nella vita di un altro essere vivente, come un albero ad esempio, oppure una rosa. Se avessi la possibilità di ritornare in vita, mi piacerebbe diventare una peonia. Ritengo sia un fiore bellissimo.
Panglossina: Tipico della sua leggerezza, Serra ci saluta con la attuazione di un rituale praticato in Turchia: “Parti come l’acqua e ritorni come l’acqua”. Mi ha accompagnata sotto casa sua con una piccola brocca. Sono salita in auto e, appena partita, mi ha sorriso gettando dell’acqua dietro di me. L’auspicio è stato quello di rivederci quanto prima. Ed è così che ci siamo lasciate.
a cura di Panglossina