Il primo negozio della Famiglia Cassetti sul Ponte Vecchio, nato nel 1976, non è un punto vendita o meglio non è solo questo; anzi, prima di tutto, è un quadro naturale, con un affaccio singolare sull’Arno. Tre finestre guardano la storia e, come ci ha raccontato Filippo Cassetti, brand nanager dell’azienda, da qui si ha la consapevolezza per un verso che il tempo passa come l’acqua dell’Arno e non siamo noi a poterlo governare nemmeno con un orologio d’eccellenza al polso e per un altro, si acquisisce la responsabilità di conservare la storia.
Vendere alta gioielleria e orologeria in un luogo storico al centro della città dei Medici ha un peso non trascurabile che influenza il modo di stare in un negozio; d’altronde Cassetti ha portato innovazione sul Ponte Vecchio inserendo i brand internazionali e non solo. Nella filosofia Cassetti il negozio non è solo un punto vendita quanto un luogo d’incontro con la clientela, uno spazio di racconto per chi si sente ambasciatore del territorio, non certo guida turistica ma al centro di una stratificazione di un vissuto ricco di aneddoti. Tutti i ponti a Firenze avevano una piccola chiesa e una torre per le gabelle in origine e proprio al civico 52, dove oggi c’è uno dei negozi della famiglia, c’era in epoca medioevale un ospedale di gestione religiosa e poi passato ai Cavalieri dell’Ordine di Malta. Qui resta a testimonianza del tempo un tabernacolo realizzato da Giovanni da San Giovanni, in Valdarno, che raffigura la Madonna con San Giovannino, essendo San Giovanni il protettore dell’Ordine di Malta che è stato restaurato da Cassetti con Vacheron Constantin.
L’idea è che il bello entra a far parte dell’esperienza di acquisto del cliente che potrebbe comprare un marchio internazionale ovunque e la cui scelta è influenzata anche dal servizio, dall’accoglienza. Fondamentale, tiene a precisare Filippo Cassetti, è l’impatto che in questo caso unisce storia, arte e accoglienza: il tabernacolo apre su una galleria che permette al cliente, restando all’esterno del negozio, di prendere un tempo proprio per dare un’occhiata all’antologia presente all’interno in una dimensione protetta. Una sorta di piccolissima piazza coperta che si apre su uno spazio trasparente, con una vetrata a fare da porta, per tuffarsi idealmente in Arno con lo sguardo, in prospettiva. Lo spazio interno poi vive di un dialogo tra interno ed esterno e offre possibilità di esperienze speciali per i clienti, all’interno con incontri nei quali il negozio diventa un mini ristorante personalizzato, all’esterno passeggiando in un percorso fiorentino alla scoperta di luoghi magici. Dal punto di vista dell’offerta lo spazio è un multimarca che presenta i brand di orologeria – IWC, Jaeger Le-Coultre, Cartier, Tudor e Vacheron Constantin (mentre Rolex ha un punto vendita monomarca, e ora anche lo spazio per il secondo polso), e la gioielleria con Chopard, Pomellato, Crivelli e naturalmente la gioielleria Cassetti, sia classica sia su misura del cliente con il disegno di pezzi unici.
La scelta del brand e dell’orologeria in particolare è la certificazione di un punto vendita perché la concessione di marchi che hanno boutique monomarca testimonia la fiducia nella serietà di un’attività; inoltre questo tipo di prodotto attrae clienti internazionali e intercetta in generale una clientela più ampia. La gioielleria sartoriale richiama invece la tradizione orafa fiorentina e crea anche un profitto più interessante, oltre a promuovere l’unicità del nome, sebbene si tratti di un settore attualmente più difficile sia per il cliente che tende sempre più a indossare per gli altri, a seguire la moda e a voler essere riconosciuto e riconoscibile per quello che indossa piuttosto che originale; sia perché la tradizione delle scuole della città si sta assottigliando ricevendo meno interesse da parte dei giovani, sebbene si tratti di un’arte di alto profilo. In effetti la scelta cade spesso sul desiderio di disegnare il gioiello, mettendoci il proprio nome e facendolo produrre da altri, non avendo l’esperienza e la cultura legata soprattutto alle pietre e all’arte di incastonarle.
Purtroppo il gusto cambia molto velocemente e anche nella casa la contemporaneità, più che la modernità, trascinano verso un acquisto che difficilmente è “per sempre”; così spesso si lavora anche su gioielli ereditati dove le pietre sono protagonista ma il modello viene considerato obsoleto. In questo percorso il gioielliere ha un ruolo importante nel rispondere certamente al gusto del cliente, sottolineando però l’importanza del tramandare oggetti.
D’altronde quando Cassetti ha aperto l’attività sul Ponte Vecchio la gioielleria fiorentina era un po’ in crisi nel senso che era ancora legata a un’esposizione e a un’offerta giocata molto sulle catene e collane ‘esibite’ nelle vetrine e appese o messe una accanto all’altra. Il rischio per contro del marchio è l’appiattimento del gusto, dei listini, delle scelte, anche se l’impegno Cassetti è per creare ad esempio espositori personalizzati legati in qualche modo alla città e quindi alla cultura del luogo. In tal caso un brand internazionale acquistato a Firenze non sarà uguale ad acquistarlo altrove, ed evocherà dei ricordi particolari.
Perché il luogo diventi il vero marchio da promuovere e vendere, il gioco di squadra, la politica del buon vicinato sono fondamentali, soprattutto in un momento nel quale nella città dei Medici la BIAF, Biennale dell’Antiquariato e la Florence Art Week, settimana del contemporaneo dialogano tra passato e futuro. La possibilità di fare un gioco di sponda è però un punto dolente per certi aspetti per la famiglia Cassetti, che oggi operativamente è rappresentata in particolare da Grazia Cassetti e il fratello Andrea, zio di Filippo (che ha il nome della famiglia materna per ragioni professionali), e che è invece promotrice del dialogo e della sinergie sul territorio, anche nei percorsi culturali che offre ai propri clienti.
La nostra passeggiata proseguirà dagli uffici, attraversando Borgo San Jacopo per visitare il laboratorio, attraversando il quartiere di passaggio dei pellegrini diretti da Roma e dal sud a Santiago de Compostela con un altro racconto.
a cura di Ilaria Guidantoni