Affermava Felice Casorati: “Di fatto io non ho mai capito il movimento”qui déplace les lignes”, e adoro invece le forme statiche: e poiché la mia pittura nasce – per così dire – dall’interno e mai trova origine dalla mutevole impressione, è ben naturale che queste forme statiche e non le mobili immagini della passione, si ritrovino nelle mie figure … Per questo posso dire che l’architettura del quadro mi interessa più che la sua qualità pittorica in senso stretto … Così non senza motivo, mentre è tendenza generale della pittura contemporanea la ricerca dell’espressione attraverso il colore e il segno, io sento invece piuttosto il valore della forma, dei piani, dei volumi ottenuto per mezzo di un colore tonale non realistico e insomma di quella che può dirsi l’architettura di un quadro, in senso peraltro musicale o lirico e non decorativo e puramente formale”.
Una dichiarazione tanto importante in sé quanto per chi visita la mostra, perché sarà in grado di cogliere le stesse architetture interne ai dipinti, il gioco degli spazi, toni e colori ben equilibrati e coerenti, e nell’insieme la magia che segna la ricerca di Casorati in tutte le sue opere.
Casorati parla della architettura di un quadro in senso musicale, e non a caso, perché la sua prima passione è la musica che lui continua a coltivare per una vita suonando il pianoforte tutte le sere. E non a caso le opere in mostra sono circa sessanta più una ventina di spartiti musicali consunti. Un amore che lo accomuna con il padrone di casa Luigi Magnani ed è la musica la chiave d’ingresso nella Villa dei Capolavori, la «casa della vita» del colto collezionista, storico dell’arte, musicologo, compositore, scrittore Luigi Magnani.
Con un commento personale l’amore per Casorati mi porta a Mamiano di Traversetolo, alla Fondazione Magnani Rocca, in piena campagna parmense, circondata da un bellissimo parco abitato da sontuosi pavoni il cui grido mi accompagna nella visita.
In questa antologica, ricca e completa, c’è tutto Casorati in un preciso percorso cronologico, dagli esordi alla maturità, che evidenzia la continuità di ispirazione, i temi e i generi ricorrenti. La musica, richiamata nel titolo, si ripresenta nelle opere come in una grande sinfonia che fa da sfondo all’arte sorvegliata, costruita, teatrale del Maestro.
Il percorso ripropone alcune tele indimenticabili dell’altra grande retrospettiva tenuta in Piemonte ad Alba, presso la Fondazione Ferrero nel 2015, e ancora alcuni quadri esposti in quell’altra mostra magica quanto il tutolo stesso – “Realismo magico” – organizzata a Milano nel 2021 (Silvana Cenni, Le Signorine, Meriggio, Concerto, Conversazione Platonica …)
In tutte le sue opere permane una matrice stilistica in sintonia con il motto Numerus, Mensura, Pondus che Casorati trae dal Libro della Sapienza di Salomone, facendone l’insegna della propria arte.
Suddivisa in sette capitoli la mostra si apre con le opere chiave, con una cultura visiva sofisticata e pacata, come Ritratto della sorella Elvira, che segna il debutto alla VII Biennale di Venezia nel 1907, Le Vecchie esposte alla Biennale del 1909, e Le ereditiere, esposto alla IX Biennale nel 1910, la cui acconciatura è ispirata a una menina di Velazquez. L’equilibrio della composizione e del colore coinvolge sempre anche la postura dei personaggi
Diversa è l’atmosfera del capolavoro Le signorine, esposto alla Biennale di Venezia del 1912, che denota una svolta nella sua pittura, vive ormai a Verona dal 1911, per i colori chiari e luminosi mentre le fronde di un cedro del Libano fanno da sfondo alle quattro donne vestite con abiti contemporanei, i cui nomi sono rivelati da cartigli posti ai loro piedi: Dolores il cui nome ispira sofferenza, la malinconica Violante, la virginea Bianca l’unica a esser nuda, e la serena e sorridente Gioconda.
Questa grande tela, acquistata dal Comune di Venezia, assai diversa dalle precedenti, raffigura un linguaggio di ispirazione simbolista forse maturato dal confronto con la pittura di Klimt.
Dopo la guerra e la morte del padre l’artista va a vivere a Torino nel 1919 e presenterà le sue opere in varie Esposizioni, tra queste Anna Maria De Lisi, una donna seduta al centro di uno studio, lo studio del pittore, luogo mentale e geometrico che si ritrova ancora in una serie di quadri del 1921 – Le due sorelle, Fanciulla col linoleum, Maschere – quando il richiamo del ritorno all’ordine porta nell’arte europea una nuova classicità e Casorati con le sue opere sarà uno dei massimi interpreti.
Si viene così proiettati in un’atmosfera sospesa e silenziosa, pervasa da misura, ordine, malinconia e mistero, in un teatro di infinite varianti intese come incessante studio e ricerca. Nel celebre dipinto Silvana Cenni [1922], ascetica vestale con la sua posa ieratica e frontale, ed esplicito omaggio a Piero della Francesca, ogni cosa è immobile e silenziosa e ogni dettaglio realistico, è come un fermo immagine che si traduce in straniamento.
La relazione tra pittura e musica è resa evidente in una serie di importanti dipinti in mostra come Concerto dove non vi è narrazione ma si esprime l’apoteosi della idea di pittura nella rappresentazione delle figure femminili. Figure dalle quali traspare solitudine e incomunicabilità. Il Concerto non ha luogo all’aperto ma nello studio dove c’è armonia e silenzio. Altrettanto complesso è il dipinto Beethoven esposto alla Biennale del 1928 e conservato al Mart di Rovereto, che pare esprimere attraverso gli occhi della bambina l’assoluto, mentre chi guarda entra nel quadro, spazio metafisico dello studio.
E’ l’ordine tra figure e spazio a realizzare quella musicalità intrinseca degli elementi stessi, è una accurata geometria spaziale l’essenza musicale della pittura di Casorati.
La sua essenza sta in quel sentimento dello spazio che Piero Gobetti sembra avesse individuato nel pittore: la musica arte del tempo, la pittura arte dello spazio.
I disegni preparatori del Maestro – come Disegno per Concerto – sono una vera e propria gestazione pittorica, un lento processo di studio delle figure. Alcuni suoi disegni, come commenta uno storico d’arte Guido Lodovico Luzzatto, fanno pensare a una creazione compiuta e solida, a un quadro in bianco e grigio piuttosto che a un disegno.
La relazione ideale tra Casorati e Magnani prosegue articolandosi anche intorno all’amicizia con Alfredo Casella, maestro di composizione di Magnani a Roma e collezionista di importanti opere casoratiane, tra queste Conversazione Platonica (1925), e lui stesso ritratto da Casorati nel 1926. E a questo proposito alcuni amici commentavano “Con la pittura di Casorati e la musica di Casella ci pareva che finalmente venisse alla luce quell’altra anima della città, quella che noi sentivamo assai più nostra e più vera: l’anima di Torino europea e moderna”. La musica, dunque, in Casorati, è consuetudine dell’esistenza e, insieme, segreta identità e matrice stilistica, e ben si sposa con il suo motto Numerus, Mensura, Pondus.
Sul finire della Mostra compaiono le nature morte: le uova, le mele, i libri, il giornale, tema dominante nella poetica di Casorati e, in quanto motivo di studio, sono al centro di una rete di collegamenti tra un quadro e l’altro, mentre l’atmosfera resta sempre assorta e silenziosa.
Le Sorelle Pontorno, presentato alla Biennale del 1938, guadagna a Casorati il Premio di Pittura. Sono cinque figure femminili e un neonato attaccato al seno della madre.
E’ un cerchio dove le figure vivono in una atmosfera ovattata in una dimensione metafisica.
Lungo il percorso espositivo sono presenti nelle bacheche i libri, le acqueforti e le litografie che offrono uno scorcio sulle attività di illustratore di Casorati in un arco di tempo che va dal 1910 alla fine degli anni Cinquanta. Parimenti è evidente la sua intensa attività anche come scenografo teatrale che viene documentata in mostra da un corpus di bozzetti e figurini della Fondazione Teatro alla Scala di Milano.
Ancora una parola sulla lezione impartita da Cezanne che Casorati condivideva con Magnani. Lo vede e lo scopre per la prima volta a Venezia nel 1920, comprendendo la lezione costruttiva di Cézanne e vedendolo come colui che aveva capito l’essenziale ed era andato oltre l’Impressionismo realizzando quel che non avevano potuto gli Impressionisti. Vi era in Casorati il desiderio di cercare la classicità, raffigurando scenari immobili e silenziosi, immersi in una dimensione misteriosa; rilesse la lezione di Cézanne, ma, insieme, fu anche fortemente interessato all’esperienza della metafisica.
Ancor prima di dipingere Le uova sul cassettone, 1920, simbolo di una sua personale adesione al messaggio di Cézanne, è interessato allo sguardo dell’artista francese verso l’oggetto, da lui accentuato in senso metafisico. L’uovo è simbolo e figura assoluta, e può racchiudere l’idea della vita ma è figura tanto astratta da suggerire una perfezione che non è di questo mondo.
Si può notare in Casorati l’influenza del maestro francese per la semplicità delle composizioni e per un’arte tendenzialmente geometrica: “Per la prima volta vidi alla Biennale alcune opere di Cézanne che conoscevo solo in riproduzione o nella banale e falsata manipolazione dei numerosi, facili imitatori. Tutta la grandezza del maestro di Aix mi si manifestò improvvisa … l’emozione che ne provai fu enorme e non fu un’emozione di sbalordimento o di stupore, che anzi mi sentii preso da quel senso di calma, di fermezza di equilibrio, che solo le opere dei grandi possono comunicare”. (Stefano Roffi)
Felice Casorati
La mostra antologica è organizzata dalla Fondazione Magnani-Rocca
in collaborazione con il Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
via Fondazione Magnani-Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma).
Fino al 2 luglio 2023
A cura di Giorgina Bertolino, Daniela Ferrari, Stefano Roffi
a cura di Daniela di Monaco