A Rimini il primo museo diffuso dedicato a Fellini, non alla memoria, ma alla restituzione dell’immediatezza, come la chiamava il Maestro. Alla presentazione all’interno del Castello Sismondo il sindaco Andrea Gnassi che ha fortemente voluto il progetto, per i 100 anni dalla nascita del regista, celebrati in silenzio a causa della pandemia, nel 2020, ha evidenziato come la città dopo dieci anni di decadenza riparta proprio dal potere dell’immaginazione – “Nulla si sa, tutto si immagina” come si dice ne La Voce della Luna, del 1990 – e dal sogno, da quanto è più lontano dalla dimensione materiale. Il simbolo del progetto è un rinoceronte anzi una
rinocerontessa che richiama il finale de La Nave va: l’immagine è un segno della dimensione onirica, della forza creativa che Fellini metteva nei suoi film. Il Museo non è quindi un sacrario ma un luogo aperto di incontro e di condivisione interattiva – per cui lo spettatore possa diventare uno ‘spect-autore’ – che si articola su tre assi: il Castello, la rocca del Quattrocento al cui progetto contribuì Filippo Brunelleschi, che richiama il Rinascimento dei Malatesta e l’apertura alle connessioni con altri luoghi di cultura italiani, da Milano, a Mantova, a Ferrara, fino ad Urbino (le parentele disegnano una rete
storica); l’edificio dell’ex Cinema Fulgor, un edificio di origine settecentesca, dove Fellini ha visto i suoi primi film – che sarà pronto a settembre – che diventerà un centro di archivio, documentazione e laboratorio; e la Piazza Malatesta con il teatro Galli, recuperato grazie ad una ricostruzione filologica. La piazza nella sua circolarità, esaltata dal progetto, con un filo d’acqua, che ha aperto lo spazio soprattutto ai bambini e al gioco, rinviando al simbolo del cerchio e del circo così caro a Fellini, in un rimando ad alcune scene di film. L’idea è proprio di ricucire le ferite all’interno della città per creare un percorso continuo che coinvolga ad esempio anche il PART, Museo di arte contemporanea nell’antico Palazzo del Podestà e del quale è stato inaugurato il giardino, tra l’altro spazio splendido con un’esposizione scelta per nulla scontata. Questo progetto, complesso, è “il simbolo della rottura delle frequenze”, ha sottolineato il sindaco, dove le frequenze son l’abitudine alla bruttezza e al consumismo che hanno degradato una città ricca di storia. L’obiettivo è restituire il diritto alla bellezza con uno spazio di creatività – inserito dal Ministero della Cultura tra i grandi progetti nazionali dei beni culturali, sarà presentato dal Ministro della Cultura Dario Franceschini in occasione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia martedì 31 agosto 2021, al Lido di Venezia – nel segno della visionarietà felliniana, del cinema, del rapporto con le arti, in dialogo permanente tra innovazione e tradizione. L’idea è in linea con lo stile del regista che rivoluzionò il linguaggio e l’impiego della tecnologia per raccontare delle storie. Il Fellini Museum intende esaltare l’eredità culturale felliniana con un impianto di grandi proporzioni nello stile del gigantismo del regista: 33 proiettori e 5 ore e mezzo di girato, con un processo immersivo di notevole suggestione forse anche per il contenitore, un edificio storico simbolo, anche perché il progetto è parte di una più ampia azione di rinnovamento infrastrutturale e di valorizzazione del patrimonio culturale e architettonico della città e del suo centro storico, che ha visto in precedenza, come accennato, altre realizzazioni importanti come il restauro del Teatro Galli, il PART – Palazzi dell’Arte di Rimini e porta a compimento una strategia complessiva di valorizzazione della città che ne sta ridisegnando l’immagine e il futuro.
All’interno dell’Area Isotta, è allestita la mostra Nel mondo di Tonino Guerra, fino al gennaio 2022, per entrare nel mondo articolato di un amico e collaboratore di Fellini: poeta, artista e anche artigiano delle arti. Il Comune di Rimini ha affidato a Studio Azzurro la direzione artistica e l’ideazione del progetto multimediale immersivo di forte valenza partecipativa per il visitatore; all’architetto Orazio Carpenzano e allo Studio Tommaso Pallaria il progetto architettonico e l’intero allestimento di Castel Sismondo e del Palazzo del Fulgor. Entrambi fanno parte del raggruppamento di aziende, rappresentate da Lumière & Co., vincitrici del bando internazionale. Il Museo Fellini è a cura di Marco Bertozzi e Anna Villari. Il Fellini Museum è realizzato grazie alla partecipazione di quasi tutti i produttori dei film di Fellini e degli attuali titolari dei diritti di sfruttamento: da RTI – Gruppo Mediaset a Titanus, da Pea Films Inc a Cristaldi Film, da Rai Cinema a Istituto Luce / Cinecittà, da Gaumont a Lyric Productions a Compagnia Leone Cinematografica, nonché grazie al coinvolgimento dei principali archivi audiovisivi nazionali: dalle Teche Rai all’Archivio storico dell’Istituto Luce, dalla Fondation Fellini pour le Cinèma di Sion all’associazione Tonino Guerra, dall’archivio storico Barilla all’Archivio nazionale del Cinema di impresa e all’archivio fotografico della Fondazione Centro sperimentale di Cinematografia, dalla Fondazione Cineteca di Bologna a Cinemazero di Pordenone, da Reporters Associati & Archivi all’Associazione culturale Mimmo Cattarinich all’archivio Maraldi. Tutta l’identità visiva e la grafica del Fellini Museum è realizzata da Studio FM di Milano. Partner del progetto, che ha ottenuto il patrocinio della Rai, sono Visit Romagna e APT Servizi Emilia-Romagna con Hera Servizi Gold sponsor. All’interno del Castello il percorso si snoda nella rievocazione dei film con una dimensione giocosa e in parte di ricostruzione che unisce la figura del regista e quindi l’atmosfera del set e della finzione a quella dell’uomo con l’angolo libreria che racconta la passione di Fellini per i libri e alcuni scrittori importanti; come la stanza della musica. Importante la collaborazione con Nino Rota da Lo sceicco bianco del 1952 fino al 1979, un sodalizio fraterno e una simbiosi senza precedenti nella storia del cinema. Fellini ne adorava la libertà emotiva, un percorso poi raccolto da Luis Enriquez Bacalov, Gianfranco Plenizio e Nicola Piovani. Una sala è dedicata ai costumi di Danilo Donati per Casanova. L’esposizione mette altresì in luce il rapporto critico con i media e la pubblicità perché crea un’interruzione emotiva con il suo ingresso, tema raccolto anche nei suoi film con il suo stile tipico, l’aspetto onirico e surreale: un cartellone pubblicitario che si materializza o l’intervento della luna stessa che annuncia “Pubblicità” ne La voce della luna. Essenziale anche il rapporto con la città e il territorio che il Museo nella sua stessa progettazione cerca di riproporre senza che il rapporto sia una relazione chiusa, celebrativa. Fellini ha fatto un grande uso della tecnologia, ad esempio della fotografia raccontandone anche l’impatto con la celebre figura del ‘paparazzo’ che con le sue pellicole ha in qualche modo inventato e poi consacrato. A dispetto di alcune polemiche che hanno accompagnato l’apertura del Museo, la sua realizzazione si intreccia con la città e con la voglia di reinterpretarne la storia, romana prima, rinascimentale poi, della guerra infine, anche se in modo fantasioso; così come Fellini attraverso i suoi film ha fatto nel dipingere la società italiana nel suo cambiamento. Certamente l’esposizione è anche un’occasione per rivedere o scoprire e approfondire la cinematografia felliniana anche se l’intento primario non è didattico ma emozionale. La mostra dedicata a Tonino Guerra, nato nel 1920, a cura di Luca Cesari, è un estratto del Museo ospitato a Santarcangelo di Romagna che testimonia il terzo tempo della vita e dell’attività del poeta, artista e sceneggiatore, contrassegnato dal ritorno nei luoghi dell’infanzia, con la scoperta della montagna e degli antichi mestieri, in particolare con la ceramica. L’esposizione restituisce la varietà e la complessità del mondo del poeta e sceneggiatore romagnolo che per lunghi anni lavorò al fianco di Fellini e prende avvio dal Natale del 1986 – in occasione proprio di un soggiorno a Santarcangelo – e termine nell’estate del 1987. L’esposizione presenta le ‘lucciole di bellezza’, raccolta di quadri, libri e oggetti ideati dal maestro con attenzione e una cura molto forte per l’artigianato. All’ingresso le Lanterne di Tolstoj, sculture in ferro ideate per ricordare lo scrittore russo e realizzate dal fabbro Aurelio Brunelli; ceramiche, formelle e piatti, realizzati da Luciana Romanelli, le onde, bozzetti di tappeti di Torre di Bascio, i vasi per un fiore soltanto, ultima creazione di Tonino Guerra nell’inverno del 2012; e ancora le sette sculture orientali che il maestro sosteneva gli ricordassero la sua Russia anche a Pennabili quando guardava la vallata; e poi ci sono gli anatroni, grandi ceramiche con forme di animali fantastici la cui ispirazione gli venne ammirando una vetrina a Parigi; o ancora le scatole che contengono tutto e sono sempre più vuote; ma anche collage, arazzi e tele stampate, oltre l’opera letteraria in mostra.
a cura di Ilaria Guidantoni
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