
In sala da giovedì 2 marzo L’uomo che disegnò Dio con Franco Nero, Stefania Rocca e Kevin Spacey, distribuito da L’Altrofilm; lungometraggio drammatico diretto da Franco Nero. Il regista per la seconda volta dietro la macchina da presa, ricopre anche il ruolo di protagonista, interpretando un anziano insegnante di ritrattistica non vedente. Il film è stato interamente realizzato per 5 settimane a Torino, tra maggio e luglio 2021, con il contributo del POR FESR Piemonte 2014-2020 – Azione III.3c.1.2 – bando “Piemonte Film TV Fund” e con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte. Prodotto da Louis Nero per L’Altrofilm insieme al produttore americano Michael Tadross JR, Bernard Salzman e al russo Alexander Nistratov con le case di produzione Tadross Media Group e BullDog Brothers, in collaborazione con Rai Cinema. Il film – realizzato con il sostegno e il contributo del Ministero della Cultura – vanta nel cast principale Stefania Rocca, Wehazit Efrem Abraham, Isabel Ciammaglichella, Diana

Dell’Erba e Vittorio Boscolo, nonché i Premi Oscar Kevin Spacey e Faye Dunaway, insieme a Robert Davi e Massimo Ranieri. Emanuele è un anziano, solitario e cieco, con un grande dono: la capacità di ritrarre chiunque semplicemente udendone la voce. Nessuno conosce questa “magia”, tranne la sua assistente sociale Pola e gli studenti della scuola serale dove insegna ritrattistica a carboncino. La sua vita viene sconvolta quando Pola gli presenta due immigrate africane di cui all’inizio non vuole saperne: Maria, una vedova che è venuta in Italia sperando in un futuro migliore, e sua figlia Iaia. Le due si trasferiscono da lui occupandosi in cambio della casa. Una sera, Iaia registra l’anziano mentre sta disegnando un suo ritratto e carica il video online. La “magia” diventa virale in brevissimo tempo. Emanuele viene notato dal “Talent Circus”, uno show televisivo che scopre straordinari talenti che sfrutta per audience. Una favola sulla necessità di riscoprire il miracoloso potere della dignità in un mondo dove il rumore

dei media ha risolto il problema dell’imperfezione dell’uomo semplicemente eliminando il problema stesso. Ispirato a una storia vera, il soggetto del film è di Eugenio Masciari e la sceneggiatura, a sei mani, è a cura dello stesso regista con Eugenio Masciari e Lorenzo De Luca.
Louis Nero, l’americano Zeno Pisani, Michael Tadross, Bernard Salzman e Alexandre Nistatrov sono i produttori esecutivi.
Se è vero che ci sono tutti gli ingredienti di un film che potrebbe risultare retorico,
con il protagonista burbero, incattivito nei confronti della vita, che detesta il pietismo e fa di tutto per non essere amato, fino alle peripezie e al ‘lieto fine’, la bravura magistrale di Franco nero e i dialoghi, riscattano il soggetto, rendendolo un piccolo gioiello. Sì forse c’è un tono moralistico ma vale la pena riflettere sul buio e sul silenzio allontanando le luci della ribalta: lustrini e fama evanescente, iperconnessione, brusio di voci e finti ammiratori per cercare la voce, quella autentica, la parola interiore. La vista del protagonista, la visione interiore, l’idea platonica, si origina in questi singolari ritratti dalla voce delle persone che ascolta. In effetti la voce è un ponte tra corpo e anima e la persona viene proprio da personare, risuonare. La voce è come un’impronta digitale che svela dettagli essenziali solo a chi è attento, a chi sa ascoltare e non solo sentire, perché ascoltare è accogliere. Se il protagonista si definisce un pessimo ebreo in realtà ha colto l’essenza della sua cultura, la dimensione spirituale dell’ascolto, del restare in ascolto, in attesa con tutta l’umiltà e l’esercizio della pazienza che questo atteggiamento comporta. Ecco perché è possibile perfino disegnare Dio, che essendo pura luce, lascia il foglio bianco ma non vuoto.
a cura di Ilaria Guidantoni