Dal 14 al 16 aprile 2023 torna Miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano giunta alla 27a edizione, e ‘l’arte per tutti’. Con 169 gallerie provenienti – un incremento a doppia cifra rispetto al 2022 – da 27 Paesi quest’edizione della fiera– diretta per il terzo anno da Nicola Ricciardi – rafforza le presenze internazionali, quasi il 40% delle presenze, dal Giappone, alla Corea, al Brasile, agli Stati Uniti, e al tempo stesso consolida il legame con le principali realtà italiane grazie anche ad una prestigiosa lista di direttori e curatori di musei dall’alto profilo.
Crescendo è la parola d’ordine dell’edizione, a sottolineare lo sviluppo riscontrato nel corso dei due precedenti anni, dopo Smantellato silenzio del 2021 e Primo movimento nel 2022 che evidenziano la volontà in chiave musicale di recuperare un dialogo tra pubbliche istituzioni e gallerie, fiera e pubblico con un rilancio della comunicazione nonché il desiderio di proseguire verso una traiettoria ascensionale oltre il 2023.
Nel linguaggio tecnico, l’espressione “Crescendo” si riferisce a un’indicazione dinamica musicale che prevede l’aumento graduale dell’intensità del suono. In relazione alla fiera questo termine indica la crescita di partecipazione e di pubblico riscontrata nelle precedenti due edizioni e il desiderio di continuare questa traiettoria ascensionale oltre il 2023. E Crescendo allude anche alla tutela e allo sviluppo della biodiversità, alla cura dell’ambiente e delle sue risorse in riferimento al ruolo svolto da Miart nella Gallery Climate Coalition Italia e al suo impegno, sempre crescente, nel favorire pratiche più sostenibili e a minor impatto ambientale. Tre interpretazioni di Crescendo dunque – in relazione al suono, art & sound; alle persone, art & bodies; alla cura dell’ecosistema, art & earth – l’espediente narrativo per raccontare, le opere di alcuni degli artisti.
La fiera vuole essere spazio di confronto e dialogo tra generazioni, luogo di scoperta e riscoperta di pratiche e linguaggi, ma soprattutto occasione eccezionale per coltivare la cultura e conoscere l’arte e la storia dell’arte.
Miart 2023 conferma la distribuzione degli spazi in tre sezioni rispettivamente Emergent, la sezione a cura di Attilia Fattori Franchini dedicata a 26 giovani gallerie per dare risalto alla ricerca delle più recenti generazioni di galleristi e artisti; Established, la sezione principale che ospita 133 gallerie che espongono opere della più stretta contemporaneità assieme a quelle dedicate all’arte del XX secolo, non tralasciando quelle attive nel settore del design da collezione e d’autore; e Decades, a completare il percorso, la sezione a cura di Alberto Salvadori che esplora la storia del secolo scorso attraverso 10 progetti monografici dagli Anni Dieci del Novecento agli Anni Dieci del Duemila.
L’allestimento e le scelte curatoriali rendono la mostra è fruibile e nonostante la ricchezza delle proposte, ariosa, con una buona organizzazione degli spazi e proposte originali, sia per l’ingresso di nuove gallerie sia per come ampiezza nella ricerca di autori anche importanti al di fuori dei soliti noti, evitando quella prova muscolare che aveva rischiato qualche edizione fa la manifestazione milanese.
Tra gli higlights della prima sezione Galerie Lelong & Co. (Parigi, New York) che propone una combinazione di artisti provenienti da diversi contesti il cui cuore pulsante è rappresentato da tre artiste di generazioni diverse ma tutte con un forte legame con il Libano – Etel Andnan (Libano, 1925) recentemente scomparsa, la sua compagna Simone Fattal (Siria, 1942) e la giovane Christine Safa (Francia, 1994); Mai 36 Galerie (Zurigo) e Magazzino (Roma) propongono uno show congiunto dedicato al lavoro di Pedro Cabrita Reies (Portogallo, 1956), senza tralasciare però alcuni dei rispettivi artisti rappresentati come Irma Blank
(Germania, 1934), Luigi Ghirri (Italia,1943), Matt Mullican (California, 1951) e Massimo Bartolini (Italia, 1962); C L E A R I N G (Bruxelles, New York, Los Angeles) mette in dialogo Javier Barrios (Messico, 1989), la cui pratica socio-politica esamina il rapporto delle grandi strutture della società con gli elementi minuti delle nostre vite, con Koenraad Dedobbeleer (Belgio, 1975), che crea sculture e opere ricche di associazioni e per la fiera presenta un progetto realizzato in vetro di Murano; Kaufmann Repetto (Milano, New York), coerente con i suoi venti anni di attività, propone un group show per costruire un ponte tra l’arte contemporanea italiana e quella straniera: tra le opere di Adrian Paci (Albania, 1969), Anthea Hamilton (Regno Unito, 1978), Andrea Bowers (Ohio, 1965), Gianni Caravaggio (Italia, 1968), Latifa Echakhch (Marocco, 1974), Lily van der Stokker (Paesi Bassi, 1954), Pierpaolo Campanini (Italia, 1964), Pae White (California, 1963) non manca un’attenzione particolare alle artiste donne e al loro attivismo che la galleria sostiene.
Sono molte, nella sezione Established, le gallerie che propongono solo show tra cui Ciaccia Levi (Parigi, Milano) porta nel suo stand l’analisi della storia americana con la personale di Sean Townley (Colorado, 1983); Kendall Koppe (Glasgow) mette in mostra le opere intricate e provocanti di Miguel Cardenas (Colombia, 1934); nel booth di Andrew Kreps Gallery (New York) i dipinti di Bendt Eyckermans (Anversa, 1996) suggeriscono una narrazione oltre i confini delle opere stesse; MISAKO&ROSEN (Tokyo) propone al pubblico milanese le opere pittoriche su piccola scala della giapponese Yui Yaegashi (Giappone, 1985); Chris Sharp Gallery (Los Angeles) porta in scena la ricerca pittorica di Alexandra Barth (Slovacchia, 1989). E anche la fiorentina Il Ponte che ha scelto le opere in cortèn di Mauro Staccioli, materiale che lavora a partire dagli anni Novanta e che in mostra è con opere dei primi anni Duemila; mentre nella fiera di Bruxelles la prossima settimana la galleria ha scelto le opere in cemento dello stesso autore della metà degli anni Settanta.
Non mancano solo show che lasciano spazio a pratiche e linguaggi tipici del contemporaneo: Balcony Gallery (Lisbona) mette in scena la quotidianità di Tiago Alexandre (1988); FOUNDRY SEOUL (Seoul) espone i ricordi frammentati di Sang A Han (1985); sfumano i confini tra prodotto commerciale, reliquia architettonica e produzione artistica nelle sculture di Zuzanna Czebatul (1986) da sans titre (Parigi); un corpus di opere fotografiche inedite di Margherita Moscardini (1981) occupa lo spazio di Gian Marco Casini Gallery (Livorno).
Sperimentare, fare ricerca, valorizzare la scena contemporanea: sono questi gli intenti che animano la sezione Emergent, curata per il sesto anno consecutivo da Attilia Fattori Franchini, dedicata alle giovani gallerie che si presenta come un vero e proprio laboratorio di ricerca capace di dare valore ad artisti e gallerie in ascesa e a pratiche innovative nei linguaggi e nelle esperienze e che ha dimostrato già nelle precedenti edizioni di richiamare molta attenzione.
Anche quest’anno si è scelto di posizionare la sezione all’inizio del percorso espositivo per dare risalto alla ricerca e all’innovazione delle nuove generazioni presentata dalle 26 gallerie selezionate (di cui 18 provenienti dall’estero – dagli Stati Uniti alla Korea del Sud, dal Brasile al Regno Unito – per un totale di 12 paesi partecipanti oltre l’Italia).
Notevole la presenza di giovani realtà cittadine, con 6 gallerie milanesi su 8 italiane, a sottolineare la volontà della fiera di stringere il legame con la città e valorizzarne la creatività, così come è significativa la presenza di artisti italiani sostenuti da gallerie straniere. Il legame con la città rafforzato anche dagli eventi della Design Week e in particolare dalle attività della Triennale mostra l’intimità tra la fiera e la città di Milano.
Tra gli stand della sezione si percepisce una forte attenzione alla presentazione dei progetti artistici affiancata a una varietà di linguaggi esplorati: accanto a un importante ritorno della scultura e alla presenza di installazioni e fotografia, continua a essere preponderante la presenza della pittura. Una pittura nuova, mai scontata, tanto figurativa quanto astratta, capace di affrontare temi attuali come il corpo, l’universo femminile, l’ecologia, la trasformazione urbana, il capitalismo.
L’orientamento al dialogo e al confronto si concretizza, anche nel 2023, con la possibilità data alle gallerie di condividere stand e progetti: un incentivo creato nel 2021 per favorire la collaborazione tra giovani gallerie, sostenerle finanziariamente e creare inedite sinergie.
È il caso di Ginny on Frederick e South Parade, londinesi, che per la loro prima partecipazione mettono al centro la figura femminile facendo dialogare le sculture di Guendalina Cerruti (1992) con i dipinti di Ellie Pratt (1991); prima partecipazione anche per le viennesi City Galerie e Shore che generano un forte dialogo tra le opere di Zoë Field (1990) e Dan Vogt (1989); da Milano le new entry le vite e zazà, che con sei artisti costruiscono uno scambio tra culture e generazioni: Isabella Costabile (1991), Marco Conoci (1991) e Morgan O’Hara (1941) da una parte, Alessandro di Pietro (1986), Paul Levack (1992) e Betty Bee (1963) dall’altra. La viennese Felix Gaudlitz e Von ammon co da Washington DC si incontrano a Miart con le opere di Jenna Bliss (1984) e Nikhil Vetukatil (1990) affiancate a quelle di Alex Bag (1969) e Tony Hope (1989).
Caratteristica comune a molte gallerie della sezione sono i progetti di mostre collettive o duo: confronto multi-generazionale e multi-nazionale per il nuovo ingresso di Efremidis (Berlino), che porta nello stand la tedesca Hannah Sophie Dunkelberg (1987) il texano Tom Holmes (1979) e la sud coreana Oh Sufan (1946); Martina Simeti (Milano) propone un booth installativo con opere di Alek O. (1981), Costanza Candeloro (1990), Soshiro Matsubara (1980) e Gaia Vincensini (1992); A.ROMY (Zurigo) mette a confronto la pittura figurativa di Zoe de Soumagnat (1987) con la scultura di Maya Hottarek (1990); ArtNoble gallery (Milano) presenta un dialogo tra le pratiche multi-disciplinari di Giovanni Chiamenti (1992) e Giulia Mangoni (1991); il confronto tra la pittura espressiva di Isadora Vogt (1992) e l’eclettismo del collettivo MRZB – Andrea Parenti (1992), Désirée Nakouzi De Monte (1994), Filippo Tocchi (1991), Pietro Cortona (1990) – fatto di assemblaggi polifonici si accende nello stand di Baleno International (Roma) alla sua prima partecipazione; Fanta-MLN (Milano) fa dialogare la pratica multidisciplinare di Angharad Williams (1986) con quella scultorea di Lorenza Longhi (1991); Darren Flook (Londra) espone la pittura di Marcus Cope (1980) e la scultura di Eloise Hawser (1985); il lettering e la parola utilizzati da Stefano Calligaro (1976) e Josep Maynou (1980) danno vita a uno storytelling nello stand di UNA (Piacenza).
In una fiera la cui credibilità all’interno del sistema dell’arte italiano e internazionale è in continua crescita, la sezione Emergent si conferma come palestra per l’affermazione e il consolidamento delle giovani generazioni di gallerie e artisti.
A dimostrarlo il passaggio compiuto da ben quattro gallerie – Gaep (Bucharest), Gilda Lavia (Roma), LC Queisser (Tbilisi) e ERMES ERMES (Roma) – che da Emergent espongono nella main section.
L’abbraccio temporale di Established, che accoglie moderno e contemporaneo, sottolinea la centralità di Miart che in Italia presenta la più ampia offerta cronologica e che si pone come una delle principali piattaforme per l’arte nel sistema globale.
Si parte con lo stand di Società di Belle Arti (Viareggio – Milano – Cortina D’Ampezzo) e una panoramica dedicata alle più rilevanti tendenze figurative del primo decennio del Novecento con opere di Oscar Ghiglia, Llewelyn Lloyd e Moses Levy; per entrare negli gli Anni Venti con ED Gallery (Piacenza) che propone un’esposizione dedicata a Giò Ponti e Richard Ginori: due grandi nomi del design italiano presentati attraverso opere in ceramica tanto importanti quanto rare.
Le sculture e i disegni di Regina Cassolo Bracchi – prima scultrice dell’avanguardia italiana – sono protagonisti dello stand di Studio Dabbeni (Lugano) dedicato agli Anni Trenta, mentre per i Quaranta la Galleria Gomiero (Montegrotto Terme) presenta bozzetti di sculture per monumenti di artisti come Fortunato Depero, Antonio Maraini e Adolfo Wildt.
Voce unica e radicale del design e dell’architettura d’interni francese, Charlotte Perriand rappresenta gli Anni Cinquanta nel booth di M77 (Milano) in cui vengono posti in dialogo alcuni dei suoi arredi più iconici con un nucleo inedito di fotografie. Si resta in Francia per gli Anni Sessanta con Jacques Villeglé, uno dei protagonisti della scena artistica del secondo dopoguerra di cui nello stand DELLUPI ARTE (Milano) viene presentata una selezione di celebri décollages. Anche il milanese Studio Guastalla presenta un progetto incentrato sul lavoro di alcuni artisti che hanno operato negli anni Sessanta e Settanta e che hanno affrontato il tema dell’identità. Negazione, scissione, rispecchiamento e inclusione dell’altro da sé, annullamento delle gerarchie tra mente e corpo. Di Emilio Isgrò, che ha fatto della cancellazione il suo segno distintivo, presentiamo “Dichiaro di non essere Emilio Isgrò”, un autoritratto concettuale in cui l’immagine si costruisce per sottrazione, attraverso negazioni, ripudi e amnesie dell’altro, del padre, della madre, moglie. Eppure in questa negazione dell’identità individuale emerge prepotentemente un’identità collettiva e millenaria, quella che lega l’artista, profondamente influenzato dalla cultura greca, a Ulisse-Nessuno, eroe dai mille travestimenti e ambiguità. In Griffa l’identità individuale dell’artista che domina la materia e si pone come emulo del Creato si dissolve nel segno che la mano dell’artista traccia sulla tela, abbandonandola alla memoria millenaria della pittura, strumento del divenire. In Schifano l’identità è come diluita in un flusso ininterrotto di immagini che provengono da strumenti esterni all’uomo, di cui l’artista cattura istantanee che sottrae al continuo movimento del divenire. Boetti raddoppia l’identità a proprio nome, la cripta in parole spezzate lettera per lettera, la delega alle ricamatrici afghane che realizzano le sue opere seguendo le sue indicazioni, la frantuma in immagini ottenute con gli stampini, la nasconde in frasi allusive che rimandano passato, presente e futuro dell’artista.
Pistoletto, a partire dall’autoritratto, cambia radicalmente la struttura rinascimentale del quadro come finestra sulla realtà, e con essa la forte identità dell’artista che domina lo spazio, trasformandolo in un luogo che accoglie lo spettatore e l’ambiente, e che cambia ogni volta l’opera a seconda di chi la guarda.
Per celebrare cinquant’anni dalla scomparsa di Ugo Mulas, LIA RUMMA (Milano – Napoli) dedica al grande fotografo una personale raccontando così gli Anni Settanta.
Frittelli arte contemporanea, galleria fiorentina, ha dedicato all’artista, poetessa visiva e performer Tomaso Binga. Il progetto espositivo è concepito in continuità con l’omonima mostra curata da Raffaella Perna lo scorso autunno negli spazi della galleria. Un dialogo tra le serie più recenti realizzate tra il 2019 e il 2022 – Alfabeto poetico monumentale, AlphaSymbol – e opere degli anni ’70 – tra cui Scrittura arrampicata, Esse sono e F, T, O – che esplora la relazione tra corpo, linguaggio e identità.
In quest’occasione, l’accento è posto anche sulla declinazione performativa dell’opera di Binga, contestualizzata nell’ambito di un generale fenomeno di riscatto della comunicazione non verbale e di denuncia di ogni forma di assoggettamento e sfruttamento tipici degli anni ’70 attraverso l’accostamento con opere di artiste come Ketty La Rocca, Libera Mazzoleni e Gina Pane.
Per gli Ottanta la Galleria dello Scudo di Verona sceglie di mettere in mostra due tra gli artisti più importanti di quegli anni, Carla Accardi e Pietro Consagra, svelando alcune delle loro produzioni meno note. Tratti comuni quali la dolcezza delle forme e l’eleganza del gesto caratterizzano in modo preciso questi lavori. Tre tele monumentali di Carla Accardi, due delle quali esposte nella sala personale del Padiglione Italia alla XLIII Biennale di Venezia del 1988 dialogano con Bifrontale bianco Macedonia e Bifrontale nero del Belgio, sculture mobili e dinamiche grazie alla sapiente combinazione tra il colore del materiale e il disegno nella pietra. A testimoniare la continuità nella ricerca segnica di Carla Accardi vengono presentati Fondo Giallo e Assedio Verderosso realizzati negli anni Cinquanta.
Il viaggio si conclude negli Anni Novanta con un focus monografico dedicato ad Harald Klingerholler, maestro della scultura concettuale tedesca, presentato da Galerie Jocelyn Wolff (Romainville), e con una personale dell’artista inglese Jim Lambie a rappresentare gli Anni Duemila nello stand della Galleria Franco Noero di Torino, che genera un dialogo empatico tra le diverse pratiche da lui utilizzate, in particolare con l’opera giocosa 18 carrots e lo stesso pavimento dedicato dall’artista che crea un allestimento complessivo diventando lo stand stesso un’installazione. Anche la galleria milanese Giò Marconi sceglie tre artisti contemporanei, accumunati dalla sperimentazione di tecniche diverse, rispettivamente Trisha Baga di cui espone gli ultimi lavori del 2022 nati durante il confinamento che si esprimono sulla tela e con la ceramica sull’effetto finestra rappresentato da Internet, dal computer e dal telefono come unica apertura sul mondo; John Bock con una serie di lavori inediti, collage di piccole dimensioni diversamente da quanto accade normalmente per i suoi lavori, partendo da materiali e oggetti ritrovati tra cui anche delle fotografie; Will Benedict con lavori che proseguono il ciclo delle opere recentemente esposte in mostra a Ginevra, dove si incontrano pittura e polaroid.
La galleria milanese Dep Art presenta per quest’edizione un progetto incentrato su due artisti che hanno segnato un solco fondamentale nella pittura italiana del secondo Novecento, identificandosi attraverso uno stile connotato e riconosciuto a livello internazionale: Valerio Adami (Bologna, 1935), e Salvo (nome d’arte di Salvatore Mangione, Leonforte 1947-2015). Questa bipersonale vuole sottolineare i punti in comune di due artisti che continuano ad essere protagonisti, in un momento caratterizzato dal ritorno della pittura figurativa da parte di pubblico, critica e mercato. In Galleria è invece di scena la personale di Wolfram Ullrich. Opere 1987 – 2023, a cura di Gianluca Ranzi, che propone un corpus di oltre 30 opere, che ripercorrono le tappe principali della produzione artistica dell’autore dai Tagli su lastre in ferro di fine anni Ottanta, alle Pieghe in alluminio degli anni Novanta, fino alle complesse modulazioni geometrico-prospettiche in acciaio degli anni Duemila, mostrando come l’autore resti fondamentalmente fedele a se stesso.
L’ampia antologia delle Gallerie che tradizionalmente individuiamo come Main Section conferma la presenza di realtà di grande peso in Italia con capacità di allestimento di alto profilo. Galleria Continua, con sede centrale a San Gimignano, nel ventaglio dei suoi artisti, presenta tra l’altro un’opera di Ai Weiwei, in lego, del 2016, Galileo Galilei, di grande impatto. Frediano Farsetti (Prato, Milano e Cortina), presenta una bella antologica con un richiamo a due autori presentati all’ultima fiera legata alla fotografia a Milano, Mia Fair, con un’opera di Piero Gemelli, fotografo che ha lavorato con la moda e che, insieme ad una sua produzione vintage, ha proposto una serie di nudi; e Luca Campigotto, fotografo paesaggista sia attento alla natura che alla geografia antropizzata a Miart con un’opera del 2023 – lo scatto è del 2019 – Green River nell’Utah che riesce a far dialogare il paesaggio con la storia. Così la Galleria Mazzoleni, con sede a Torino e Londra, presenta una selezione di diversi artisti e l’immancabile Marinella Senatore, artista pugliese che ormai è associata al nome della galleria della quale sono esposte delle serie nuove del 2023 legate alla musica, molto raffinate e con un pizzico di ironia. Splendido lo stand della Galleria milanese Cardi con sede anche a Londra dove campeggia un’opera di Jannis Kounellis del 1998, con due pannelli di ferro con all’interno della putrella lamiere di piombo arrotolate che danno luogo a una composizione. L’opera senza titolo del peso di circa 900 chili esprime l’essenza dell’Arte Povera con il riutilizzo di scarti ed oggetti comuni elevati ad arte.
z2o Sara Zanin presenta un confronto fra tre pratiche pittoriche avvicinando artisti appartenenti a generazioni e ricerche differenti accomunate dall’interesse verso la ricognizione del valore linguistico legato alla pittura nelle sue diverse declinazioni, Alfredo Pirri (Cosenza, 1957), Nazzarena Poli Maramotti (Montecchio Emilia, 1987) e Cesare Tacchi (Roma, 1940-2014). Il lavoro di Alfredo Pirri spazia tra pittura, scultura e opere ambientali. Il suo linguaggio evidenzia una continua attenzione allo spazio, alla superficie, al colore, creando dei veri e propri ambienti di luce. Ogni opera diventa un luogo spaziale, emozionale e temporale, dove l’osservatore ha la possibilità di entrare per immergersi in esperienze cromatiche che lo destabilizzano e lo disorientano. Collabora con architetti per la realizzazione di progetti multidisciplinari, in cui arte e architettura dialogano in modo armonico. Ha esposto in mostre personali e collettive in Italia e all’estero. La ricerca di Nazzarena Poli Maramotti si contraddistingue per un approccio espressivo che diventa linguaggio prendendo in prestito i propri spunti dal paesaggio, oltre che dal ritratto e da materiali d’archivio raccolti dall’artista: è a questo punto che la pittura dimostra il suo carattere sintetico, collocandosi in un sentiero a metà strada tra astrazione e figurazione. Dopo la laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino in pittura, ha completato i propri studi all’Akademie der Bildenden Künste di Norimberga. Nel 2019 vince il Premio Mediolanum per la Pittura, Artefiera (Bologna). Cesare esordisce nel 1959 in occasione di una mostra a tre, con Mario Schifano e Renato Mambor, alla galleria Appia Antica di Roma. Nel febbraio del 1963 partecipa alle collettive 13 Pittori a Roma e Lombardo, Mambor, Tacchi, organizzate dalla Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis, con il quale l’artista instaurerà un fecondo rapporto di collaborazione e di amicizia. Cesare Vivaldi metterà in luce nelle opere di Tacchi di questo periodo il valore esistenziale – attraverso la mediazione artistica – di alcuni simboli vistosi della vita urbana, portati (ironicamente?) sulle tele smaltate con colori vistosi e vivaci. Risale al 1965 la prima mostra personale alla Tartaruga, in cui sono presentate opere imbottite che si estroflettono aggettanti dalla superficie: quadri a rilievo su stoffa stampata e successivamente dipinta con sagome umane, attori presi in prestito dalla pubblicità, amici, personaggi pubblici. Tacchi è parte della cosiddetta Scuola Romana di Piazza del Popolo, con Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, Giosetta Fioroni, Pino Pascali, Sergio Lombardo, Renato Mambor, Mario Ceroli e altri. Gli anni immediatamente successivi all’affermazione delle cosiddette tappezzerie vedono Tacchi volto alla ricerca dell’estremizzazione del concetto di quadro-oggetto, verso l’affermazione dell’oggetto-quadro, ovvero l’indagine sull’oggetto d’uso e i relativi significati, in merito alla forma, alla funzione e al suo essere adeguato al tempo. Da qui la serie dei mobili impossibili come la Poltrona inutile proposta nella mostra curata da Germano Celant Arte Povera Im/Spazio nel 1967 alla Galleria La Bertesca di Genova e le cornici senza quadro presentate alla Galleria La Tartaruga nel 1968. In tutti gli anni Settanta partecipa a importanti rassegne. Dall’inizio degli anni ’80 Cesare Tacchi dipinge, secondo una logica matematica e di ricerca del linguaggio che gli permette di trovare nuove forme e nuovi equilibri, astratti o presunti tali. In questi nuovi quadri perdura ancora talvolta un motivo floreale che, basato su un puro compiacimento formale, si riallaccia alle stoffe degli esordi. Tra gli anni ’80 e i Duemila si annoverano mostre personali in seguito a collaborazioni diverse con Gian Tomaso Liverani, Alessandro Masi, Anna D’Ascanio, e altri. Le sue opere sono esposte nell’ambito di alcune rassegne storiche, tra cui Roma anni ’60. Al di là della pittura, curata da Maurizio Calvesi nel 1990 e Anni 70. Arte a Roma, del 2013, a cura di Daniela Lancioni, entrambe al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
La fiorentina Tornabuoni Arte per la prima volta in una fiera non presenta opere di Lucio Fontana e non a caso. Annuncia a Milano con il bouquet dei suoi autori importanti da Burri a Boeti, Dorazio, Isgrò solo per citarne alcuni, l’apertura imminente della sede romana. Come da tradizione della Tornabuoni Arte la mostra inaugurale a Roma è dedicata a Lucio Fontana, tra gli artisti più emblematici della storia della galleria. Una mostra che Roberto Casamonti ha voluto dedicare alla memoria di Enrico Crispolti e che si avvale del supporto della Fondazione Lucio Fontana e del contributo critico di Luca Massimo Barbero. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Forma Edizioni con testi di Enrico Crispolti, Luca Massimo Barbero, Gillo Dorfles e un documento manoscritto di Piero Dorazio.
Un angolo di Africa a Milano
Immancabile Primo Marella Gallery di Milano della quale abbiamo più volte parlato e Osart Gallery sempre di Milano ma anche Mimmio Scognamiglio Artecontemporanea di Milano che rappresenta in esclusiva l’artista dello Zimbawe Tafadzwa Tega, del quale ha organizzato due personali. Singolare la scoperta della Galleria parigina 193, galleria fondata nel 2018 intorno alla passione per i viaggi, con due sedi a Place de la République, il cui nome evoca i paesi rappresentati al mondo che ha partecipato all’ultima Biennale di Venezia. La vocazione è spiccatamente internazionale con un’attenzione al colore anche nell’installazione. Lo stand è infatti allestito come una passerella di moda, che presenta la bellezza dalla testa ai piedi attraverso materiali su, forme e colori diversi. Due gli autori rappresentati, Hassan Hajjaj che vive tra Marrakech e Londra, nato come deejay, conoscitore della cultura underground inglese, che porta alcune istanze sociali nelle sue opere ma in una chiave divertente e divertita, ironica. Chiamato l’Andy Warhol del Marocco mescola in una chiave internazionale il senso della sua cultura come le lattine di bibite fake, quelle che in Africa imitano il benessere dell’Europa e degli Stati Uniti; riutilizzando per le sue cornici colorate le stuoie dei tappeti locali e gli pneumatici che da quelle parti si trovano abbandonati. È leggero come in Rabah Legs, una fotografia iconica scattata nel 2012 per la serie Legs che presenta ritratti di gambe e piedi che, attraverso colori contrastanti, costituiscono una metafora dell’esistenza multiculturale dei nomadi di tutto il mondo. “In passato, afferma Hajjaj, la gente camminava ovunque… i vostri nonni vi racconterebbero di quando andavano ad Algeri e ci mettevano tre mesi a piedi…”. L’altro autore è il Camerunense Elangwe Ngeseli, il primo a diplomarsi alla Scuola di belle Arti del suo Paese che nelle sue opere mostra la gioventù ‘nuova’, legata alle mode internazionali, dall’uso della tecnologia al fashion ma anche questo segno di riconoscimento che è un occhio molto grande che esprime la presa di coscienza di ciò di cui non si parla che sta avvelenando il Paese, il conflitto con gli Inglesi nella parte occidentale.
Le iniziative di Milano Art Week, la manifestazione diffusa coordinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano che mette in rete le principali istituzioni pubbliche e le fondazioni private della città che si occupano di arte moderna e contemporanea, con una programmazione dedicata di mostre e attività.
In occasione di Milano Art Week si sono aperte alcune mostre della stagione in importanti sedi cittadine, tra cui Candice Lin | Premio Fondazione Arnaldo Pomodoro alla GAM; Ann Veronica Janssens a Pirelli HangarBicocca; il progetto espositivo How you dare alla Fabbrica del Vapore; il progetto Forum 900 al Museo del Novecento, che vede la galleria al piano terra ospitare opere di arte contemporanea e trasformarsi in luogo di confronto, dibattito e presentazioni; due mostre, dedicate a Danilo Sciorilli e Aldo Spoldi, alla Fondazione Stelline; la mostra su Dara Birnbaum all’Osservatorio Fondazione Prada e l’artista Nathalie Provosty alla Fondazione ICA. Visite guidate, progetti speciali e aperture straordinarie in tanti spazi espositivi, dal PAC al Castello Sforzesco, da Palazzo Reale al Museo della Scienza e della Tecnologia fino a Triennale Milano, e nelle sedi delle mostre già in programmazione. Non mancano, come nelle passate edizioni, iniziative dedicate all’arte pubblica, tra cui l’inaugurazione di nuove opere di ArtLine, il percorso d’arte contemporanea site-specific che si snoda nel parco di Citylife.
La relazione con la città Milano è inoltre ulteriormente rafforzata da un’inedita e significativa collaborazione con Triennale Milano, protagonista con la sesta edizione del FOG Triennale Milano Performing Arts, ma a tutti gli effetti la “casa di Miart” in città, ospitando una serie di iniziative dal vivo dove incontrarsi, dialogare e generare energie e riflessioni intorno ad una più estesa idea di arte (miart Live at Triennale Milano).
Continua la collaborazione con il Gruppo Intesa Sanpaolo, che supporta miart in qualità di main partner. Internazionalità, eccellenza e attenzione allo sviluppo culturale del territorio sono i valori che legano Miart al gruppo bancario, con l’obiettivo di consolidare la centralità di Milano nel panorama nazionale e internazionale e di offrire alla città un ulteriore volano di crescita e sviluppo economico, culturale e civile. Come da tradizione, la Banca contribuisce all’edizione 2023 portando anche propri contenuti originali. Intesa Sanpaolo Private Banking presenta l’attività di Art Advisory e i relativi servizi di gestione del patrimonio artistico accogliendo gli ospiti in Fiera, nella Vip Lounge, dove verrà allestita una mostra dedicata a giovani artisti emergenti nell’ambito del Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo. In particolare Intesa Sanpaolo porta a Miart il progetto “Supernova 23” con sette giovani artisti emergenti, Giuditta Branconi, Andrea Fontanari, Arvin Golrokh, Erik Saglia, Delfina Scarpa, Davide Serpetti, Marta Spagnoli; una vera e propria mostra di sette giovani artisti emergenti selezionati dal curatore Luca Beatrice. Si tratta di artisti nati tra il 1989 e il 1998. In occasione poi della Milano Artweek, da martedì 11 aprile a domenica 16 aprile, le Gallerie d’Italia aprono eccezionalmente le porte dell’esclusivo caveau, situato nel cuore di Palazzo Beltrami (sede storica della Banca Commerciale Italiana). La sala di custodia, un tempo dedicata a ospitare le cassette di sicurezza, svela oggi al visitatore il suo austero ed elegante volto architettonico, alleggerito dagli ornati in ferro dai motivi fitomorfi, e funge da scrigno per quasi 500 opere selezionate dalla ricchissima raccolta d’arte moderna e contemporanea di Intesa Sanpaolo. Tra queste, alcuni capolavori della Collezione Luigi e Peppino Agrati, oggi parte del patrimonio artistico del Gruppo. Uno spazio unico e raffinato, che offre l’inedita opportunità di compiere un vero e proprio excursus nell’arte del Novecento italiano e internazionale. L’accesso al caveau è compreso nel biglietto di accesso del museo.
Si conferma per quest’edizione anche il Fondo di Acquisizione di Fondazione Fiera Milano istituito nel 2012. Del valore di 100.000 euro è destinato a opere d’arte che andranno a implementare la collezione di Fondazione Fiera Milano, oggi ospitata all’interno della Palazzina degli Orafi, sede di Fondazione, e che attualmente si compone di oltre 100 lavori in rappresentanza di linguaggi artistici differenti. Nella scelta delle acquisizioni Enrico Pazzali, Presidente di Fondazione Fiera Milano, è assistito da una giuria internazionale di elevato profilo presieduta da Diana Bracco (Comitato Esecutivo, Fondazione Fiera Milano, Milano).
Prosegue il Premio Herno, giunto alla sua ottava edizione, che assegna un riconoscimento di 10.000 euro allo stand con il miglior progetto espositivo; il Premio LCA per Emergent, del valore di 4.000 euro, nato nel 2015 dalla collaborazione con LCA Studio Legale e destinato alla galleria con la migliore presentazione all’interno della sezione Emergent; il Premio Covivio, dedicato alla sezione Emergent e che selezionerà un artista a cui commissionare un’opera site specific con un investimento fino a 20.000 euro.
Dopo un anno di pausa, per la sua tredicesima edizione, torna il Premio Rotary Club Milano Brera per l’Arte Contemporanea e Giovani Artisti che, istituito nel 2009 come primo riconoscimento nel contesto di Miart, prevede l’acquisizione di un’opera di un artista emergente o mid-career da donarsi al Museo del Novecento di Milano.
A questi riconoscimenti si aggiungono altri premi e commissioni, tra cui la prima edizione della Fondazione Henraux Sculpture Commission che prevede la commissione di un’opera in marmo da esporre per un anno al Museo del Novecento di Milano.
Si rinnova infine per il 2023 la partnership con Maison Ruinart, che conferma il suo impegno nel mondo dell’arte e della sostenibilità presentando per questa edizione un inedito progetto artistico all’interno della VIP Lounge Ruinart in presenza dell’artista Carte Blanche 2023.
A cura di Ilaria Guidantoni