Mind the Map!, organizzata dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche è un itinerario – terza tappa del nostro reportage su “Treviso contemporanea” – che viaggia nel tempo e nello spazio attraverso le cartografie storiche riprodotto fedelmente grazie al digitale, che offre l’opportunità di una lettura e fruizione che gli originali, malgrado il loro fascino – di cui alcuni esemplari che sono in mostra – non rendono possibile perché sono visibili solo in orizzontale e in teche sigillate. Il percorso non è uno studio per addetti ai lavori ma offre l’occasione per riflettere sull’immagine del mondo: la cartografia è infatti, come ha sottolineato la nostra guida d’eccezione Massimo Rossi, geografo, curatore della Mostra e Responsabile dell’area studi geografici della Fondazione Benetton, lo strumento per conoscere il mondo ma anche un’interpretazione dello stesso che cambia nel tempo e nelle diverse culture. Tra l’altro l’Italia è stata un grande laboratorio per la cartografia e attraverso le mappe si può rileggere la storia con un taglio più scientifico quanto interpretativo. Affiancano le cartografie alcuni atlanti artistici che, ha evidenziato Rossi, fanno sì che il tempo sia annullato, come in alcuni tappeti afghani o in opere africane che esprimono una grande gioiosità con la visione dell’intero mondo abitato solo da popolazione nera; o, ancora, un tappeto ricamato dove non è presente l’uomo e il mondo è abitato esclusivamente da piante e animali, protagonisti indiscussi.
Nello specifico Mind the Map! Disegnare il mondo dall’XI al XXI secolo presso Ca’ Scarpa, ex sede dell’Intendenza di Finanza restaurata appunto da Tobia Scarpa, è divisa in tre sezioni. La mostra considera i mappamondi di ogni epoca e provenienza come espressioni di convenzioni sociali che hanno imposto confini, decretato l’orientamento a sud, a nord, o a est, reificato i concetti astratti di potenza e dominio, rivendicato con veemenza il proprio posto nel mondo o veicolato intense emozioni di fragilità e bellezza. In Australia ad esempio si utilizzano spesso mappe al contrario rispetto alla nostra, leggi europea, visione del mondo. Dalle mappae mundi ospitate nei libri di preghiere del XIII secolo, alle straordinarie costruzioni cartografiche del mondo dei commerci oceanici, ai tappeti geografici contemporanei, alla mappa del mondo di Google, l’esposizione offre una riflessione sulle dinamiche di costruzione dell’immagine del mondo con la quale quotidianamente ci confrontiamo. La mostra racconta l’audace tentativo intellettuale umano di disegnare lo spazio terrestre e di vederlo tutto insieme in un’unica rappresentazione grafica; invita a prestare attenzione alla mappa, a tutte le mappe, che spesso vengono utilizzate, a torto, come sostituti della realtà, con leggerezza e in modo irriflessivo. Prestare loro attenzione significa entrare in mondi con una significativa e articolata complessità. Ad esempio, nell’Europa del XVI secolo l’idea di un nuovo continente era difficile da concepire e così al centro sono posti il Mediterraneo e l’Europa mentre la Cina diventa estremo oriente. Quando però il Gesuita Matteo Ricci giunge in Cina che si considerava la terra di mezzo, i cinesi non accettano di essere collocati alla periferia del mondo.
La prima sezione, Non plus ultra evidenzia l’idea di non andare oltre appunto, un limite, fissato idealmente con le colonne d’Ercole. In questa sezione tra le tante opere il Mappamondo del Salterio evidenzia come l’interpretazione cristiana ponga al centro la città di Gerusalemme e per molto tempo intorno alle mappe abitassero i mostri proprio perché lontano dal centro si figurava il diverso, quello che fa paura. Nel viaggio che si compie attraverso i tre piani dell’esposizione viene in luce come da sempre la terra sia stata considerata una sfera rappresentata dal cerchio e che l’idea della terra piatta nasca solo nell’Ottocento in Nord America. L’evoluzione interpretativa porta gradualmente ad allontanare il punto di vista e a immaginare, come nell’opera di Abramo Ortelio, la visione da Dio, lontana e globale, mentre la mappa è circondata da nuvole e una citazione filosofica di Cicerone evidenzia come l’umanità sia ben poca cosa per chi conosce il tutto; mentre ad un certo punto il Paradiso è fuori dalla mappa. Naturalmente l’evoluzione non è soltanto lineare, in senso storico, ma dipende anche dall’ambito culturale per cui i geografi arabi mettono al centro la Mecca mentre quelli cristiani appunto Gerusalemme; ma anche dallo scopo, così ad esempio alcune mappe sono ad uso nautico, altre legate all’opportunità economica, dedicate a mercanti e imprenditori, altre ancora didattiche con le rappresentazioni artistiche che diventano simbolo dei luoghi, come nel caso del labirinto per Creta.
Sul tema dell’interpretazione oltre che della scientificità delle mappe la seconda sezione Plus ultra evidenzia quel senso di varcare il limite anche nel senso metaforico dell’evangelizzazione. L’espressione è legata all’ascesa di Carlo V al titolo di Imperatore, re come Carlo I, che aveva in ascendenza il Ducato di Borgogna e parlava francese. Nel suo costume c’era il mito di Ercole così venendo a capo dell’Impero che vedeva unite Spagna e mondo asburgico inserì le colonne d’Ercole, che ancora restano sulla bandiera spagnola insieme alla scritta Plus ultra, declinazione latina della traduzione francese di un passo dell’Inferno dantesco dal canto XXVI dedicato ad Ulisse, non potendo egli permettersi di parlare francese in terra di Spagna. Viaggio complesso quanto affascinante il percorso nella storia della rappresentazione del mondo che la mostra supporta con audioguide, visite guidate e laboratori soprattutto dedicati alle scuole.
a cura di Ilaria Guidantoni