
Nel centenario della nascita del pittore catalano Antoni Tàpies, nato a Barcellona nel 1923 e morto nella stessa città catalana nel 2012, tra i più grandi interpreti dell’arte informale europea, riconosciuto come il principale protagonista del secondo dopoguerra spagnolo a Milano, alla Sagrestia artistica della Chiesa del Carmine, è stato presentato il Catalogo, fulcro di un lavoro di squadra che lancia le attività per questo anno speciale in città. Il progetto è promosso da Luca Gracis titolare dell’omonima galleria milanese dove la mostra monografica in programma fino al 31 marzo – di cui abbiamo parlato recentemente su BeBeez – ha aperto infatti le danze a Milano del programma per il centenario dell’artista catalano. La mostra segna anche un ritorno a Milano dell’artista dopo l’esposizione Tàpies Milano a cura di Guido Ballo, mostra del 1985 che interessò la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale e una costellazione di gallerie private.
Il catalogo, edito da Marsilio Arte, che già pubblicato una monografia dedicata a Tàpies quarant’anni fa, a cura di Luca Massimo Barbero, è stato un lavoro di concerto, sempre più importante oggi per accompagnare mostre ed eventi, com’è emerso dall’incontro condotto da Alberto Fiz, giornalista e curatore che la MARCA di Catanzaro nel 2009 ha realizzato la mostra Antoni Tàpies, Materia e Tempo. L’opportunità di questo testo, in due versioni e colori, in lingua inglese e italiano, è un’occasione per riscoprire l’attualità di un artista noto ma non così popolare perché non tipicamente di moda, forse anche per il suo essere ermetico e non sempre di facile comprensione. Se infatti gli artisti che tendono a diventare iconici, per un tratto riconoscibile, acquistano spesso grande popolarità. Tàpies, impegnato politicamente, anche in questo senso fu sempre fuori dal coro, più che contro il sistema al di là del sistema. Il Catalogo ripercorre il cammino professionale dall’esordio nel 1951 alla prima Biennale di Venezia nel 1952, manifestazione alla quale partecipò per 5 edizioni fin quando fu classificato come artista della propaganda spagnola e così decise di uscire da questa scena. Allergico a ogni etichetta, in modo singolare si definiva artista realista, più realista dei pittori normalmente definiti tali, come ha sottolineato Maria Sellarès Perez, Coordinatrice dei progetti pubblici di arte e formazione della Fundaciò Antoni Tàpies. Per questo artista infatti era il gesto e la coerenza del processo ad essere reale, anche se in un continuo divenire. La Fondazione rispecchia la personalità dell’artista così da non essere un mausoleo ma un luogo di incontro per le persone, convinto com’era del ruolo sociale dell’arte. La Fundaciò ospita infatti artisti diversi e per la stessa celebrazione del centenario organizzerà una mostra in cui giovani artisti dialogano con il maestro, oltre un’esposizione dedicata al rapporto di Tàpies con l’oriente e in particolare l’artista e religioso seguace del Buddismo Zen, Sengai del XIX secolo. Una grande esposizione è poi prevista al Museo Nacional centro de Reina Sofia di Madrid, nel dicembre del 2023 che poi sarà a Barcellona nella primavera del 2024 quindi a Bruxelles. Come ha sottolineato Maria Sellarès il nome Tàpies in spagnolo indica il muro, come soglia non come qualcosa di occlusivo, elemento che nella città registra il passaggio del tempo, testimonianza degli eventi. Per Tàpies l’arte non è mai urlante né decorativa e conserva una ‘fierezza docile’, come ha sottolineato Barbero, che è indipendenza da ogni etichetta. L’occasione del catalogo è l’analisi di Tàpies come artista poliedrico per il quale il segno grafico è di grande importanza, anche a livello simbolico con un valore polisemico, come ad esempio le impronte che inserisce nelle sue opere. In questo senso l’arte di Tàpies si esplica nel porre degli oggetti per indicarne altri più lontano in un gioco di rimandi, legati anche a quello che può definirsi secondo alcuni il misticismo di Tàpies e comunque un’area magica ed esoterica che avvolge e soprattutto aleggiava nella Barcellona di allora, poi messa sotto scacco. Il testo, pieno di spunti, cerca anche di evidenziare il ruolo dell’artista nell’ambito del Novecento e l’influenza determinante che ebbe su una generazione di artisti americani come Rauschenberg o Beys o Kounellis. Insomma le pagine del Catalogo sono un’opportunità per rivalutare il lavoro articolato di un artista non così facilmente classificabile, che ad esempio ha avuto un rapporto importante con la carta e con la grafica, attuale perché non di moda.
I.G.