
Rufina, una zona a est di Firenze, a due passi, relativamente poco nota al di fuori della Toscana, che proprio
per questa vita in ombra ha mantenuto un territorio autentico. Cesare Coda Nunziante, Presidente del
Consorzio Chianti Rufina insieme ad una serie di produttori e a Lamberto Frescobaldi, nominato
Presidente dell’Unione Italiana Vini,
ambasciatore dell’enologia nazionale, hanno scelto il Museo della

Scienza e della Tecnica di Milano per presentare il progetto. Un segnale che racconta un’iniziativa che nasce
da lontano e mette insieme tecnica, artigianalità, passione e una spiccata focalizzazione sulla vigna, più che
sulla cantina, con un’ottica culturale. Il vino in Italia infatti non è solo un prodotto economico ma
l’espressione di una storia e di una cultura. Nove i vini della vendemmia 2018 che si fregiano del
nuovo

marchio esprimendo l’estrema varietà di questo piccolo territorio ricco di sfumature cercando un fil rouge
legato al Sangiovese in purezza, che è uno dei pilastri di Terraelectae, anche perché si passa da colline basse
fino a 700 metri sul livello del mare. La filosofia produttiva si richiama all’idea latina di Genius Loci che indica
l’insieme delle caratteristiche di un luogo attraverso le quali si crea una simbiosi con l’uomo
che lo abita,

un’anima divina, garante di prospero lavoro e di riconoscibilità, oggi caratteristica preziosa, in un mercato
sempre più globalizzato e preda di mode facili. L’eredità di questo spirito riecheggia nel terroir francese, un
insieme di elementi che esprimono un’identità riconoscibile, come il timbro di uno strumento musicale e
grazie al quale sono nate zone vocate come il Bordeaux, la Borgogna, la Champagne e le nostre aree di
Barolo o del Chianti. Per evidenziare l’artigianalità creativa dell’intervento umano i francesi hanno poi creato i
Cru, microzone particolarmente ‘pregiate’ e ancor più uniche. Ora il Chianti Rufina è un comprensorio
situato tra la Valle dell’Arno e il Mugello, attraversato dal fiume Sieve, ma soprattutto connotato dalla
presenza dell’Appennino Tosco Romagnolo che si avverte in termini climatici in modo deciso. Zona meno
conosciuta di altre della campagna toscana, come accennato, che grazie alla presenza di antichi casati e di
ville medicee, quali Il Trebbio, è stata preservata come un territorio autentico nel quale i produttori si
ispirano in particolare alla filosofia bordolese, di storie di nobiltà, che raccontano un patrimonio
immateriale in parte ancora da scoprire. Il focus è proprio sul territorio e in particolare sulla vigna, con l’idea
di costruire un mosaico dove ogni tessera, la vigna, è unica ed esprime il proprio valore anche per la
posizione che assume, garantendo quella sfumatura, data ad esempio dall’esposizione al sole, che si ritrova
poi nel bicchiere. In un Paese come l’Italia e ancor più in Toscana, l’idea di fare sistema è una vera e propria
sfida, oggi ancora ai blocchi di partenza, che proprio sulla comunicazione e sulla proposta culturale giocherà
la partita, anche se la premessa è la qualità, anzi la scelta di un prodotto di nicchia, elegante che dovrà
anche vincere la concorrenza del mercato perché il posizionamento è su un target alto. L’idea non è quella
del lusso però ma l’originalità di una proposta che si offre a palati che siano alla ricerca di sfumature, del
desiderio di misurarsi con un percorso di ricerca: anche la degustazione dunque, non solo il lavoro e la
produzione, comincerà in vigna per finire soltanto con il bicchiere. In questo senso la stessa etichetta, sullo
stile bordolese e borgognone, sarà un marchio della casa, della famiglia, quasi uno stemma, e non solo una
carta di identità del prodotto.
a cura di Mila Fiorentini