
Apre alla Dep Art Gallery di Milano la mostra Valerio Adami – Immagine e pensiero, a cura di Gianluca Ranzi, fino al 14 aprile.
Il percorso del più francese degli italiani attraverso le opere scelte, fra tele recenti di grande formato e opere degli Anni ’70, generalmente di formato più contenuto. A partire dalla dimensione delle tele – il grande formato è di 1,98mX1,47m – l’influenza francese è bene presente. Dopo il diploma all’Accademia di Brera, attivo già dalla fine degli anni Cinquanta, dopo una serie di viaggi si stabilì definitivamente a

Parigi. Nella Capitale francese si è inserito nell’ambito di quella vasta tendenza artistica denominata Nouvelle figuration che, sulle ceneri dell’Informale, trovò i suoi fulcri di elaborazione in Inghilterra e negli Stati Uniti, fino a farsi largo per tutta Europa. Il suo stile, rimasto fedele a se stesso negli anni, con l’immancabile tratto nero marcato e i colori a campiture ampie, forti e nette, risente senza un citazionismo puro né imitativo del manifesto artistico, che fa pensare ad esempio a un autore come Toulouse-Lautrec, ma anche al richiamo all’Art déco e insieme la suggestione della Pop Art, nella composizione e nel disegno, nei colori più che nei soggetti. E’ il

caso ad esempio della tela La nuvola, opera scelta per la locandina della mostra, splendida, di grandi dimensioni, dove tutte queste suggestioni si sintetizzano in una chiave originale. La nuvola sembra quasi un fumetto, sottolineata dalle parole con una citazione, cirrus e nimbus, che è però colta, in latino. L’opera di grandi dimensioni evidenzia la dialettica tra la dimensione giocosa che ammicca al fumetto e al mondo della favola e sottende anche una nota malinconica. C’è un lato noir nelle sue opere che non vengono però mai addosso allo spettatore, non vogliono urtarne la sensibilità. E’ il caso ad esempio della favola Cappuccetto rosso dove il richiamo all’illustrazione per bambini è

vestito con l’ironia della didascalia “C’est pour mieux te manger mon enfant!”. Il colore con le sue campiture piatte e luminose nasconde l’ironia, la nota malinconica nel richiamo frequente all’infanzia come in L’aile de l’ange, dove l’ala dell’angelo è il simbolo del padre che perde molto presto. Ecco che la raffigurazione familiare della tela porta in sé un’incrinatura, un’infanzia perduta troppo presto. Da notare anche gli elementi simbolici presenti come oggetti, con una rivisitazione personale quale l’elemento classico, gli animali – in particolare i cani – e il mito che diventa protagonista nell’opera Il fauno o ancora il carrarmato in un lavoro più politico. Ad esempio nell’opera L’anniversaire del 1991 il richiamo con una stella e una falce è alla rivoluzione russa di ottobre e al colpo di stato o meglio al tentativo allora in atto e contemporaneamente alla Guerra del Golfo. Come in tutti i suoi lavori all’interpretazione è lasciato lo spazio di movimento e di elaborazione.
Uno dei grandi temi è l’eros, una pulsione diffusa coestensiva della vita, smussato dalla lettura fiabesca, in rosa e in nero, per usare la metafora dei colori. Il sentimento, la passione, sono sublimati dal tratto giocoso, dall’aspetto fumettistico, che smorza il lato malinconico o più aggressivo come nell’opera Il cavaliere della rosa, giocato su due tonalità di rosa e due di verde raccordate dall’immancabile tratto nero, dove pure la carica sensuale è molto forte.
Quanto alle tecniche pittoriche l’inizio è con la pittura a olio per lasciare poi spazio all’acrilico e agli acquarelli senza dimenticare il mosaico, presente in mostra nel Grey Garage, ambiente separato e aperto nel cortile della galleria. L’acrilico ha la caratteristica di dare un colore saturo, piatto, senza riflessi e quindi con poco movimento anche se Adami riesce ad usarlo in modo morbido con dei segni a contrasto, di tono diverso che riescono a dare volume e movimento alle figure. Per quanto riguarda gli acquarelli, che sembrano una tecnica lontana dallo stile di Adami, sono per altro molto importanti e mostrano una corrispondenza segnica e di struttura con la pittura e nell’opera che abbiamo visto si evidenzia l’immancabile tratto nero e la presenza di parole, La figlia che piange. Gli stessi mosaici mostrano una corrispondenza con la scelta pittorica.
L’allestimento della mostra, ancorché essenziale, offre un percorso godibile e funzionale allo sguardo, con una buona distribuzione degli spazi, sfruttando al massimo la luce naturale in una sfida complessa con i mosaici dove la luminosità e la leggibilità sono in contrasto.
Un’ultima parola merita il catalogo, che è in fase di elaborazione, pronto per l’edizione Miart 2022, a cura del gallerista Antonio Addamiano e di Gianluca Ranzi, pubblicato da Dep Art Gallery, che si presenta come una vera sfida, quella di essere un catalogo generale con la biografia aggiornata – l’ultima versione, che arriva al 2013, è quella presente nel catalogo della mostra che si è tenuta a Ravenna dedicata al mosaico – e la raccolta di 80 copertine circa dei cataloghi dell’artista, lungo tutta la sua carriera; un’occasione che stimola anche il collezionismo dei libri sugli artisti.
Si veda qui il video a cura di Gianluca Ranzi già autorizzato dalla galleria.
a cura di Ilaria Guidantoni