Meris Angioletti e Ulla von Brandenburg, due artiste in dialogo per l’esposizione Sul vestito lei ha un corpo. Note su Sonia Delaunay a cura di Paola Nicolin, Direttore artistico della Fondazione XLN Arte, sul tema della compenetrazione dei linguaggi. La mostra prende avvio nel titolo e nella suggestione da una poesia di Blaise Cendrars (1887-1961) del 1914 dedicata a un vestito, Sur la robe elle a un corps, mentre l’abito a cui faceva riferimento era un progetto dell’artista russo-francese Sonia Delaunay, nata nel 1885 nell’allora Ucraina e morta a Parigi nel 1976. Quest’artista aveva dato vita ad un Atelier simultané, una casa laboratorio, diventato un punto di incontro importante per artisti e intellettuali dove c’era una integrazione, contaminazione spontanea e paritaria tra le varie arti e linguaggi e il senso dello scambio e quindi della formazione propria di un laboratorio. Tra l’altro Sonia mise al centro della sua riflessione la donna e lo stile di una nuova femminilità alternativa al rigore maschile eppure aperta alla modernità e all’essenzialità ad esempio nel vestire. Il suo laboratorio fu attivo dal
1923 al 1934 e a cento anni di distanza è interessante riflettere sulla sua ricerca al di fuori di ogni gerarchia. Esso fu una calamita per le avanguardie del Novecento e personaggi irregolari dove la Delaunay lavorò molto sui rapporti tra colore e forme geometriche pure, elaborando un vocabolario personale in termini espressivi, allargando l’arte alla ricerca sulla sensibilità e le emozioni insieme al marito Robert.
La mostra, aperta fino al 16 aprile 2023, arriva dopo un anno importante per la Fondazione che sta diventando un luogo di riferimento per l’arte contemporanea – come ha sottolineato il Vice Presidente della Fondazione Mario Magnelli – in particolare per la sperimentazione dei nuovi linguaggi anche grazie alla posizione geografica nella quale si trova all’interno della città, in particolare accanto alla Galleria Ricci Oddi dedicata all’arte moderna. Ora il rapporto tra l’arte moderna e contemporanea è organico al DNA della Fondazione e alla sua ispirazione multidisciplinare. Altro elemento importante che si ritrova nell’esposizione appena inaugurata l’interdisciplinarietà e l’idea del laboratorio, della formazione nell’arte. Tra l’altro lo spazio XLN sta diventando un riferimento per la città in termini di attrattività di flussi di visitatori, come ha ricordato Filippo Cella, presidente della Camera di Commercio locale, che hanno ripercussioni interessanti per lo sviluppo. La mostra mette a regime il programma di XLN Arte con un dittico di mostre diverse per temperature e tempi, nello specifico, Un limone lunare di Francesco Simeti, inaugurata a fine settembre, dedicata a una natura surreale e giocosa le cui sagome sono ritagliate dal portfolio reperibile su web, con una grande installazione animata; e il dialogo fra tre donne, rispettivamente la storia che guarda al futuro e il presente, appunto con Sonia Delaunay, Ulla von Brandenburg e Meris Angioletti.
L’idea è di un allestimento avvolgente nel quale immergersi perché l’arte dovrebbe circondarsi: ecco dunque una mostra come un vestito da indossare che si configura come una riflessione su colore e suono dove il colore diventa numero e i suoi rapporti creano ritmi. Una mostra come laboratorio di una creatività totale nella quale convivono pittura, scultura, poesia, musica, cinema e perfomance che simultaneamente vestono e rivestono i nostri corpi in movimento.
Il percorso comincia con la camera del tempo dove sono esposte delle gouache di Sonia Delaunay provenienti dalla Galleria Gió Marconi di Milano e una serie di materiali legati alla poetica dell’artista, come lo spezzone di un film del 1935.
Sonia Delaunay, artista capace di applicare il progetto di rifondazione futurista del mondo, ha coltivato una peculiare attitudine verso lo sconfinamento della pittura astratta oltre la cornice del quadro lavorando sulla dinamica dei colori e la loro interazione per costruire un personalissimo vocabolario espressivo spesso identificato con il concetto di simultaneità che ingaggia diverse discipline – dalla pittura al design, dalla moda alla poesia, dal cinema alla scultura alla editoria…– entro un’unica resa estetica dei molteplici aspetti della vita.
Nel 1913 Sonia fa di un abito il suo manifesto poiché affida alla presentazione del suo primo “vestito simultaneo”, costruito attraverso una combinazione di colori e forme, il messaggio di una modernità anti-
moderna, androgina, né maschile né femminile, dinamica e fluida, che vive il corpo come laboratorio di ricerca estetica e sociale.
Ulla von Brandenburg, artista tedesca, nata a Karlsruhe nel 1974, che vive e lavora a Parigi ha realizzato in questo primo spazio due ‘ritratti’ dedicati alle espressioni più varie del femminile esplorati dalla Delaunay, rispettivamente, una strega che non ha nome e una ballerina contemporanea della grande artista a Parigi. Tra l’altro ha avuto l’opportunità di accedere all’archivio della Delaunay al Centre Pompidou che contiene sia testimonianze artistiche sia documentazione generale anche legata alla quotidianità più personale e che l’hanno molto ispirata come ci ha raccontato ella stessa nella preview stampa.
Nel grande spazio riservato all’Opera mostra l’artista tedesca ha realizzato 17 tele ispirate agli abiti disegnati da Sonia Delaunay e anche tre filmati che dialogano con e le 12 cassette sonore che fanno parte dell’installazione di Meris Angioletti, artista di Bergamo, classe 1977, che vive e lavora a Parigi. Ricercatrice e artista, Meris sta svolgendo un lavoro di approfondimento per la sua tesi di dottorato a Paris 1, legato all’École d’Art de la Sorbonne, proprio sulla voce e la vocalizzazione ed è interessata a comprendere cosa accade alla parola quando transita sulla voce. In particolare in questo lavoro ha posizionato gli altoparlanti all’altezza della persona, raccogliendo voci e testimonianze che animano le tele colorate, creando un percorso immersivo nel quale perdersi.
Angioletti e von Brandenburg sono state invitate a riflettere su questo episodio storico ancora oggi di grande attualità come esempio di ricerca sulla natura identitaria del tessuto, sulle diverse traduzioni della pittura pura in immagine in movimento, in voce e spazio e sull’idea stessa di arte come campo aperto in cui il corpo agisce e agendo conosce. La proposta di dialogo attorno a Sonia Delaunay è dunque una domanda aperta a grandi interpreti contemporanee sul nostro tempo, sull’idea di simultaneità come rapporto uomo-società-spazio, come velocità di marcia del nostro stare al mondo, come condizione di chi sconfina, cambia, muta, si trasforma perennemente.
In particolare Meris Angioletti concentra la sua pratica sulla relazione tra linguaggio e corpo. Poesia, letteratura, psicologia, trattati di fisica e matematica così come tarocchi e rituali sono alla base di una ricerca sul visibile e invisibile, sul frammento e l’intero, tra consapevolezza e inconsapevolezza delle cose. Questi riferimenti sono al centro di un’arte che prende la forma di installazioni e tracce sonore, performance, reading notturni, coreografie, proiezioni di luce, colore e immagini. La voce è materia prima privilegiata dall’artista mentre l’opera si crea attraverso diverse fasi di traduzione.
Il lavoro di Ulla von Brandenburg è invece un esempio peculiare, come accennato, di ricerca sulle relazioni tra il tessuto e il corpo. Quest’ultimo è vissuto come un materiale che crea spazio, che trasforma lo spazio e che induce a comportamenti “altri” e che spesso, nelle sue opere, accoglie come un sipario proiezioni cinematografiche legate a performance e messe in scena dirette dall’artista stessa. Film, teatro, performance, letteratura così come personaggi della storia sono elementi di un discorso complesso che l’artista tedesca ha negli anni abilmente tradotto in scenari
tridimensionali di colore e forme.
Con la mostra Sul vestito lei ha un corpo. Note su Sonia Delaunay l’istituzione inaugura una serie di incursioni dedicate al dialogo tra arte moderna e contemporanea, tese all’obiettivo di rileggere capitoli della storia delle arti con un’ottica multimediale e non lineare votata allo sconfinamento dei linguaggi e delle cronologie, con una particolare attenzione a protagoniste e protagonisti di una modernità irregolare, che ha saputo intercettare in anticipo sui tempi sensibilità e attitudini del futuro.
La mostra è accompagnata per tutta la da un programma di atelier d’artista concepiti da Meris Angioletti, che ancora una volta confermano la volontà dell’istituzione di riflettere sul concetto di museo-atelier, concepito come luogo di intreccio dei saperi, di laboratori produttivi e di costruzione di una relazione con il territorio e le sue infrastrutture culturali basata sulla esperienza delle pratiche artistiche.
a cura di Ilaria Guidantoni