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Articolo pubblicato su BeBeez Magazine n.15 del 25 settembre 2023,
parte dell’inchiesta di copertina
di Giuliano Castagneto
Labomar , fondata da Walter Bertin, è una delle principali aziende italiane della nutraceutica, e in questo settore Italia è davvero sinonimo di eccellenza. Il comparto negli ultimi 10 anni è cresciuto con tassi a due cifre, non solo in Italia. “Fino al secolo scorso l’integratore alimentare era identificato con l’erboristeria e riservato a un pubblico di conoscitori. Ma negli anni dal Duemila in poi c’è stata crescente consapevolezza delle proprietà del prodotto, che nel frattempo ha assunto una sua dignità scientifica, soprattutto grazie alle aziende italiane” spiega lo stesso fondatore. A riprova di ciò, nel quinquennio dal 2015 al 2020 l’azienda ha visto più che raddoppiare i ricavi, da 28 a 61 milioni, grazie anche al sostegno dei fondi di private equity.
Nel gennaio 2019 Bertin, tramite la sua Lab Holding srl, era infatti tornato a controllare al 100% l’azienda, dopo aver riacquistato la quota che era in portafoglio a Neuberger Berman (si veda altro articolo di BeBeez), che a sua volta l’aveva rilevata dal Fondo Italiano d’Investimento (si veda altro articolo di BeBeez). Il FII vi aveva investito 3 milioni di euro nel 2012 per il 29,3% del capitale sociale. Nell’ottobre 2020, poi, la società si era quotata all’all’ora AIM Italia a seguito del collocamento da parte di Bertin del 19,9% delle azioni (si veda altro articolo di BeBeez).
Ma poi, lo scorso settembre, affiancato dal fondo britannico Charterhouse, l’imprenditore veneto ha deciso di abbandonare il parterre, esattamente tre anni dopo lo sbarco in borsa, con un’opa del controvalore di 60 milioni di euro (si veda articolo di BeBeez).
Uno dei motivi è stato l’andamento del titolo “Eravamo convinti che il prezzo non esprimesse in modo adeguato il potenziale dell’azienda, anche se negli anni precedenti era arrivato a raddoppiare il prezzo di collocamento”. Ma il motivo fondamentale è stato un altro, seppure collegato al precedente. “In Italia la nutraceutica oggi vale 5 miliardi di euro. In un mercato in crescita così rapida c’era bisogno di notevoli investimenti per mantenere questo ritmo e non perdere terreno. Non parlo solo di crescita interna ma anche di acquisizioni di nuove tecnologie e prodotti, in Italia e all’estero”, racconta Bertin. Nel Documento di Offerta a supporto dell’opa si parla di 50-55 milioni di euro. “Non potevamo trovarli sull’Euronext Growth né esagerare nel fare leva sul debito. I volumi sono troppo piccoli per aumenti di capitale di tale entità, che avrebbe sotterrato il titolo. Avevamo pensato di passare sul segmento Star dove agiscono investitori di maggiore entità, ma la procedura avrebbe richiesto troppo tempo e non potevamo permetterci di aspettare tanto per cogliere le opportunità che via via si sarebbero presentate”.
E allora negli uffici di Istrana (Treviso) ci si è chiesti se non fosse il caso di approfittare delle tante manifestazioni di interesse che continuavano ad arrivare da molti fondi di private equity. Alla fine la scelta è caduta su Charterhouse. “Abbiamo scelto loro perché già molto attivi sull’healthcare in generale e anche sulla nutraceutica, con molti deal conclusi all’estero e pronti a segnalarci opportunità per noi molto importanti per attuare i nostri piani di sviluppo”, spiega il fondatore, che ha conferito il suo 67% al veicolo di acquisizione LBM Next, imitato dal board member e financial advisor della società Claudio De Nadai (che ha apportato il suo 0,5%) mentre il resto, cioè circa 60 milioni di euro apportati in cash dal veicolo CCP No. 7.2 Ltd facente capo a Charterhouse, che non ha utilizzato debito, è andato a finanziare l’opa. Questa, condotta a 10 euro per azione, equivalente a un multiplo sull’Ebitda 2022 di 12,9 contro una media di mercato di 11,8, ha consentito ai detentori di ottenere un upside di circa il 20% rispetto al prezzo alla data dell’annuncio, e di quasi il 67% rispetto al prezzo di Ipo.
Conclusa l’opa, Bertin guarda alla fase due dello sviluppo di Labomar, che chiuderà il 2023 con ricavi superiori a 100 milioni di euro dai 92 dello scorso anno. Ma la crescita dovrebbe accelerare nei prossimi anni. “Finora ci siamo concentrati sul rafforzamento della filiera, acquisendo soprattutto tecnologie, ora puntiamo all’espansione dei volumi, soprattutto sui mercati dell’Ue dove la crescita è più facile grazie all’omogeneità delle normative, in particolare nell’ambito dei dispositivi medici in cui Labomar eccelle”, conclude il fondatore.