Articolo pubblicato su BeBeez Magazine n.15 del 25 settembre 2023
parte dell’inchiesta di copertina “Borsa bye bye. Il boom di crescita ora si fa fuori”
di Giuliano Castagneto
Dopo i fondi dedicati al private equity, al private debt e al venture capital, il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI), ha lanciato l’iniziativa InvestEU IPO, presentata a settembre a Palazzo Mezzanotte, sede storica della Borsa di Milano (si veda articolo di BeBeez). L’iniziativa si sostanzia nel varo di un fondo di fondi il cui scopo è impiegare, nel ruolo di lead investor, circa 300 milioni di euro in veicoli d’investimento dei Paesi UE focalizzati su piccole e medie imprese comunitarie intenzionate a sbarcare in borsa, che lo stanno facendo (pre-ipo) e infine in quelle che sono appena approdate al listino. Con tale mossa il FEI quindi completa il ventaglio di strumenti varati per stimolare e accelerare l’afflusso di capitali alle aziende UE. Particolare interessante, l’iniziativa coincide con il forte aumento del fenomeno dei delisting in Europa. Per questo BeBeez Magazine ha voluto approfondire con Gabriele Todesca, responsabile delle equity partnerships del FEI, la strategia alla base di Invest EU IPO.
Domanda. In che contesto è nata questa iniziativa e in che misura essa tiene conto della tendenza al delisting della aziende quotate.
Risposta. Il contesto è un programma di sostegno agli investimenti nelle pmi all’interno di InvestEU, il programma della Commissione Europea che mira a porre rimedio a una serie di cosiddetti fallimenti del mercato e ad attivare investimenti per oltre 372 miliardi entro il 2027 a favore delle politiche prioritarie dell’UE ha lanciato per porre rimedio a una serie di cosiddetti fallimenti del mercato. Nella fattispecie, Invest UE IPO intende rimediare a due distinti fallimenti. Un primo, più generico, è la scarsa capacità delle pmi di attingere dal mercato dei capitali. Il secondo, più specifico, è l’insufficiente accesso da parte delle stesse pmi ai mercati pubblici. La Commissione ha cioè individuato un gap tra il fabbisogno di capitali delle aziende quotate e la capacità del mercato pubblico di soddisfarlo. Con riferimento alla tendenza al delisting, Invest EU IPO non intende andare contro un trend di mercato, bensì di colmare questo gap. Visto da un’altra ottica, questa iniziativa non intende affatto favorire il mercato quotato rispetto al private capital. Lo scopo è solo rendere più efficiente uno dei possibili canali di finanziamento delle pmi dell’Unione.
D. Ma più concretamente come si sostanzia questo fallimento?
R. La Commissione europea ha individuato difficoltà nell’accesso ai capitali in tre distinte fasce di aziende: quelle che sono in procinto di quotarsi, quelle che si stanno quotando e quelle che sono già quotate. Le difficoltà sono di due tipi. La prima è l’insufficiente livello di liquidità che molto spesso riescono a raggiungere i titoli delle imprese quotate sui segmenti junior dei vari mercati riescono a raccogliere. La seconda, più ampia, e l’ancora insufficiente cultura dell’investimento in equity in Europa.
D. Come si articola l’iniziativa sul piano operativo?
R. Per rispondere a questa esigenza che le ho appena esposto, una dotazione di 300 milioni di euro sarà impiegata in fondi, ciascuno dei quali ha come strategia principale l’investimento in almeno una delle tre fasce di imprese prima descritte. Non si tratterà di fondi aperti. Anche i veicoli che investiranno in aziende già quotate saranno fondi chiusi. Abbiamo già fatto un primo investimento nel fondo spagnolo Axon che sarà attivo anche sul mercato italiano, ma il processo di selezione è in corso e contiamo di avere le prime allocazioni di capitale all’inizio del prossimo anno. Ci vorrà tempo perché sono ancora pochi i fondi la cui strategia è focalizzata su quelle tre fasce di aziende. Investiremo in tutto in 5 -10 fondi. A questi daremo un periodo da tre a cinque anni per costruire i rispettivi portafogli.
D. I fondi che investiranno in aziende già quotate si dovranno impegnare ad assicurare una certa liquidità ai titoli in cui hanno investito?
R. No, non sono previsti impegni del genere. L’idea è che i fondi investiti dal nostro programma vadano a sostenere i volumi di mercato, ma senza livelli minimi prestabiliti.
D. Avete in mente un’asset allocation precisa?
R. Anche qui non ci sarà niente di predeterminato. Puntiamo ad avere un mix di investimenti abbastanza diversificato, sia dal punto di vista geografico che strategico.
D. Le difficoltà che mi ha illustrato sono emerse più in certi Paesi Ue che in altri?
R. Sì, ci sono delle discrepanze tra un Paese e l’altro. Il gap più significativo è emerso soprattutto verso l’Aim inglese, dimostratosi il più virtuoso nell’attirare imprese e investitori, ma purtroppo non più nell’Unione Europea.
D. All’evento di presentazione dell’iniziativa presso la borsa di Milano si percepiva una certa delusione dovuta alla decisione di limitare l’intervento di Invest EU IPO solo ai fondi a non altre forme di pooling di capitali come i club deal. A cosa è dovuta la decisione?
R. Le forme legali del nostro intervento sono importanti per noi, in quanto ci permettono di tutelare al meglio gli interessi dei nostri investitori, che sono prevalentemente di natura pubblica. Varie volte in passato abbiamo cercato di agire tramite strutture alternative, ma abbiamo incontrato più difficoltà e non ci siamo riusciti.