Dai pandori di Paluani alla distribuzione di pneumatici di Fintyre, dalle sete di Canepa agli altiforni di Acciaierie d’Italia ai componenti metallici per auto di Util Industries. Sono soltanto alcune delle aziende italiane di medie e grandi dimensioni che hanno fatto ricorso a soluzioni di factoring strutturate da Generalfinance per affrontare le varie fasi di crisi d’impresa.
Non a caso Generalfinance è attiva sul mercato del factoring da 40 anni e in quello delle special situation da oltre 15, con più di 400 aziende in procedura concorsuale che sono state accompagnate nell’uscita dalla crisi e nel rilancio e con un turnover che è andato di pari passo: 1,4 miliardi di euro nel 2021 (761 milioni del 2020, si veda altro articolo di BeBeez) e prospettive di forte crescita anche per quest’anno. Il tutto con tassi di default minimi. Lo ha ricordato Massimo Gianolli, amministratore delegato di Generalfinance, sia in occasione del convegno “Factoring e crisi d’impresa” organizzato dalla società a metà marzo con una grande partecipazione di addetti ai lavori, sia lo scorso lunedì 21 marzo in occasione del suo intervento alla prima puntata della trasmissione settimanale tv BeBeez Live su Finanza Now.
Le aziende target delle cure di Generalfinance sono tipicamente in fase di ingresso, uscite da poco da una procedura concorsuale oppure ne sono ancora coinvolte, ma sono ben inserite in un percorso di rilancio nel contesto del quale risultano talvolta attivabili soluzioni di finanziamento assistite da strumenti di protezione previsti dalla Legge fallimentare, quale a titolo esemplificativo la nuova finanza in prededuzione, cioé finanziamenti che, nel corso di una procedura concorsuale, devono essere soddisfatti con preferenza rispetto a tutti gli altri creditori concorsuali. I finanziamenti sono infatti erogati ad aziende in via di risanamento e che presentano un interessante piano industriale di sviluppo. Si tratta delle imprese che si trovano in situazioni cosiddette “speciali”, che pur avendo prospettive interessanti di rilancio, le banche commerciali tradizionali non riescono a supportare attivamente, anche per i vincoli regolamentari sul credito problematico.
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su Lineamenti della Riforma Pagni
con Gabriella Covino, Luca Jeantet e Paola Vallino
(team di procedure concorsuali e ristrutturazioni Gianni Origoni) e Alberto Mazzoleni (partner EY)
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su I creditori e i finanziatori nella composizione negoziata della crisi
con Linda Morellini (Partner Giovanardi Studio Legale), Massimiliano Bonamini
(Managing Partner di Studio Bonamini & Partners) e Giuseppe Palermo (Director PwC Italia)
Lo strumento del factoring è molto duttile e si presta a essere applicato in situazioni molto diverse lungo l’evoluzione dello stato di crisi. Nel momento in cui deflagra lo stato di crisi, c’è in primo luogo un fabbisogno immediato di capitale circolante da soddisfare, perché la notizia della crisi crea tensione con i fornitori, che tendono a bloccare le forniture e questo può portare ad una interruzione della produzione, il che a sua volta induce il mercato a nutrire dubbi sulla capacità di delivery, quindi il portafoglio ordini si riduce. Nel contempo, gli affidamenti bancari tradizionali vengono sospesi e si brucia velocemente cassa. In questa fase poter contare su linee di factoring in grado di anticipare fatture, ordini e contratti, diventa fondamentale per evitare il peggio. In un simile scenario è cruciale poter pagare i fornitori strategici eventualmente utilizzando il factoring, anche mediante smobilizzo di crediti futuri, come nuova finanza funzionale.
Dopodiché, una volta superata la prima emergenza, è necessario che quelle linee di factoring continuino a essere operative per supportare il fabbisogno di capitale circolante nel breve e medio periodo, nel quadro del piano di risanamento che nel frattempo verrà stilato dall’azienda insieme ai suoi advisor e che prevederà, nel contempo, il ripagamento e/o il rifinanziamento del debito pregresso, attraverso strumenti di debito a medio-lungo termine, di equity o di simil-equity. L’attività di factoring mira a ottimizzare i flussi finanziari e il circolante attraverso il monitoraggio continuo dell’andamento degli incassi e dei pagamenti rispetto alle attese, l’ingresso di nuovi ordini e la definizione dei pagamenti successivi. Peraltro, proprio dalla disponibilità di capitale circolante dipende la credibilità stessa di un piano di risanamento o ristrutturazione, anche perché la liquidità derivante dal debito a medio-lungo e dall’equity è quasi sempre condizionata al buon esito della ristrutturazione e quindi non disponibile nel breve termine.
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su Tipologie di intervento a sostegno di una impresa in crisi
con Carlo Alberto Giovanardi (partner Giovanardi Studio Legale)
e Marta Franchi (partner | Head of Restructuring Services Deloitte Financial Advisory)
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su Modalità operative di richiesta di nuova finanza
a sostegno di una impresa in crisi: un caso pratico
con Gabriella Covino, Luca Jeantet e Paola Vallino
(team di procedure concorsuali e ristrutturazioni Gianni Origoni)
e Alessandro Bellia – Partner KPMG Advisory spa
Infine, c’è poi l‘utilizzo del factoring nel momento del rilancio dell’azienda, quando il fabbisogno finanziario è funzionale al sostegno della ristrutturazione operativa (riorganizzazione aziendale, cost cutting, chiusura unità produttive, etc.), in particolare allo sviluppo del fatturato. Anche in questa fase interverranno in maniera importante gli strumenti di equity, quasi-equity e debito a medio-lungo termine, mentre il factoring svolgerà la sua funzione più tipica di matching temporale tra flussi di cassa nel corso normale dell’attività.
Certo, però, tutto questo lavoro sul fronte del debito, da parte del factor da un lato e delle banche e degli investitori dall’altro, si sta muovendo in questi ultimi tempi all’interno di un quadro normativo in divenire, dove molte regole sono cambiate, soprattutto nell’ottica di permettere l’emersione tempestiva della crisi, in modo da intervenire prima che la situazione si faccia irreversibile, e nell’ottica di supporto all’imprenditore.
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su I nuovi tratti dell’azione revocatoria fallimentare
con Cristiano Ruspi (partner Giovanardi Studio Legale)
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su Le nuove frontiere della concessione abusiva di credito
con Cristiano Ruspi (partner Giovanardi Studio Legale)
e Nicolò Ranalli (partner Studio Ranalli e Associati)
Ricordiamo, infatti, per esempio, che sono state eliminate, ancora prima di fare i primi passi le procedure di allerta immaginate dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza (CCII) prima versione, per cogliere i segnali anticipatori della crisi al fine di affidare tempestivamente l’impresa alle cure di esperti. Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro della giustizia Marta Cartabia ha infatti approvato lo scorso 17 marzo, in esame preliminare, un decreto legislativo che introduce modifiche al CCII (Decreto legislativo 12 gennaio 2019, numero 14) ( si veda qui il comunicato stampa e qui lo Schema di Decreto) che in particolare appunto elimina le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, sostituendole con il nuovo istituto della composizione negoziata della crisi, partito già a metà novembre (si veda altro articolo di BeBeez) così come previsto dalla Legge 21 ottobre 2021 n. 147, che ha convertito con modificazioni il Decreto Legge 24 agosto 2021, n. 118, varato tenendo conto delle indicazioni della Commissione Pagni, dal nome di Ilaria Pagni, presidente della commissione interministeriale sulla riforma della disciplina fallimentare istituita nell’aprile 2021 per l’elaborazione di proposte di interventi sul Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Ma se il nuovo istituto risponde a tutta una serie di necessità dell’impresa nella prima fase della crisi, come per esempio la riservatezza del percorso di risanamento, per cui l’azienda potrà procedere con la sua attività normale, pur affiancata da un esperto che verifichi la percorribilità di una soluzione di risanamento a breve, l’altra faccia della medaglia è che nella pratica esistono molte aree di incertezza alle quali sono esposti i creditori, anche e soprattutto nell’ambito del nuovo istituto della composizione negoziata.
Un esempio? Al termine della procedura, nei casi più gravi e se la condotta dell’imprenditore è stata corretta, potrà essere previsto l’accesso al concordato semplificato, una nuova forma di concordato, appunto semplificata e con finalità solo di liquidazione (art. 25-sexies), che, a differenza delle procedure concordatarie già previste nella Legge Fallimentare, non richiede alcuna adesione dei creditori, né una soglia minima di soddisfazione degli stessi. Non solo. Non è nemmeno previsto che si debbano valutare offerte concorrenti a quella contenuta nel piano di risanamento proposto dall’imprenditore, il che lascia i creditori con ben poche armi di difesa. Restano poi i temi del rischio di revocatoria e di concessione abusiva del credito per chi ha erogato nuova finanza, che sono sempre in agguato.
E allora? Visto come stanno le cose, per evitare problemi il punto cruciale vero resta quello di premurarsi di erogare la nuova finanza sulla base di un piano di risanamento credibile, (avvalendosi anche ad esempio delle indicazioni contenute nella check list particolareggiata predisposta nella Sezione II dell’allegato al decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021). Ma soprattutto, più che nelle norme, la vera protezione per il creditore che eroghi nuova finanza sta nel lavorare a stretto contatto con l’imprenditore e i suoi manager nel momento in cui l’istituto decide di supportare l’azienda nel suo percorso di emersione dalla crisi.