19 €
Autore: Niclo Vitelli, Vannino Chiti
Casa editrice: Cinquesensi
Anno di pubblicazione: 2021
Acquista su AmazonDescrizione prodotto
Cultura, aggregazione, associazionismo, spettacoli d’innovazione
e giovani talenti nella Versilia e nella Toscana degli anni ’70 in un bel libro, non patinato, diversamente da quanto si potrebbe pensare, non celebrativo, senza rimpianti. Non solo un libro di mondanità ma di cultura, in uno stile piano legato al bello scrivere. Niclo Vitelli, persona colta, appassionato di musica, soprattutto lirica, un impegno politico e civile stratificato negli anni, conferma che non esistono argomenti frivoli o banali di per sé. Dipende da come si trattano. Anche l’edizione è pregevole, molto curata, sa unire un taglio pop, con l’eleganza, in un formato insolito. Non un libro da tenere nella libreria ma da consultare e da leggere – lo si fa d’un fiato – e rileggere. Attraverso un locale da ballo, della Versilia degli anni ruggenti, che non c’è più: né il locale né quella Viareggio, racconta un’epoca con uno spaccato a tutto tondo. Al centro Hop Frog, un nome un programma, anzi il titolo di un racconto di Edgar Allan Poe che lasciamo al lettore scoprire; Pietro Torri, un imprenditore colto e appassionato che rivive attraverso le parole della figlia Silvia Torri; e un l’autore, amico, frequentatore del locale e animatore di quella Viareggio, città bipolare, affollata d’estate e vuota d’inverno; fatta di un mondo di operai, pescatori, renaioli, lotte da una parte; di villeggianti, turisti e un ceto medio spesso arroccato nelle proprie nostalgie, dall’altra. Interessante la parte finale che raccoglie le testimonianze di personaggi di spicco dello spettacolo che sono passati dall’Hop Frog e che in certi casi vi hanno vissuto delle stagioni.
Abbiamo incontrato Niclo Vitelli per parlare di un libro dedicato a un locale ma non solo. Perché parlare di un locale che è stato noto, ma che da molto tempo non c'è più?
“Il locale è stato importante: nella prima fase come discoteca caratterizzata da musica raffinata e d’avanguardia, quella preferita dai giovani di allora che erano portatori di valori nuovi e rivoluzionari, che contestavano e mettevano in discussione la scuola e la società. Dopo l’accordo tra il privato Piero Torri che gestiva l’Hop Frog sala da ballo e l’Arci il locale passa nelle mani di un circolo associativo. Si alternava la discoteca a spettacoli di generi che la commercializzazione culturale di quei tempi teneva in un angolo, non promuoveva né facilitava: il cabaret, il teatro del mimo e della pantomima, le canzoni popolari e di protesta, il jazz. E’ stato un locale importante dove hanno potuto fare le prime esperienze e farsi conoscere ed apprezzare da un pubblico colto e ampio numerosi artisti. Il Circuito regionale degli artisti costituito dall’Arci Toscana con il contributo di Alessandro Beneventi e Athina Cenci consentì a giovani artisti di inserirsi in una programmazione che aveva come palcoscenici alcuni locali come l’Hop Frog, le case del Popolo e i circoli Arci, le feste popolari e di partito. Moltissimi di loro diverranno famosi, molti altri hanno continuato la loro attività a livelli meno appariscenti ma altrettanto importanti nelle periferie, nella formazione di nuove esperienze, nella costituzione di gruppi di base. Futuro Anteriore da proprio l’idea di una esperienza che è stata ma che continua ad esercitare fascino e curiosità. Poi c’era una necessità visto che Viareggio ma anche altre realtà sembrano dimenticare il loro passato, incuranti che documenti, tracce e memorie si volatizzino per sempre. Piace di più affidarsi ad una bolsa e melensa retorica sui fasti del passato… proprio per dimenticare il duro lascito di questa società ancora impregnata di contraddizioni, di povertà, di solitudini, di odi, chiusure, di paure e steccati.”
La musica in certi anni è stata un grande fattore di aggregazione e i luoghi della musica giocavano un ruolo centrale. Cosa ha rappresentato l'Hop Frog?
“L’Hop Frog ha rappresentato un punto di aggregazione per giovani e per numerosi gruppi di amici, proponendo in aggiunta al ballo spettacoli controcorrente, di denuncia, di impegno sociale e politico, di un nuovo modo di fare cultura, arte e spettacolo fuori dai circuiti commerciali di allora. E’ stato uno tra i 5 o 6 locali nazionali di riferimento in cui si promuoveva, si faceva conoscere e si rappresentavano nuovi generi, nuovi stili e un nuovi percorsi artistici.”
La Versilia è ricordata soprattutto per la sua veste mondana ma in realtà è ricca di fermenti sotterranei. Che tipo di locale era il Hop Frog?
“Locale atipico, dove non c’erano i ragazzi bene o i turisti come accadeva negli altri locali versiliesi. Tre stanzoni a ferro di cavallo, uno ‘truccato’ da teatro con una pedana in legno a far da sipario. Ogni sera l’artista di turno si esibiva con il pubblico- duecento e più persone- accalcato tutt’intorno e competente, rumoroso, pronto alla contestazione, all’interruzione, dialogante in altri casi o entusiasticamente coinvolto. Tornano in mente le parole di Carlo Verdone che all’Hop Frog si esibì per la prima volta fuori da Roma. Gli tremavano le gambe perché era noto cosa lo potesse aspettare in quel locale! C’era un’ansia da prestazione, come ha dichiarato qualche altro. Era però un locale dove gli artisti potevano esprimersi liberamente, fuori dalle regole rigide e compunte, fuori dalla censura che agiva negli altri locali: ci si poteva togliere il reggipetto, si poteva bestemmiare, si potevano irridere i politici, i ministri del culto, i grandi signori senza che nessuno bloccasse lo spettacolo… a parte il Sindaco comunista di Pontedera che interruppe Benigni mentre stava parlando del mestruo delle donne fiorentine lanciato contro Giorgio Almirante impedendone il comizio… anche se poi il comico finì per fare lo stesso lo spettacolo trasformandolo in una riunione cultural-politica. Marco Colubro, viareggino doc, lì fece le sue prime esperienze di artista, inventandosi i ‘giochini’ per le feste degli stabilimenti balneari o il ‘Come dite Cabaret a Viareggio? Noi si dice Massimo Boldi’ con la pentola a pressione… E la grande mima internazionale Nola Rae? Si esibì in quella piccola sala dove le attrezzature e gli impianti erano tutto un ‘fai da te’ e poi tenne un corso di formazione per i gruppi di base… e tanti altri che il libro ricorda e di cui ne pubblica le memorie.”
I locali dove si faceva musica erano luoghi dove si andava a ballare o luoghi di spettacolo? Come si intreccia il piano del divertimento con quello culturale?
“I locali versiliesi erano numerosissimi, si facevano un’accanita concorrenza tra di loro. Ad una certa fase il ballo fu integrato con gli spettacoli. Si poteva scegliere passando in pochi chilometri da uno all’altro nelle calde notti versiliesi. A settembre però si spegnevano le luci e l’inverno faceva sprofondare i versiliesi nella più triste solitudine. Tutto chiuso. Qualche bagliore con il Carnevale ma poi tutti al lavoro da mattina a sera e dopo cena incollati a quei televisori giganteschi in bianco e nero. L’Hop Frog invece c’era proprio nei grigi inverni: con la musica, con lo spettacolo, con il divertimento. Potevi passare una serata diversa, divertirti conoscendo un genere di spettacolo nuovo, di aggregazione e di conoscenza fuori dai consueti cliché. E lo potevi fare perché i prezzi erano contenuti, popolari come si diceva allora e alla portata delle tasche di un giovane.”
Ad un certo punto la politica entra prepotentemente nella vita dei giovani. Come si sposa con la musica e con i locali serali?
“La musica era una parte integrante della nuova realtà giovanile, di quella generazione in movimento che non si accontentava più di quello che passava il convento. La politica era impegno prioritario e si praticava in ogni momento: a scuola contestando i metodi e l’organizzazione autoritaria, al bar, al Circolo, a teatro, al cinema, in famiglia con aspre discussioni sulle scelte da fare, sui valori e sulle libertà. Forse era troppo ma era impegno, sacrificio, scelte, partecipazione. Ora la politica è assente e quella che c’è è impregnata di interessi personali; i valori vengono citati come litanie e confinati in un cloud ma non guidano più scelte, atti, comportamenti. Si pensa solo se un’azione darà più voti, a come continuare a fare il parlamentare o il Sindaco…allora i pensieri erano altri: ai lavoratori, alla costruzione di una società diversa a partire dal proprio quartiere, dalla propria scuola, dalla strada in cui si abitava. La musica, era una parte di quest’impegno, così come il teatro. Tutto quanto necessario per trasformarsi da spettatore passivo a soggetto attivo di un cambiamento che spesso non aveva una definizione precisa, un contorno chiaro ma allora tutto questo sembrava indispensabile per costruirsi un futuro. E c’era la reciprocità, l’ascolto, la comprensione, la discussione accesa, il dialogo che non si fermava a messaggi cifrati, a un mi piace, a un simbolino che dice tutto ma non dice nulla.”
Il jazz è oggi percepito come un genere sofisticato. Quando arriva in Versilia cosa succede?
“Il jazz ha costituito un impegno del tutto particolare del locale. Considerata per molto tempo dalla politica e dal senso comune una musica ‘di negri’ viene ripresa e rivalutata proprio tra gli anni Sessanta e Settanta, e all’Hop si rappresenta sia la tradizione sia i nuovi stili, chiamando i maggiori e più importanti jazzisti italiani, europei e americani a esibirsi e fare formazione con le stesse modalità degli altri spettacoli. Nei locali versiliesi il jazz comincia a far capolino; ricordo che nel 1968 Lionel Hampton viene scritturato da Sanremo per far riascoltare le 24 canzoni in gara con il suo vibrafono. La struttura commerciale comincia a inserire il genere nei propri circuiti e i locali non si vergognano più a far esibire un artista o una banda jazz che, al contrario, costituisce un elemento di richiamo e di qualificazione della proposta. Di più: con le strutture regionali dell’Arci e grazie all’Associazione Centro Studi Toscano di Musica Jazz si gettano le basi per una attività diffusa sul territorio. All’Hop Frog si costituisce un gruppo di giovani che contribuirà in maniera determinante alla gestione e alla direzione del locale. E come per altri generi non c’era solo lo spettacolo ma anche studio, formazione e approfondimento. Anche in questo caso l’Hop Frog fu un locale innovativo e alternativo al tempo stesso e sicuramente divenne il locale più qualificato e di riferimento per il jazz durante gli ultimi anni Settanta e fino a metà anni Ottanta.”
Cosa resta dello spirito di quel locale? E cosa ha da dire oggi?
“Cosa resta? Nella società di oggi dove la connessione ha rivoluzionato tutti i rapporti tra la società, la vita e l’organizzazione culturale, rimane difficile ricollocare la storia di quel locale. Ci sono però analogie tra la situazione di allora e quella di oggi che possono consentirci di conoscere quell’esperienza e trarne ancora una lezione utile. Dopo anni di turbo-capitalismo finanziario e di una poderosa innovazione tecnologica la società non è migliorata, non ha risolto le vecchie contraddizioni, anzi ne ha prodotte di nuove e di più esplosive che convivono con le precedenti. Sono aumentate la povertà, le differenze territoriali e tra paesi, ci sono solitudine, inquietudine, un malessere a volte evidente, a volte nascosto che porta isolamento, chiusura, paura, odio e se non cattiveria. Ma oggi come allora c’è un’esigenza reale di cambiamento che si nasconde nel magma liquido della società in un rumore disorganico e spesso contraddittorio, in una mancanza di prospettive che per un giovane è davvero mortificante. Oggi come a metà degli anni Settanta si pone il problema di cosa fare di un enorme patrimonio di strutture – circoli e case del Popolo che in Toscana ad esempio sono oltre 1200 -costruite con l’impegno di operai, lavoratori popolazioni locali per il loro svago e divertimento, per la loro formazione scolastica, per l’educazione delle proprie famiglie, che rischiano di chiudere i battenti. Sono state considerate nella pandemia meno di un bar o un locale commerciale, imponendone la chiusura e si continuano a penalizzarle. Ma come valorizzarle? In una società come quella attuale bisognerebbe attivare forme di sostegno e di finanziamento per consentire a questi presidi di socialità di ritornare attivi e di rinnovarsi per consentire di connettersi, ovvero di utilizzare le nuove tecnologie per promuovere una nuova leva di artisti, a servizio e integrazione degli spettacoli dal vivo, di educazione, di integrazione, di formazione. Una attività che possa mettere queste strutture a servizio delle comunità, dei quartieri, dei rioni, dei paesi per dare prospettive di lavoro nuove, per fare cultura e per ricostruire una fisionomia moderna del divertimento e dello svago, adeguata e all’altezza delle domande e delle necessità di parti sempre più rilevanti di giovani e di popolazione.”
a cura di Ilaria Guidantoni