I business angel attivi in Italia sono 1.671 e il 66% di questi è iscritto ad almeno uno dei 33 Business Angel Group (BAG) e Business Angel Network (BAN). Tra il 2018 e il 2022 hanno partecipato a più di 120 round di finanziamento, per un ammontare investito di oltre 45 milioni di euro. Sono alcuni dei numeri riguardanti una figura tra le protagoniste dell’ecosistema dell’innovazione, raccontata dal report “Business Angel in Italia: l’impatto dell’angel investing“, presentato ieri a Milano presso Le Village by Credit Agricole e realizzato da Growth Capital, la banca di investimento tech più attiva nell’ecosistema Venture Capital, in collaborazione con Italian Tech Alliance, l’associazione italiana del VC, degli investitori in innovazione e delle startup e pmi innovative, con il Social Innovation Monitor del Politecnico di Torino e con la University of East Anglia (UEA). La realizzazione della ricerca è stata inoltre aiutata dalle principali realtà attive in Italia nell’angel investing.
L’analisi ha l’obiettivo di delineare una mappatura aggiornata a livello nazionale dei business angel e delle organizzazioni che li riuniscono; analizzarne le caratteristiche distintive; evidenziare l’impatto sulle startup che deriva da round di finanziamento a cui hanno partecipato organizzazioni di BA e proporre interventi normativi a favore dell’angel investing, con il fine ultimo di sostenere lo sviluppo dell’ecosistema italiano dell’innovazione.
Il contesto italiano è ancora limitato. Spesso infatti le aziende italiane sono troppo grandi per un BA e troppo piccole per un VC il che rende difficile sia l’intervemto degli angel che il finanziamento tramite un canale non bancario Dall’indagine, però, emerge un certo dinamismo. Per esempio, negli ultimi cinque anni, circa il 10% dei round di investimento completati in Italia ha visto la partecipazione di uno o più BAG/BAN, con oscillazioni dal 9% al 13% del totale e una crescita progressiva e continua dai 20 round del 2018 che avevano coinvolto BAG o BAN e ai 30 del 2022. Guardando sempre al periodo 2018-2022, si evidenzia anche che l’ammontare investito in round con la presenza di BAG/BAN ha rappresentato circa il 20% del totale investito in Italia, con oscillazioni dal 6% al 28%.
L’ammontare investito in round che hanno visto la partecipazione di network e gruppi di businss angel ha rappresentato poi una porzione in costante crescita del totale investito, passando dai 29 milioni del 2018 (su investimenti complessivi pari a 502 milioni) ai 529 milioni del 2022 (su oltre 1,8 miliardi di investimenti).
Quando partecipano a un aumento di capitale, i BAG/BAN coprono mediamente circa il 5% dell’ammontare investito, una percentuale arriva a circa il 10% se si escludono i mega round (ovvero, i round di ammontare pari o superiore a 100 milioni di euro). Per quanto riguarda il numero di round, il report evidenzia come i round seed rappresentino lo stadio di maturità privilegiato dai BAG/BAN. Interessante la presenza di BAG/BAN anche in stadi di investimento più avanzati (Serie A e B+), tipicamente riconducibile a follow-on su società che erano già state oggetto di investimento in precedenza.
Guardando ai settori, nel periodo oggetto dell’analisi, BAG e BAN hanno investito prevalentemente in aziende del digitale (27 round), life sciences (25), fintech (17) e smart city (16). Lombardia, Piemonte e Lazio sono le ragioni più rappresentate sia per numero di round che per ammontare investito.
Il report evidenzia inoltre che le società in cui hanno investito BAG o BAN sono cresciute più rapidamente delle altre startup, sia in termini di fatturato che di numero di dipendenti, a conferma dell’importanza per startup e pmi innovative di raccogliere capitali “smart” dagli investitori. In particolare, mettendo a confronto i bilanci del 2018 e del 2021 per le società che in quel quadriennio hanno chiuso almeno un round di finanziamento, è emerso che la crescita mediana in termini di fatturato è stata di più del 400% tra le società che hanno ricevuto capitali dauno o più angel, mentre solo del 190% tra le società che hanno chiuso un round senza BAG/BAN. Guardando sempre ai valori mediani, tali differenze sono emerse anche rispetto al numero di dipendenti (+120% tra le società con BAG/BAN e +100% senza). Risultati ancora più marcati in termini di EBITDA (+120% con BAG/BAN e +20% senza) e di immobilizzazioni immateriali (+350% con BAG/BAN e +290% senza), a riprova da una parte di un maggiore controllo di gestione e soprattutto di una maggiore spinta innovativa (quindi più brevetti e marchi) nelle società che vedono business angel tra gli investitori.
“Con questa ricerca abbiamo contribuito all’analisi dell’impatto degli investimenti da parte dei business angel, una categoria fondamentale per la crescita del settore in Italia”, sottolinea Fabio Mondini de Focatiis, founding partner Growth Capital. “Tra i risultati emersi notiamo come, confrontando i dati del 2018 e del 2021 relativi alle società che hanno concluso almeno un round di finanziamento nel quadriennio 2018-2021, si registri un aumento mediano di oltre cinque volte il fatturato nelle società finanziate da un BAG/BAN, rispetto a un aumento di meno di tre volte per le società che hanno chiuso un round senza BAG/BAN”.
Quello che emerge, però, è che l’ecosistema italiano dell’angel investing, pur dimostrando capacità di resistere e voglia di crescere, è ancora molto ridotto e non ha dalla sua delle normative a supporto, in primis in termini di incentivi fiscali o di facilitazioni. Numerosi infatti sono i temi ancora da approfondire e numerose sono le azioni da intraprendere per agevolare una maggiore crescita di questa importante risorsa per la nostra economia.
“I benefici del sostegno all’angel investing al femminile, un ruolo crescente dell’impact investing e l’avvento di nuovi attori e nuove tecnologie nel sistema sono alcune delle principali opportunità che gli e le angel dovranno sempre più saper cogliere. Ricerche come la nostra possono mettere in luce questi cambiamenti e suggerire le vie da intraprendere per affrontarli”, ha dichiarato Davide Viglialoro, direttore scientifico della ricerca. E ancora, sono tutti in attesa dell’aggiornamento da parte del governo dello Startup Act nell’ambito della prima legge per le PMI 2024. Un annuncio in tal senso è arrivato dal ministro delle Imprese, Adolfo Urso, in un messaggio in occasione del 21 esimo Premio Nazionale per l’Innovazione. Si starà a vedere. Ma certo l’urgenza c’è.
Il report sottolinea, del resto, come questo sia un mestiere ancora tutto al maschile, se si considera che in Italia l’86% della categoria degli angel è composto da uomini. Emerge come il fenomeno dell’angel investing al femminile sia sempre più importante e presenti peculiari caratteristiche, che potrebbero rappresentare un significativo valore aggiunto per l’intero ecosistema. Tuttavia, si legge nel report, “sono ancora numerosi gli sforzi da compiere per promuore in modo efficace tale risorsa”.
Ricordiamo infine che ben il 70% del totale dei Business Angel identificati opera in Italia Settentrionale: in testa la Lombardia con 687 soggetti attivi, seguita dal Piemonte con 240 e dal Lazio con 174.