Eataly, la catena di negozi alimentari d’alta gamma creata nel 2004 e lanciata nel 2007 da Oscar Farinetti, procede verso la quotazione nel primo semestre 2018, così come già previsto dal piano industriale (si veda altro articolo di BeBeez).
Tamburi Investment Partners, la holding di investimento quotata a Piazza Affari che nel marzo 2014 ha guidato un club deal che per 120 milioni di euro ha acquisito il 20% di Eatinvest, la holding del gruppo controllato dalla famiglia Farinetti (si veda altro articolo di BeBeez), convocherà infatti nella seconda parte di ottobre il consiglio d’amministrazione di Eataly che delibererà l’avvio del percorso che la porterà alla quotazione a Piazza Affari, con un flottante del 33%. Lo ha anticipato nei giorni scorsi MF Milano Finanza e lo ha confermato lo stesso Gianni Tamburi in un’intervista a ClassCnbc.
A gestire l’intera procedura sarà Unicredit, con il ruolo di global coordinator. La quotazione della società guidata dal presidente esecutivo Andrea Guerra si configurerà come una opv, visto che solo gli azionisti cederanno, pro-quota, pacchetti azionari. Non sono dunque previsti aumenti di capitale.
Eataly ha chiuso il 2016 con ricavi stabili sui livelli del 2015 poco sotto ai 400 milioni di euro e con una redditività in termini di ebitda che è stata sotto i 30 milioni del 2015, che già era stata ben inferiore ai 39 milioni dell’anno prima. Un calo derivante da costi una tantum e dai forti ritardi in alcune aperture (si veda altro articolo di BeBeez). Per di più il business italiano, quello principale, ha chiuso il 2016 con fatturato in calo (178,8 milioni, -15,5%) e con una perdita di 11 milioni (rispetto a un utile di 713 mila euro del 2015, l’anno dell’Expo). Quanto all’esercizio in corso, secondo le prime stime, dovrebbe chiudersi con un giro d’affari consolidato di mezzo miliardo e un margine operativo lordo oscillante tra 25 e 30 milioni. Tuttavia, il piano industriale punta soprattutto al consolidamento della presenza su scala globale.
Da tempo, Farinetti ripete che la sua creatura, nata nel 2007, può arrivare a valere complessivamente fino a 3 miliardi. Un valore che però viene ritenuto alquanto ambizioso, visto che rappresenterebbe un multiplo di 100 volte l’ebitda e di sei volte il fatturato. Il che vorrebbe dire che con la vendita del 33% i soci porterebbero a casa un miliardo. Ovviamente, l’imprenditore piemontese punta sull’unicità della catena e sul concetto di fast growing company. Ma va detto che i consulenti e le banche potrebbero rivedere questa tesi anche se il gruppo, secondo le prime valutazioni, potrebbe arrivare a un enterprise value di almeno 2 miliardi.
Sul prezzo Tamburi in trasmissione a ClassCnbc ha detto che sarà “molto elevato”, aggiungendo che “indiscrezioni di stampa hanno parlato una volta di un miliardo, una volta di 3 miliardi e ciò spiega quanto sia disorientato il mercato”, che comunque “c’è un interesse enorme a livello internazionale verso il titolo” e che “Eataly sarà la nuova Ferrari “.
Per quel che riguarda il collocamento, poi, MF Milano Finanza riferisce che a Farinetti piacerebbe destinarlo quasi esclusivamente al retail. Ma anche questa opzione potrebbe essere rivista, perché comunque un brand come quello della catena di supermercati d’alta gamma farebbe gola agli investitori istituzionali internazionali. Comunque è ipotizzabile che la quota di opv destinata al retail sarà consistente e preponderante rispetto a quella a favore degli istituzionali.