di Annapaola Negri-Clementi
Negri-Clementi Studio Legale Associato
L’arte è una questione di corporate governance? È stata una delle domande poste nel corso del workshop “ARTE e 231”, organizzato dallo Studio Legale Negri-Clementi , per la concomitanza di due situazioni: sa un lato, il caso Modigliani, che vede tre indagati per falso di opere d’arte, truffa e ricettazione con la conseguenza che 21 opere sono sottoposte a sequestro; e dall’altro, il disegno di legge del governo (C. 4220, giugno 2017, ddl. n. 2864) che si propone di riformare le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale, oggi previste in parte nel Codice Penale e nel Codice dei ben culturali.
La riforma prevede la configurazione di nuove fattispecie penali, quelle del nuovo titolo VIII-bis, del CP rubricato “Dei delitti contro il patrimonio culturale” e l’inasprimento di talune pene, con la conseguenza di dare maggiore spazio alla possibilità di intercettazioni disposte dall’autorità. I relatori hanno sottolineato che l’art. 3 del disegno di legge prevede la modifica del d.lgs. n. 231/2001, introducendo i delitti contro il patrimonio culturale tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, quando l’illecito è commesso da soggetti in posizione apicale o da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza dei soggetti apicali, purché compiuti nell’interesse o a vantaggio dell’ente. È bene precisare che gli enti cui fa riferimento la norma sono tutti gli enti forniti di personalità giuridica, le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica.
La normativa in oggetto non si applica invece allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Nello specifico, il disegno di legge vorrebbe far assurgere a fattispecie di reato autonomo: furto dei beni culturali; appropriazione indebita di beni culturali; ricettazione di beni culturali; riciclaggio di beni culturali; illecita detenzione di beni culturali; violazioni in materia di alienazione di beni culturali; uscita o esportazione illecite di beni culturali; danneggiamento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici; danneggiamento, deturpamento e imbrattamento colposi di beni culturali o paesaggistici; devastazione e saccheggio di beni culturali; contraffazione di opere d’arte; attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali; possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli.
Si consideri poi che ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 l’onore della prova è invertito e grava sull’ente: spetta all’ente dimostrare di essere esente da responsabilità per aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Pertanto tutti gli enti che operano professionalmente nel mondo dell’arte potrebbero dover assicurarsi (qualora la Riforma entrasse in vigore) di essere tecnicamente e scientificamente equipaggiati al fine di ottenere i riscontri più precisi e migliori in sede di acquisto e vendita di opere d’arte.
Che cosa hanno quindi in comune il caso Modigliani e la riforma sui reati contro il patrimonio culturale agli occhi di un operatore del diritto? Arte e diritto hanno in comune la necessità di interpretazione e di una mano tecnica che accompagni alla comprensione del documento o dell’opera: non si tratta invero di riconoscere ciò che è vero da ciò è falso, né di agire all’interno del binomio autentico/non autentico, ma di pensare alla corretta “attribuzione” dell’opera e nel tempo alla possibile “riattribuzione” della medesima opera nel tempo, ponendo in essere procedure tailor made per assicurare un sistema organizzativo efficace ed efficiente a tutela dell’ente.
Quindi sì: anche l’arte è una questione di corporate governance, di compliance, di rispetto di procedure, di assunzione di prove.