Il factoring sta acquistando sempre maggiori consensi come strumento efficace nel supporto alle crisi d’impresa, con nuovi attori tra factor e challenger bank che stanno via via iniziando a entrare in questo mercato lasciato scoperto dalle banche tradizionali.
Ma se è vero che lo strumento del factoring è molto duttile e si presta a essere applicato in situazioni diverse nell’ambito dell’evoluzione dello stato di crisi, il momento in cui la crisi si conclama è quello più delicato, perché chi andrà a finanziare l’azienda, sebbene con un’ottica di breve termine, si troverà a dover far fronte al fabbisogno immediato di capitale circolante. In questa fase il rischio per il finanziatore di eventuale non riuscita del processo è elevato.
Lo hanno detto chiaro a BeBeez Alessandro Ferrari, Chief Lending Officer di Generalfinance, e Fabrizio Amatizi, Responsabile della Valutazione del Rischio della stessa società di factoring leader nel segmento special situation, con 1,4 miliardi di euro di turnover nel 2021 (si veda altro articolo di BeBeez).
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ad Alessandro Ferrari e Fabrizio Amatizi di Generalfinance
“Certamente ogni volta che veniamo contattati per una possibile operazione di special situation ci facciamo delle domande chiare per capire se per noi ha senso entrare in gioco. La prima domanda è evidentemente: quale può essere il futuro di quell’azienda? Ci sono cioè dei nuovi crediti già maturati o in arrivo a breve? L’azienda continua ad essere operativa oppure ha dovuto fermare l’attività? è già entrata in una procedura concorsuale oppure no?”, ha chiarito subito Ferrari, che ha aggiunto: “Ricordo quello che abbiamo analizzato quando abbiamo iniziato ad occuparci del noto produttore di pandori Paluani (si veda altro articolo di BeBeez, ndr). Quando l’azienda si è rivolta a noi era ancora pienamente operativa e non era ancora in procedura, ma era chiaro che non aveva più liquidità per poter far fronte agli ordini che aveva raccolto per la campagna Natalizia 2021. C’erano i clienti che avevano iniziato a fare i loro ordini, ma l’azienda non sapeva in pratica se sarebbe stata in grado di accoglierli. Era evidente che con il nostro supporto sarebbe stato invece possibile strutturare un percorso virtuoso, ma tutto andava fatto molto in fretta. E infatti abbiamo deciso inizialmente di erogare della finanza ponte per 3 milioni di euro, prima ancora del deposito della domanda di concordato preventivo, funzionale al finanziamento diretto degli ordini nascenti, perché i fornitori strategici dovevano essere pagati in anticipo per ottenere le forniture di materie prime necessarie alla produzione”.
Ricordiamo che la notizia della crisi crea infatti tensione con i fornitori, che tendono a bloccare le forniture e questo può portare a una interruzione della produzione, il che a sua volta induce il mercato a nutrire dubbi sulla capacità di delivery, quindi il portafoglio ordini si riduce. Nel contempo, gli affidamenti bancari tradizionali vengono sospesi e si brucia velocemente cassa. In questa fase poter contare su linee di factoring in grado di anticipare fatture, ordini e contratti, diventa fondamentale per evitare il peggio.
Il fatto poi di permettere alla macchina produttiva di girare fa nascere nuovi crediti, che a quel punto il factor andrà a smobilizzare. E infatti in una fase immediatamente successiva Generalfinance ha messo a disposizione di Paluani un plafond di 10 milioni di euro di linee di factoring.
Tutto chiaro, ma il fatto di erogare nuova finanza quando ancora la società in crisi non si trova protetta dalla procedura non è rischioso per il factor? “Certo che sì”, ha risposto Amatizi, spiegando che “evidentemente in quel momento la nuova finanza non gode del beneficio della prededuzione in caso di successivo assoggettamento a procedura concorsuale e, soprattutto, è molto elevato il rischio che, qualora il tentativo di risanamento non vada a buon fine, l’operatore finanziario possa essere chiamato a rispondere del proprio operato, potenzialmente considerabile incauto in un’ottica ex post, eventualmente anche in una possibile iniziativa di revocatoria fallimentare. Tuttavia, va tenuto presente che il Legislatore ha ritenuto meritevole di tutela il finanziamento effettuato in funzione dell’accesso alla procedura concorsuale (quale ad esempio la c.d. “finanza ponte”) e pertanto, ricorrendo i presupposti indicati all’art. 182-quater della vigente Legge Fallimentare, l’operazione di bridge financing effettuata prima dell’ingresso in procedura, proprio allo scopo di dotare il debitore delle risorse necessarie per intraprendere un virtuoso percorso di risanamento, può essere fatta successivamente rientrare nell’alveo della procedura, con i conseguenti benefici in termini di prededucibilità del credito e di probabile sostanziale esenzione da azione revocatoria”. Certo, però, appunto il rischio al momento dell’ingaggio resta.
“Un altro punto sul quale si concentra l’attenzione del factor nel momento in cui deve decidere se entrare o meno in gioco per il salvataggio dell’azienda è il fatto che la qualità dei crediti già nati e nascenti si alta o meno. Non solo. è importante che il factor possa essere certo di acquisire quei crediti. A volte, infatti, e spesso nel settore della GDO, i clienti si oppongono alla cessione del credito. In quel caso sorge evidentemente un problema, che può comunque essere risolto, se il factor – come talvolta accade nella prassi – accetta di finanziare l’azienda senza notificare la cessione del credito al debitore ceduto, lasciando che questo continui ad assolvere le proprie obbligazioni direttamente nei confronti del cedente; è evidente, tuttavia, che il rischio a questo punto aumenta ancora”, hanno detto ancora Ferrari e Amatizi.
Come si fa quindi a capire se il gioco vale la candela? “La decisione va presa principalmente in base all’esperienza maturata nella valutazione della serietà e della credibilità dei propositi di risanamento che vengono rappresentati non solo dall’imprenditore, ma anche dai professionisti, advisor industriali, finanziari e legali, a cui questi affida il delicato compito di delineare ed implementare gli strumenti maggiormente efficaci in vista della soluzione della crisi e, auspicabilmente, del rilancio del business”, ha concluso Amatizi.