Cedere crediti aiuta a finanziare il capitale circolante e questo ha ovviamente dei benefici importanti per la crescita del business delle imprese. A maggior ragione quando l’impresa arriva da una situazione di crisi e deve ricostruire il proprio business.
Ma proprio perché si tratta di un momento di passaggio e trasformazione dell’azienda, lo strumento del factoring evolve a sua volta, nel senso che la gamma di prodotti a disposizione dell’impresa e la dimensione dell’esposizione devono crescere gradualmente, di pari passo con la ripresa della vitalità operativa del cliente. E tutto questo con il retropensiero che la società non è ancora fuori dalla situazione di crisi, trovandosi nel pieno di una procedura concorsuale, il cui andamento è soggetto a numerose variabili e non è certo che si concluda con un successo. Si tratta quindi di un complesso equilibrio che il factor, di concerto con l’impresa in crisi e con i vari stakeholder coinvolti nel risanamento, deve provare a gestire.
Lo hanno spiegato a BeBeez Alessandro Ferrari, Chief Lending Officer di Generalfinance, e Fabrizio Amatizi, Responsabile della Valutazione del Rischio della stessa società di factoring.
“Sul fronte della tipologia di prodotti, se al momento dell’emergenza di cassa iniziale si propone abitualmente factoring “diretto”, principalmente pro-solvendo ma anche pro-soluto, man mano che la situazione migliora, si possono introdurre soluzioni alternative o addizionali, quali la cessione del credito non notificata oppure il reverse factoring“, ha spiegato Alessandro Ferrari, che ha aggiunto: “Sul fronte del factoring ‘diretto’ riscontriamo che nel settore della GDO i clienti non accettano di buon grado la cessione del credito. In quel caso il factor può accettare di finanziare l’azienda senza notificare la cessione al debitore ceduto, lasciando che questo continui ad assolvere le proprie obbligazioni direttamente nei confronti del cedente e consentendo che la gestione degli incassi rimanga in capo al cedente”. E’ evidente che questa soluzione presenta un profilo di rischio maggiore per il factor, da valutare oculatamente e, se del caso, assecondare una volta acquisita la ragionevole aspettativa che l’impresa abbia i presupposti sostanziali, economici e normativi per poter uscire dalla crisi.
Non solo. Ha aggiunto Ferrari: “Un’impresa che sta rientrando nella normale attività e che genera crediti da proporre in cessione al factor può essere servita anche sul fronte del ciclo passivo, nel senso che può siglare un accordo con i propri fornitori in modo tale che costoro possano a loro volta cedere al factor i crediti verso la stessa azienda, creando una catena finanziaria che vede nello smobilizzo dei crediti dell’azienda in difficoltà la forma di garanzia principale per il pagamento dei fornitori, strappando magari anche maggiori dilazioni di pagamento”.
C’è poi il tema del plafond da mettere a disposizione. Su che basi il factor decide quanta finanza mettere a disposizione? “Quando torna nell’arena competitiva e quindi riprende a generare crediti e a produrre circolante, allora il factor può pensare di arrivare a coprire integralmente il piano di cassa e quindi aumentare progressivamente il plafond, accompagnando l’impresa nel proprio percorso di crescita”, ha concluso Ferrari.
Tutti ragionamenti, quelli che precedono, che vanno di pari passo con l’evoluzione della procedura concorsuale dell’azienda. “Per il factor è cruciale avere il massimo livello di monitoraggio e informazione sull’andamento della procedura affrontata dal cliente, sia sul fronte formale, quindi potendo consultare con tempestività le relazioni informative periodiche richieste dal Tribunale e tutti i documenti a supporto dell’andamento economico dell’impresa, sia nel rapporto di comunicazione quotidiano con il management dell’azienda e con i professionisti che stanno coadiuvando gli esponenti societari nella definizione del percorso di ristrutturazione”, ha detto Fabrizio Amatizi, che ha aggiunto: “Si tratta di informazioni indispensabili anche nell’ottica di poter intercettare, in modo propositivo, le esigenze finanziare del cliente e conseguentemente individuare gli strumenti e le modalità operative idonee a conferire maggiore concretezza al piano industriale di rilancio alla base dello scenario ristrutturativo. Tale sensibilità può esplicitarsi, per esempio, nel caso in cui il piano preveda la soluzione della crisi anche attraverso l’intervento di un investitore (il cosiddetto “cavaliere bianco”) pronto a immettere nuova finanza nella forma di equity: in simili situazioni, spesso ci viene richiesto di confermare tangibilmente la disponibilità a supportare il capitale circolante dell’impresa in un’ottica di continuità aziendale, tramite il rilascio di comfort letter o term sheet, documenti sicuramente utili a prospettare una definita stabilità finanziaria dell’operazione di risanamento”.