Grane brasiliane per Atlantia, che ha una partecipazione del 25% in Rodovias do Tietè, società titolare di una concessione autostradale in Brasile, sull’orlo del default e con un miliardo di reais (230 milioni di euro) di bond in circolazione, in mano sia a investitori istituzionali sia a 15 mila investitori retail.
Moody’s da parte sua a fine maggio ha già provveduto a declassare il rating di Rodovias a Ca da Caa2, paventando l’imminente default (si veda qui il report di Moody’s). A partire dal 2016 Moody’s ha abbassato il rating di Rodovias ben 15 volte.
La notizia dell’imminente default si è diffusa nei giorni scorsi sui media brasiliani (si veda qui Valor Economico), ma in Italia non è ancora arrivata. La partecipazione in Rodovias da parte di Atlantia è indiretta, tramite la joint venture che il gruppo italiano quotato a Piazza Affari ha con la famiglia Bertin, una delle più note famiglie imprenditoriali brasiliane, che ha fatto fortuna nel settore della carne ed poi è entrata in altri settori, come la costruzione e appunto le infrastrutture, ma che negli anni scorsi è stata coinvolta in una serie di inchieste per corruzione ed evasione fiscale e le cui attività sono ora tutte in procedura concorsuale.
Più nel dettaglio, Rodovias do Tieté fa capo per il 50% a Lineas International (controllata da Espirito Santo Group, il gruppo bancario portoghese fallito nel 2014 e tuttora in procedura liquidatoria) e per il 50% a AB Concessaoes, joint venture al 50% tra Atlantia e appunto a Grupo Bertin (rinominato Grupo Heber), la conglomerata della famiglia Bertin in procedura concorsuale dal 2017 (si veda qui BNAmericas).
Rodovias do Tietê è titolare dal 2009 di una concessione trentennale relativa a un tratto autostradale lungo 415 km nello stato di San Paolo. La società aveva pagato 542 milioni di real alle autorità locali, con l’accordo di concessione che prevedeva che Rodovias do Tieté investisse 1,3 miliardi di real nell’ampliamento del tratto autostradale in questione.
Per finanziarsi, nel 2013 la società ha emesso un miliardo di real di project bond, a scadenza 2028 e con cedola pari al tasso di inflazione più 800 punti base, garantiti dalle azioni dell’emittente. Si è trattato di una delle prime emissioni di “bond incentivati”, che approfittavano cioé degli incentivi fiscali che il governo federale aveva previsto in quel momento a favore di investitori che sottoscrivessero bond a supporto del finanziamento di progetti infrastrutturali. Ecco perché così tanti privati hanno sottoscritto allora quei bond. Il problema, però, è che i costi di sviluppo del progetto erano stati sottostimati e Rodovias negli anni successivi a investito ben 2,3 miliardi di real invece che 1,3 miliardi. Il tutto, poi, nel quadro di un’economia che è entrata in forte crisi.
La società ha chiesto un waiver sul rispetto dei covenant sin dal 2015 ed è in trattative con i bondholder dal 2017, ma sinora non si è arrivati ad alcuna soluzione. Intanto la società ha chiuso il bilancio a dicembre 2018 con ricavi per 227 milioni di real, un ebitda di 138 milioni e un debito complessivo di 1,47 miliardi. Secondo Moody’s, ” la generazione di cassa del 2019-2023 sarà insufficiente, per almeno 500 milioni di real, per coprire il servizio del debito e consentire di soddisfare le esigenze di Capex”.
Intanto gli obbligazionisti, che si erano riuniti in assemblea ieri, riprenderanno la riunione oggi (si veda qui il comunicato stampa) per votare su uno spostamento della data di pagamento della prossima cedola da 80 milioni di real prevista per il 15 giugno o per la trasformazione in PIK (capitalizzazione della cedola a scadenza) e su un ulteriore waiver sui convenant finanziari. Durante l’assemblea Serpros Fundo Multipatrocinado e Ceres, due fondi pensione, hanno presentato una proposta di ristrutturazione che prevede una riduzione della cedola al tasso di inflazione più 350 punti base (contro un’ipotesi offerta da Rodovias di inflazione più 150 pb), un periodo di grazia di 2 anni e mezzo (contro i 4 anni proposti dalla società) e garanzie da AB Concessões e Atlantia.
Il prossimo 17 giugno, se non ci sarà un accordo, si concretizzerà il default e gli obbligazionisti potranno esercitare il loro diritto sulle azioni. In caso di deafult gli obbligazionisti diverrebbero quindi azionisti di Rodovias, ma il problema ora è che, sebbene gli obbligazionisti abbiano le azioni dell’emittente come garanzia, le autorità locali devono dare il loro via libera per trasferire alla eventuale nuova proprietà la concessione che aveva assegnato all’originale compagine sociale. In particolare, per mantenere la concessione, gli azionisti dovrebbero continuare a investire secondo il piano previsto e quindi dovrebbero mettere sul piatto risorse fresche. Ma questo è evidentemente un lavoro da fondi specialisti in asset in distress e ristrutturazioni, non da tradizionali fondi obbligazionari e tantomeno non da risparmiatori. Nella trattativa Rodovias è supportata sul piano legale dallo studio Munhoz Advogados, mentre advisor degli obbligazionisti sono Starboard e Felzberg Advogados.
Ma secondo i calcoli di alcuni advisor, si potrebbe convertire debito in equity almeno sino a portare il debito a 5 volte l’ebitda, allungandolo a 12 anni e abbassando la cedola al tasso di inflazione più 300 punti base al massimo. A queste condizioni Atlantia stessa potrebbe intervenire e mette lei stessa questi quattrini, per non perdere il business. Lo scenario meno probabile è la richiesta del concordato, con il rischio concreto di perdere la concessione.