Sono ben 1700 le società potenzialmente target di operatori di turnaround in Italia, secondo un’analisi di BackToProfit commissionata da AIFI e presentata ieri in occasione del convegno annuale dell’Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt (si vedano qui il comunicato stampa e qui la presentazione completa).
Le 1700 società in questione sono aziende industriali con fatturato compreso tra i 10 e i 300 milioni, un rapporto tra posizione finanziaria netta ed ebitda compreso tra 4 e 12 volte, un ebitda positivo e un rapporto tra posizione finanziaria netta ed equity compreso tra le 2 e le 5,5 volte. Stiamo parlando di un gruppo di aziende che dà lavoro a 170 mila dipendenti e che fattura 55 miliardi di euro complessivi. Il problema, però, lo sappiamo, è che gli operatori di private capital specializzati attivi in Italia sono ancora pochi e che le operazioni che si chiudono per il rilancio di queste aziende in difficoltà sono una goccia nel mare.
AIFI ha calcolato che lo scorso anno si siano condotte soltanto 9 operazioni di turnaround per un valore di 172 milioni di euro di investimenti, sul totale dei già pochi 6,6 miliardi di euro di investimenti complessivi del 2020 (si veda altro articolo di BeBeez).
Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi, ha dichiarato: “Servono misure ad hoc per il rilancio delle imprese. Abbiamo bisogno di aumentare la raccolta di risorse sul mercato, magari tramite un fondo di fondi che poi a sua volta diriga i capitali sugli investitori nell’economia reale. Serve inoltre estendere la moratoria sui debiti aiutando anche l’accesso alla finanza alternativa, e allungare i termini per la crisi di impresa in modo da dare alle aziende il tempo necessario a riprendere l’attività. Infine, occorre investire nelle infrastrutture a beneficio non solo dei singoli ma anche delle attività imprenditoriali”.
AIFI era già entrata lo scorso novembre 2020 nel dibattito sul Fondo Patrimonio Destinato, cioé il fondo da 40 miliardi di euro varato dal Decreto Rilancio nel maggio dello scorso anno. In questo contesto AIFI ha proposto al governo di costituire un fondo di fondi a capitale prevalentemente pubblico per rilanciare le pmi italiane (si veda altro articolo di BeBeez). “Il fondo di fondi sarà un nuovo soggetto temporaneo e a capitale prevalentemente pubblico, che aiuterà il sistema ad assorbire l’eccesso di indebitamento favorendone la ricapitalizzazione. Questo potrebbe essere avviato attraverso il Patrimonio Rilancio del MEF, che è proprio indirizzato alla ricapitalizzazione delle imprese”, aveva spiegato allora Cipolletta.
Peraltro ora sembra che in parte queste richieste siano state ascoltate, visto che il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 50 del 10 marzo il Decreto attuativo relativo alle regole di funzionamento del fondo Patrimonio Destinato, con una dotazione di 40 miliardi di euro, la cui costituzione è stata prevista come noto dall’art. 27 del Decreto Rilancio coordinato con la legge di conversione dello scorso luglio 2020, che sarà gestito da Cassa Depositi e Prestiti (sullo schema di decreto predisposto già a fine novembre 2020, si veda qui l’Insight View di BeBeez del 3 dicembre 2020, disponibile per gli abbonati a BeBeez News Premium). Tuttavia resta il problema che il dispositivo di legge limita l’impegno del fondo a imprese con un fatturato superiore a 50 milioni.
Renato Carli, presidente del gruppo tecnico credito e finanza di Assolombarda, ha spiegato: “La maggior parte delle aziende uscirà dalla crisi più indebitata. I tempi di rientro del debito sono passati da 2,2 anni del 2019 a oltre 5 anni, con punte di 6 anni per la ristorazione e di 11,5 anni per il commercio. Servono un allungamento dei tempi di recupero del debito e strumenti di rafforzamento del patrimonio delle aziende, poiché l’eccessivo debito mette a rischio la sopravvivenza delle imprese. Queste chiedono al private capital di porre attenzione al fattore umano delle aziende e di adottare un approccio consulenziale, tramite un confronto costruttivo e trasparente. Sono convinto che la relazione tra imprese e private capital nel post-pandemia assumerà una maggiore importanza”.
Anche KPMG ritiene che i fondi giocheranno un ruolo di primo piano nella ripresa del mercato m&a, immettendo nel sistema economico una quota consistente della liquidità disponibile anche per favorire processi di ristrutturazione aziendale. Kpmg ha ricordato che anche in piena pandemia l’attività di m&a in Italia non si è fermata, sebbene abbia subito un rallentamento, e che il primo trimestre di quest’anno l’attività è in ripresa. Nel dettaglio, nel 2020 Kpmg ha contato 882 operazioni per un valore complessivo di 44 miliardi di euro, in calo dalle 1085 operazioni per 52 miliardi del 2019, mentre in questo primo trimestre del 2021 le operazioni sono state 243 per un totale di 27 miliardi di euro, dalle 239 operazioni del primo trimestre 2020 per 10 miliardi complessivi.