Ricavi in crescita a 501,3 milioni di euro per la compagnia armatoriale Moby nei nove mesi 2019 a fine settembre dai 478,8 milioni dei nove mesi 2018, con un ebitda ricorrente a sua volta in rialzo a 118,6 milioni (da 68,3 milioni) al netto degli effetti del nuovo standard contabile IFRS16, con un debito finanziario netto in rialzo a 591,3 milioni (da 558,6 milioni), che però al lordo dell’impatto dell’IFRS16 diventa di 728,5 milioni. Sono i risultati consolidati dei nove mesi diffusi da Moby lo scorso 12 dicembre, che evidenziano un ulteriore netto peggioramento della situazione della cassa: in nove mesi, infatti, il gruppo armatoriale ha bruciato oltre 115,9 milioni di euro dopo i 108,1 milioni bruciati nei primi nove mesi del 2018, mentre tra gennaio e giugno era stata bruciata cassa per 83,1 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). A fine settembre, quindi, Moby aveva cassa per 56,2 milioni contro gli 89 milioni di euro di fine giugno e contro i 125,5 milioni di cassa che aveva a fine settembre 2018.
Proprio a seguito dei numeri della semestrale, i fondi obbligazionisti (tra cui Soundpoint Capital, Cheyenne Capital e York Capital, affiancati sul piano legale da DLA) nel settembre 2019 avevano presentato al Tribunale di Milano un’istanza di fallimento nei confronti di
Moby, lamentando un’insolvenza prospettica e futura, prevedibile nel febbraio 2020, quando Moby dovrà pagare la cedola sul bond da 300 milioni di euro, con ha scadenza 15 febbraio 2023 e cedola del 7,75%, negoziato alla Borsa del Lussemburgo (si veda altro articolo di BeBeez) e che ormai da mesi quota attorno a 35,5 centesimi. Il Tribunale di Milano, con un decreto depositato il 9 ottobre 2019, ha respinto l’istanza di fallimento presentata dai fondi, che sono stati anche condannati al pagamento delle spese giudiziarie (si veda altro articolo di BeBeez). Il Tribunale comunque aveva messo in guardia Moby, scrivendo che avrebbe necessità di monitoraggio e di ricorrere a strumenti di superamento di una crisi che in prospettiva ha caratteristiche importanti e che potrebbero divenire molto gravi.
Già i numeri 2018 avevano dimostrato un equilibrio precario (si veda altro articolo di BeBeez). Il risultati del 2018, presentati al mercato il 30 aprile, avevano infatti evidenziato un ebitda ricorrente quasi ridotto a un terzo di quello del 2017 (47,5 milioni contro 131,6 milioni), che aveva portato a una perdita netta di 62,7 milioni, da un utile netto di 22,9 milioni l’anno prima. Il tutto bruciando 57,5 milioni di euro di cassa, mentre nel 2017 si era generata cassa per 71,6 milioni di euro. Nel 2018 aveva invece tenuto il fatturato, con ricavi solo in leggera discesa a 584,3 milioni dai precedenti 586,2 milioni. Contemporaneamente il debito finanziario netto era salito a quota 590 milioni dai 496,4 milioni di fine 2017. Un mix che aveva portato al non rispetto dei covenant finanziari stabiliti in origine in relazione al debito senior per dicembre 2018, tanto che far classificare a bilancio l’intero debito senior tra i debiti a breve termine, sebbene le caratteristiche del prestito, scadenza compresa, siano rimaste quelle originarie. Le banche hanno comunque accettato di venire incontro a Moby e hanno sostanzialmente dato un anno di tempo per sistemare la situazione.
I numeri della semestrale 2019 presentati lo scorso 12 settembre avevano invece evidenziato un netto miglioramento sia a livello di ricavi sia a livello di recurring ebitda rispetto al semestre 2018, con i primi a quota 253,6 milioni (+8,7%) e il secondo a quota 47,8 milioni (+19%), a fronte di un debito finanziario netto di 721,7 milioni, in netto aumento per effetto dell’applicazione del nuovo standard contabile IFRS 16 (sarebbe sceso a 574,3 milioni senza IFRS 16). In netto peggioramento era però era stata appunto la situazione della cassa. Nei primi sei mesi del 2019 il gruppo ha bruciato 83,1 milioni di euro di cassa contro il 28,7 milioni bruciati nel primo semestre 2018. A fine giugno quindi Moby aveva cassa per 89 milioni di euro contro i 204,9 milioni di cassa che aveva a fine giugno 2018.
Intanto lo scorso 13 dicembre scorso i fondi obbligazionisti hanno inviato una lettera in cui contestano all’azienda e all’azionista, la famiglia Onorato, alcune operazioni in violazione dei covenant sul debito. Lo riferisce Reorg, secondo cui gli obbligazionisti, assistiti da White & Case e dall’avvocato Francesco Gatti, contestano una serie di violazioni, tra cui: il pagamento dei canoni per il noleggio di alcune navi da parte di Moby alla società di famiglia, la Fratelli Onorato e l’acquisto da parte dell’azienda di un appartamento in piazza San Babila a Milano da Vincenzo Onorato per 7 milioni di euro. Moby ha bollato le accuse come “un altro inutile tentativo da parte di un piccolo gruppo di obbligazionisti di esercitare pressioni sulla società a seguito del già rigettato ricorso presso il tribunale di Milano”.