Il Tribunale di Alessandria ha ammesso tutte le società italiane del Gruppo Mossi Ghisolfi alla procedura di concordato preventivo in bianco (si veda altro articolo di BeBeez) e ha concesso il termine massimo di 120 giorni per il deposito della proposta e del piano, a decorrere dallo scorso 26 ottobre, ad eccezione per IBP srl per la quale ha concesso il termine di 60 giorni (si veda qui il comunicato stampa).
Intanto negli Usa, secondo quanto risulta a BeBeez, dovrebbe essere depositata oggi la richiesta di ammissione alla procedura di Chapter 11 anche per tutte le altre società controllate, dopo che nei giorni scorsi era stata depositata la domanda di Chapter 11 per M&G Polymers Usa, proprietaria dell’impianto di produzione di PET in West Virginia (si veda altro articolo di BeBeez).
Fondata nel 1953 e controllata dalla famiglia Ghisolfi, Mossi Ghisolfi è leader nell’innovazione applicata al settore del PET, dell’ingegneria e dei prodotti chimici rinnovabili derivati da biomasse non alimentari, con un fatturato 2016 di 1,7 miliardi di euro (da 1,83 miliardi del 2015) e un ebitda di 83,4 milioni (da 141,1 milioni), in calo a seguito dei costi pre-operativi del più grande impianto integrato di produzione d PTA/PET a Corpus Christi in Texas (16 milioni) e dei margini positivi (9 milioni) incassati nel 2015 per la vendita di una porzione di terreno sempre a Corpus Christi.
Il tutto ha portato poi a una perdita di 55 milioni (da 51,3 milioni l’anno prima) e a un debito finanziario netto di 1,8 miliardi (da 1,2 miliardi), con il debito che è cresciuto soprattutto sempre in relazione al finanziamento dell’impianto di Corpus Christi, che nel tempo ha richiesto molti più investimenti di quanto previsto inizialmente. Sinora i capitali per questi investimenti sono stati forniti dalla holding italiana, ma questo spostamento ingente di risorse ha creato a cascata un problema sullo sviluppo del business italiano, dove peraltro si sono sommate anche delle difficoltà tecniche in relazione ai risultati attesi dalla messa in opera dell’impianto a biomasse. Per questo motivo, si cerca un investitore anche per le attività italiane.
Sia il dossier delle attività italiane sia quello delle attività Usa è allo studio dei principali fond internazionali di private equity, a partire da TPG, che già è in affari con M&G da tempo, mentre si è fatto anche il nome di Och Ziff (si veda altro articolo di BeBeez). Nel novembre 2014 TPG (tramite il fondo TPG Opportunities Partners) aveva sottoscritto un aumento di capitale da 300 milioni di dollari per il 25-30% del capitale di M&G Chemicals (si veda altro articolo di BeBeez). E prima, nell’ottobre 2011, i fondi TPG Capital e TPG Biotech, insieme alla controllata di M&G Chemtex, avevano investito 250 milioni di dollari per costituire la joint venture Beta Renewables (con Chemtex con il 75%).
Ma interessati a investire negli assets del gruppo sono anche e soprattutto soggetti industriali di settore. Per le attività italiane si parla di Eni e Versalis, mentre per quelle Usa si parla del gruppo thailandese Indorama, di quello indonesiano Reliance Industries e di quello messicano Alpek (si veda Reuters).
Sul fronte americano per l’intero gruppo, advisor finanziario è Rotschild, mentre sul fronte legale sono schierati gli avvocati di Allen&Overy e di Jones Day. Sul fronte italiano ci sono invece l’advisor finanziario Mediobanca, quello legale Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners e lo studio della commercialista Stefania Chiaruttini. Sul fronte del restructuring industriale, invece, è stato chiamato Alvarez& Marsal, che segue le operazioni direttamente negli Usa, ma che ha anche contatto diretto in Italia con gli headquarter di M&G.