Scade il prossimo 22 luglio il termine per la presentazione del piano di concordato al Tribunale di Modena da parte di Via delle Perle, griffe del mondo dell’abbigliamento con sede a Carpi e controllata al 75% dal 2013 dal fondo di Argos Soditic e con il resto del capitale che era rimasto in mano ai fondatori Edmondo Tirelli, Nunziella Saltini e Glauco Verrini.
L’azienda aveva fatto domanda di concordato in continuità e il tribunale il 17 febbraio l’aveva accolta, fissando al 22 maggio il termine per la presentazione del piano di ristrutturazione del debito e il progetto di rilancio, con la possibilità di ottenere una proroga di 60 giorni. Facoltà utilizzata da Via delle Perle che ha quindi spostato il termine alla prossima settimana.
Nato nei primi anni 80 come sinonimo di intimo femminile e poi diventato un total look a base di jeans, maglieria e felpe ricamate, Via delle Perle è passata da 4 milioni di euro di ricavi nel 2000 a 36 milioni nel 2014, per poi iniziare a scendere a 32,6 milioni nel 2015, a fronte di un ebitda di 3,8 milioni (dai circa 5 milioni del 2014) e una perdita netta di 2,3 milioni ( da una perdita di 1,5 milioni), a fronte di un debito finanziario netto di 9,7 milioni (da 5,9 milioni) (si veda qui l’analisi di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente).
Secondo quanto riferito nei giorni scorsi dalla Gazzetta di Modena, uno dei fornitori più consolidati della ditta, un’impresa di Como, avrebbe manifestato l’intenzione di rilevare l’azienda. Argos Soditic da parte sua ha già investito 2 milioni di euro in Via delle Perle poco prima della presentazione della domanda di concordato e ha dato la disponibilità ad altri investimenti a breve.
L’amministratore delegato Cristopher Bizzio aveva spiegato al Sole 24 Ore lo scorso marzo che “i primi segnali di rallentamento erano arrivati nell’ultima parte del 2014, poi in Russia abbiamo avuto un vero crollo. Nel 2015 il fatturato si avvicinò ai 40 milioni, con un export del 70%, ma il 2016 è stato un anno difficilissimo, perché il mercato russo per noi valeva quasi la metà dei ricavi”. Dopodiché, per far fronte alla caduta di quel mercato, l’azienda ha investito in maniera importante per l’apertura di nuovi mercati (in particolare Cina e Medio Oriente), ma evidentemente lo sforzo ha minato del tutto l’equilibrio finanziario della società.