Vincenzo Zucchi spa, la nota società produttrice di tessuti per la casa quotata a Piazza Affari, ha annunciato nei giorni scorsi un’operazione di rifinanziamento del debito, finalizzato alla risoluzione per mutuo consenso dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis e 187-septies della Legge Fallimentare (si veda qui il comunicato stampa).
Una dichiarazione che non fornisce dettagli, ma che fa capire che comunque che a valle di questa operazione la società tornerà in bonis con tutta una serie di conseguenze positive a livello di numeri di bilancio, che potrà finalmente riflettere gli effetti dell’avvenuta ristrutturazione de debito. Sinora, infatti, a seguito di una serie di condizioni sospensive dell’accordo, il bilancio conteneva ancora la quota di debito a medio-lungo termine che le banche avevano accettato di stralciare in sede di ristrutturazione nel 2015.
Quanto a chi saranno i nuovi finanziatori di Zucchi, al momento le bocche sono cucite, ma quello che è ragionevole pensare è che un ruolo importante lo giocheranno i fondi specializzati in credito, visto che le principali banche italiane, una volta finanziatrici a medio-lungo termine, sono tuttora esposte verso Zucchi a breve termine e ci si attende quindi che siano parte venditrice dei crediti insieme al fondo CCR II, gestito da Dea Capital Alternative Funds sgr, che nel 2018 aveva comprato la maggior parte del debito a medio-lungo termine.
Ricordiamo infatti che il 23 dicembre 2015 la Vincenzo Zucchi aveva sottoscritto con le banche finanziatrici (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Bergamo, Bnl) l’accordo di ristrutturazione del debito, contestualmente all’impegno del fondo Astrance Capital a sottoscrivere un aumento di capitale, poi interamente liberato nel settembre 2016. All’accordo avevano aderito anche GB Holding srl (che fa capo al portiere della Juventus, Gianluigi Buffon) e lo stesso Buffon (si veda altro articolo di BeBeez).
Così come riassunto anche nell’ultimo comunicato stampa mensile relativo alla posizione finanziaria netta della società, le banche che avevano aderito all’accordo di ristrutturazione di Zucchi avevano rinunciato a 46,9 milioni di euro di debiti. Tuttavia era stata inserita nell’accordo una cosiddetta clausola di reviviscenza del credito nel caso in cui la società fosse di nuovo passata da una procedura concorsuale e quindi a bilancio quei debiti erano rimasti. Tanto che la capogruppo, pur avendo recuperato redditività e producendo cassa, ha chiuso il trimestre al 31 marzo 2020 con un patrimonio netto totale negativo per circa 26,8 milioni di euro e una posizione finanziaria netta negativa di circa 97,1 milioni (si veda qui la Relazione trimestrale al 30 marzo 2020). Il gruppo ha invece chiuso il trimestre con un patrimonio netto totale negativo per circa 15 milioni e una posizione finanziaria netta consolidata negativa di circa 87 milioni, a fronte di ricavi per 15,3 milioni e un ebitda di 2,2 milioni. Al 31 luglio 2020 l’indebitamento finanziario netto della Vincenzo Zucchi (non contando i 49,6 milioni di euro cancellati dalle banche, ma ancora a bilancio per effetto della clausola di cui sopra) era pari a 38,2 milioni di euro, in diminuzione di circa 4,9 milioni (-11,4%) dal 31 dicembre 2019 (43,1 milioni).
L’accordo di ristrutturazione prevedeva, tra l’altro, anche la costituzione di una spv alla quale Zucchi aveva conferito il ramo d’azienda costituito da una parte del debito verso le banche finanziatrici pari a 30 milioni e dagli immobili di proprietà della società ubicati a Isca Pantanelle, Notaresco, Casorezzo, Vimercate e Rescaldina.
Alcune delle banche creditrici di Zucchi (Banca Intesa , Bnl, Unicredit e UBI Banca) in due distinte operazioni avevano poi ceduto i loro crediti residui e i relativi diritti per 21,3 milioni di euro al fondo CCR II di Dea Capital Alternative Funds sgr, che aveva annunciato il primo closing della raccolta a inizio 2018. I crediti in capo al fondo così come quelli in capo a Bpm erano stati trasferiti al patrimonio destinato e sono stati oggetto del rifinanziamento complessivo del gruppo.
Il fondo CCR II aveva precisato che al comparto crediti avevano contribuito, cedendo crediti per un valore complessivo di 230 milioni, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Bnl, UBI Banca, Mps, Banca Ifis e Credito Valtellinese. I crediti erano relativi a nove gruppi industriali: Canepa (Como), Snaidero (Udine), Calvi (Merate e Agrate Brianza), Pieralisi (Jesi, Ancona), Grotto-Chiuppano (Vicenza), Biokimica (Santa Croce sull’Arno, Pisa), Trend Group (Vicenza), Consorzio Latterie Virgilio (Mantova) e appunto Zucchi (Milano). Il comparto nuova finanza aveva raccolto invece inizialmente 70 milioni di impegni, oltre che dallo sponsor Dea Capital, da fondazioni, assicurazioni, banche e family office. La raccolta è poi proseguita negli anni successivi e nel corso del primo semestre 2020 è stato perfezionato il settimo closing del fondo per un importo di 27 milioni di euro, portando la dimensione totale del fondo a oltre 600 milioni di euro a fine giugno 2020 (si veda altro articolo di BeBeez).
Tornando a Zucchi, il piano industriale (relativo al periodo 2015-2020) prevedeva due fasi. La prima fase, relativa al periodo compreso tra il 2015 e il 2017, di vero “turnaround”, è stata caratterizzata dalla semplificazione dell’offerta, dalla razionalizzazione dei punti vendita (attraverso la chiusura di quelli che si trovano in una situazione di perdita strutturale), da iniziative volte alla stabile riduzione del costo del venduto (nobilitazione e confezionamento) e dei costi operativi (anche con revisione dell’organico). La seconda fase (2017-2020), che ha impegnato il nuovo amministratore delegato, Michel Lhost, è stata invece di “sviluppo” in un contesto di crescita sui mercati esteri (si veda altro articolo di BeBeez).