“Con l’approvazione dell’emendamento sul crowdfunding viene estesa a tutte le pmi italiane la possibilità di ricorrere ai portali online per la raccolta di capitali di rischio”, lo ha detto ieri in serata l’on. Maurizio Bernardo (Ap), presidente della Commissione Finanze della Camera ed esponente di Area Popolare, che ha sottoscritto gli emendamenti Galgano-Giulietti.
Bernardo ha aggiunto: “Adesso c’è uno strumento in più per avvicinare il risparmio privato al capitale del tessuto produttivo italiano riducendone la dipendenza dal canale bancario. Si tratta di un provvedimento che non ha precedenti in Europa e mette l’Italia all’avanguardia, sul piano normativo, nel campo del crowdinvesting, un fenomeno nuovo che ha consentito di raccogliere, nel mondo, oltre 28 miliardi di dollari”.
Come noto, infatti, sinora la legge e quindi il regolamento Consob prevedevano che potessero ricorrere all’equity crowdfunding soltanto le startup innovative e le pmi innovative, così come definite in base alle norme di legge. L’ampliamento a tutte le pmi della possibilità di raccogliere capitali online rappresenta dunque un passo davvero importante.
Già quest’anno l’attività su questo mercato è aumentata in maniera significativa. Il database di Crowdfundingbuzz indica che a oggi sulle piattaforme italiane sono stati raccolti oltre 6,35 milioni di euro dall’inizio dell’operatività e che di questo totale quasi 3,3 milioni sono stati raccolti quest’anno.
L’ultima novità nel settore era stata introdotta dal nuovo regolamento Consob dello scorso febbraio che ha reso più semplice aderire alle proposte pubblicate da startup e pmi innovative sui vari portali (si veda altro articolo di BeBeez). In particolare, le verifiche di appropriatezza dell’investimento rispetto alle conoscenze e all’esperienza dell’investitore possono ora essere effettuate dagli stessi gestori dei portali, purché risultino dotati di requisiti adeguati. Con ciò i gestori possono subentrare nel ruolo finora svolto dalle banche.
Tuttavia il passaggio non è stato automatico, perché le piattaforme si devono attrezzare per tutto questo e devono comunicare il cambiamento alla Consob, che a sua volta ha 60 giorni di tempo per esaminare le carte e dare il suo via libera. Le piattaforme più veloci si sono attrezzate già nel corso dell’estate, mentre molte si stanno ancora adeguando.