Nei primi cinque mesi del 2024 il volume d’affari della Supply Chain Finance (SCF), ovvero la somma di Reverse Factoring e Confirming, ha toccato quota 11,45 miliardi di euro, in crescita del 4% rispetto allo stesso periodo del 2023, mentre il factoring globalmente inteso, comprendente quindi anche quello in forma “classica”, ha totalizzato 113,1 miliardi, in crescita del 2,5%.
Sono i numeri comunicati ieri a Milano da Massimiliano Belingheri, presidente di Assifact nonché ceo del gruppo BFF, in occasione dell’annuale assemblea dell’Associazione delle aziende di settore (si veda qui il comunicato stampa).
Ciò significa che le nuove forme di factoring oggi rappresentano il 10% del mercato dei crediti commerciali. Che a prima vista potrebbe sembrare poco, ma se si pensa che in tutto il 2016, la Supply Finance aveva sommato circa 6 miliardi di euro, corrispondenti al 2,7% del totale, ci si rende conto dei grandi progressi messi a segno dalle nuove forme di factoring. Che non sono previsti arrestarsi, soprattutto nel 2024, anno in cui, dopo un 2023 in frenata, la crescita del ricorso a reverse factoring e confirming si è impennata toccando a febbraio l’8% rispetto a 12 mesi prima, e mantenendosi stabilmente sopra la crescita del factoring classico. Un andamento, spiegano da Assifact, dovuto soprattutto a motivi tecnici, come carichi di cessioni mensili hanno scavallato, per qualche motivo, la fine di gennaio finendo in febbraio. Sia come sia, è innegabile la crescita del ricorso alle forme alternative di factoring.
Una conferma viene dall’andamento del credito bancario alle imprese, che nel 2023 è calato del 3,8% anno su anno, mentre il factoring ha sostanzialmente mantenuto i volumi dell’anno precedente, registrando a fine 2023 un turnover di circa 290 miliardi di euro, con un incremento dello 0,87%, accentuando il suo ruolo di partner strategico per le imprese “in grado di fornire sollievo alle pressioni del contesto economico-finanziario e assicurare una fonte di liquidità versatile e allineata allo sviluppo del fatturato” ha dichiarato Belingheri nel suo intervento all’Assemblea. In questo ambito, sempre nel 2023, le operazioni di reverse factoring e confirming nell’ambito della Supply Chain Finance hanno rappresentato il 10% circa del totale del mercato italiano del factoring, con un turnover complessivo di 27,8 miliardi di euro.
Tra l’altro nell’ambito del Supply Chain Finance comincia a farsi sentire il ruolo delle piattaforme digitali, che stanno riscuotendo crescente successo presso le aziende utilizzatrici dei servizi di factoring. “Le piattaforme svolgono un ruolo fondamentale nell’agevolare e migliorare l’efficienza dei processi finanziari e operativi all’interno della catena di fornitura, contribuendo in modo significativo al successo di queste soluzioni. Le piattaforme tecnologiche sono in pratica il motore di reverse factoring e confirming” recita l’indagine della stessa Assifact sulla Supply Chain Finance, appena pubblicata.
Una conferma diretta di questo trend è l’acquisizione, avvenuta pochi giorni fa per 6,4 milioni di euro più earn out (si veda altro articolo di BeBeez), di Workinvoice, una delle prime e principali pittaforme italiane di invoice trading, da parte di Generalfinance, fornitore di servizi di factoring a imprese in difficoltà quotato a Piazza Affari.
La stessa Supply Chain Finance si sta via via arricchendo di strumenti come il già affermato invoice trading ma soprattutto l’inventory finance e il dynamic discounting. Forme tecniche, queste ultime, il cui utilizzo è ancora marginale ma per le quali cresce l’interesse delle aziende, sia fornitrici che buyer, come aveva già rilevato l’indagine del 2023 di Assifact e Kpmg sulla domanda di factoring e invoice fintech in Italia.
Certo, ci sono ancora degli ostacoli da superare perché la SCF esprima appieno il suo potenziale. “Esistono ancora degli elementi di contesto, soprattutto normativo, che frenano l’utilizzo di questi strumenti. Tra i più importanti c’è la normativa anti riciclaggio, che richiede l’invio di una gran mole di informazioni all’Agenzia delle Entrate che rendono difficile effettuare grandi volumi di operazioni, soprattutto in forma digitale” spiega Diego Tavecchia, direttore operativo di Assifact.
Anche forme più innovative, come l’inventory finance, trovano difficoltà “per esempio nell’applicabilità del pegno non possessorio di tipo rotativo alle cartolarizzazioni degli stock di magazzino, soprattutto in alcuni comparti dell’industria alimentare, come quello caseario” sottolinea a BeBeez Federico Caniato, docente di Ingegneria Gestionale presso il Politecnico di Milano.
Tuttavia la strada sembra tracciata. Anche perché è in arrivo la Late Payment Directive dell’Ue, attualmente in fase di votazione presso il Parlamento di Strasburgo, che va a sostituire l’attuale normativa, risalente al 2011, e che oltre a fissare un termine massimo di 30 giorni per il pagamento delle fatture, non ammette giustificazioni vaghe e non suffragate da elementi oggettivi per l’eventuale mancato pagamento, e vieta al debitore di rifiutare la cessione del credito. “E’ quest’ultimo un passaggio molto rilevante per le aziende italiane, soprattutto in materia di crediti commerciali verso le aziende sanitarie” ha spiegato a BeBeez Andrea Trupia, direttore della Divisione Factoring di Banca Sistema.