Dallo scorso 14 settembre la nuova direttiva europea sui pagamenti elettronici, la Payment Services Directive (PSD2), è ora davvero una realtà. Negli ultimi mesi tutti i servizi di home banking hanno chiesto ai loro clienti di scaricare le app e registrare i telefonini per essere in regola con la cosiddetta Strong Customer Authentication, cioé l’autenticazione a due fattori , che consiste nella verifica di almeno due elementi di diversa tipologia per accertare l’identità di un utente di servizi di pagamento o la validità dell’uso di uno specifico strumento di pagamento. Si è trattato dell’ultimo passo necessario alla piena entrata in vigore della direttiva in Italia.
La Payment Services Directive 2, la seconda direttiva Ue sui servizi di pagamento, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Ue a fine 2015, doveva essere recepita dalla legislazione di tutti gli stati membri entro il 13 gennaio 2018. E così è stato. Tuttavia, la direttiva prevedeva un periodo transitorio durante il quale gli operatori di mercato si sarebbero potuti preparare in modo da essere tecnicamente pronti a lavorare con il pubblico entro la deadline del 14 settembre 2019.
Come noto la direttiva prevede l’obbligo per le banche di permettere a terze parti certificate di accedere ai conti dei loro clienti che lo abbiano richiesto per eseguire operazioni di pagamento o interrogazione di saldi e movimenti del conto tramite le cosiddette API (Application Programming Interfaces), cioé interfacce informatiche che consentono appunto di sviluppare applicazioni e servizi che utilizzano dati messi a disposizione dall’infrastruttura tecnologica di un’istituzione finanziaria terza (si veda qui altro articolo di BeBeez
Non a caso al tema dei pagamenti elettronici e del fintech (crasi tra “finance” e “technology”) viene data particolare attenzione nell’ambito del progetto di educazione finanziaria “iopensopositivo“, dedicato ai giovani tra i 15 e i 17 anni, pensato da Innexta – Consorzio Camerale Credito e Finanza, la “fabbrica” che supporta le Camere di commercio italiane nell’ambito del credito, della finanza complementare e del fintech (si veda altro articolo di BeBeez). Il progetto prevede che i giovani si iscrivano sull’omonima piattaforma web e seguano il percorso informativo, al termine del quale sarà rilasciato l’attestato finale cli competenza finanziaria. Per partecipare al progetto c’è tempo fino al prossimo 20 dicembre.
L’appuntamento con la PSD2 ha già portato parecchi milioni di euro a varie startup fintech italiane. A catalizzare l’attenzione di molti investitori di venture capital e private equity in Europa e anche in Italia sono state infatti negli ultimi mesi soprattutto le aziende che sono in prima linea per cogliere le opportunità offerte dalla PSD2, già recepita lo scorso anno dalla normativa italiana, ma che è entrata appunto in vigore tre settimane fa (si veda qui l’ultimo Report Fintech di BeBeez per gli abbonati di BeBeez News Premium, scopri qui come abbonarti a soli 20 euro al mese). A oggi la mappa delle startup fintech finanziate da investitori di venture capital, siano questi strutturati come fondi oppure in club deal di investitori privati, compilata da BeBeez, conta 67 società. Di queste, 45 hanno annunciato round tra il 2018 e il 2019 per un totale raccolto comunicato di circa 382 milioni, di cui oltre 147 milioni soltanto nei primi sette mesi del 2019, contro gli oltre 191 milioni di tutto il 2018.
Molte banche vedono ancora l’applicazione della PSD2 come una minaccia, ma in realtà al contrario dovrebbero comprenderne l’opportunità che questa porta, per creare sinergie con il mondo fintech e per creare quindi nuovi servizi da offrire alla clientela, con il vantaggio di poter arrivare a conoscere molto più a fondo i propri clienti di quanto mai abbiano fatto prima.
Certo, le informazioni di cui si parla sono strettamente legate alla liquidità e quindi non arrivano al patrimonio degli utenti, ma è comunque già un’enormità di dati. Perché conoscere che cosa comprano i propri clienti, da chi, quando e con che periodicità, utilizzando i conti correnti, anche quelli di altre banche, per un istituto di credito è un dato estremamente importante per la profilazione del rischio di credito.
Ovviamente questo tipo di dati è a maggior ragione prezioso per altri tipi di soggetti, con in prima linea chi fa ecommerce, e quindi non stupisce che i colossi del settore abbiano iniziato a lavorare sui pagamenti online ormai da anni. Ma appunto le startup fintech potrebbero proporsi come i soggetti più adatti per sviluppare questo tipo di servizi in proprio o su commissione per una o più banche.
Sul tema, l’ex presidente di Consob, Giuseppe Vegas, in un’intervista a BeBeez lo scorso luglio aveva detto: “Penso che oggi il fintech sia un settore sul quale vale davvero la pena di scommettere. Ci sono grandi opportunità di sviluppo. E la prima e più potente è quella offerta dell’implementazione della PSD2, la seconda direttiva Ue sui pagamenti. Lì c’è un mondo di possibilità da sfruttare. E’ il futuro e le banche tradizionali e gli intermediari non possono fare altro che prenderne atto e accettare di adeguarsi al mondo che cambia. Altrimenti il rischio è di rivedere quello che è accaduto alla Kodak quando non ha capito che il futuro della fotografia era digitale. Peraltro sono cose che già avevo detto chiaramente nell’ultima mia relazione annuale da presidente Consob” (si veda altro articolo di BeBeez).