E’ stato pubblicato ìn Gazzetta Ufficiale lo scorso venerdì luglio il Decreto attuativo della legge sulla sandbox fintech (Regolamento recante attuazione dell’articolo 36, commi 2-bis e seguenti, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, sulla disciplina del Comitato e della sperimentazione FinTech), che attua appunto la delega contenuta nel DL Decreto Crescita n. 34/2019 (si veda altro articolo di BeBeez), che all’art. 36 (commi da 2-bis a 2-decies) prevedeva appunto la “creazione di uno spazio tecniconormativo sperimentale e temporaneo per le imprese del settore finanziario che operano attraverso la tecnologia (cd. fintech), con una regolamentazione semplificata, assicurando un livello di protezione adeguata per gli investitori”.
Le norme erano state introdotte nel Decreto Crescita in sede referente, grazie a un emendamento proposto dai deputati della Lega Gusmeroli, Cavandoli, Covolo, Ferrari, Gerardi, Pagano, Paternoster e Tarantino, con Giulio Centemero che a sua volta lo scorso marzo aveva presentato il disegno di legge 1673 (si veda altro articolo di BeBeez), il cui testo ricalcava quello dell’emendamento proposto a fine 2017 alla Legge di Bilancio sullo stesso tema da Sebastiano Barbanti, allora deputato PD. L’emendamento era stato poi approvato dalla Commissione Finanze della Camera, ma in aula era passato soltanto in una parte (si veda altro articolo di BeBeez). La richiesta di una sandbox per il fintech era stata fatta da tutti i protagonisti del fintech italiano ed erano temi che erano stati sollevati da AssoFintech in occasione dell’audizione alla Camera nel novembre 2017 nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul fintech (si veda altro articolo di BeBeez).
Il comma 2-bis dell’art. 36 del Decreto Crescita delegava “al Ministro dell’economia e delle finanze (MEF), sentite la Banca d’Italia, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) e l’istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS), l’adozione, entro centottanta giorni dalla data di entrata in della legge di conversione del decreto in esame, di uno o più regolamenti per definire le condizioni e le modalità di svolgimento di una sperimentazione (cd. regulatory sandbox) per le attività che perseguono l’innovazione di servizi e prodotti finanziari, creditizi e assicurativi mediante l’utilizzo nuove tecnologie”.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) aveva lanciato così a inizio febbraio 2020 una consultazione pubblica sulla proposta di Regolamento per la disciplina delle condizioni e modalità di svolgimento di una sperimentazione relativa alle attività FinTech (si veda altro articolo di BeBeez). La consultazione si era poi conclusa nel marzo successivo. Ma poi appunto il testo del decreto attuativo è arrivato in Gazzetta Ufficiale soltanto ora.
Il regolamento è composto da 19 articoli e individua innanzitutto le attribuzioni del Comitato Fintech, cui partecipano il Ministro dello sviluppo economico, l’autorità politica delegata per gli affari europei, il Governatore della Banca d’Italia, il Presidente della Consob, il Presidente dell’IVASS, il Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, il Direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale e il Direttore dell’Agenzia delle entrate.
Ferma restando l’importanza di avere finalmente una normativa sulla sandbox fintech anche in Italia, a una prima lettura del testo emerge qualche elemento di criticità, nel senso che per le startup fintech potrebbe risultare particolarmente complicato accedere alla sperimentazione, data la mole di lavoro che richiede il rispettare tutte le richieste formali previste.
In primo luogo, per esempio, l’art. 9 prevede che la presentazione della richiesta vada fatta a diverse autorità competenti, a seconda del tipo di attività della fintech: non c’è insomma un “centro di smistamento” unico. Ma soprattutto l’art. 10 sui contenuti della richiesta di ammissione alla sperimentazione, prevede che la richiesta contenga:
a) una descrizione dettagliata del progetto, dei suoi obiettivi, della sua durata, del valore aggiunto atteso, dei motivi per i quali si richiede una fase di sperimentazione, nonché una descrizione degli elementi di novità;
b) uno studio preliminare di fattibilità (proof of concept), ivi compresa una valutazione prospettica della sostenibilità economica e finanziaria o della copertura finanziaria del progetto;
c) l’indicazione degli orientamenti di vigilanza o atti di carattere generale adottati dalle autorità di vigilanza, nonché delle norme o dei regolamenti adottati dalle medesime autorità di vigilanza di cui si chiede la deroga totale o parziale durante il periodo di sperimentazione;
d) l’indicazione e la valutazione dei potenziali rischi e la specifica indicazione e descrizione delle adeguate misure che verranno adottate per presidiarli;
e) gli specifici strumenti approntati a tutela degli utenti, i quali includono almeno: 1) una corretta e completa informazione circa la natura sperimentale del progetto e i rischi connessi; 2) meccanismi di raccolta del consenso consapevole a entrare in relazione con il soggetto ammesso alla sperimentazione; 3) il riconoscimento del diritto di recedere in qualsiasi momento dal contratto con un preavviso di almeno quindici giorni, senza spese o penalitàconnesse al recesso; 4) le forme di comunicazione al pubblico interessato in merito all’ammissione alla sperimentazione, alle attività oggetto di sperimentazione e all’eventualità che le attività’ possano non proseguire al termine del periodo di sperimentazione;
5) meccanismi di celere risarcimento in caso di responsabilità del prestatore del servizio ammesso alla sperimentazione; f) la descrizione del potenziale impatto del termine della sperimentazione sulle attività avviate durante la fase di sperimentazione e ancora in essere al termine della sperimentazione, prevedendo anche misure di gestione di tale impatto;
g) qualora l’attività oggetto di sperimentazione sia già stata sottoposta a una sperimentazione presso altre autorità, anche estere, una descrizione dell’esito di tale sperimentazione;
h) una dichiarazione, qualora residenti o con sede nel territorio italiano, di non avere avviato procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3, ovvero, qualora non residenti in territorio italiano, di non aver avviato procedure equipollenti secondo la disciplina nazionale applicabile;
i) una autocertificazione comprovante il possesso dei requisiti di onorabilità e dei criteri di correttezza;
l) una autocertificazione comprovante l’approvazione dei bilanci;
m) per le attività indicate all’articolo 5, comma 1, lettera a), le informazioni e i documenti previsti ai sensi della normativa inderogabile applicabile per ottenere l’autorizzazione o l’iscrizione;
n) per le attività indicate all’articolo 5, comma 1, lettera c), se per la sperimentazione è necessaria la collaborazione del soggetto o dei soggetti nei confronti dei quali è prestata o si intende prestare l’attività oggetto di sperimentazione, l’attestazione con la quale essi acconsentono ad essere destinatari delle attività o parte delle attività ammesse alla sperimentazione e alla deroga secondo quanto indicato alla lettera c) del presente comma.