Ha chiuso la giornata di borsa a 4,17 euro, in rialzo del 3%, per una capitalizzazione di 1,44 miliardi, il titolo di Anima Holding ieri, dopo la conferma arrivata di prima mattina dell’ingresso nel capitale dell’asset manager da parte di FSI. Il fondo di private equity guidato da Maurizio Tamagnini ha infatti comprato a 4,35 euro per azione, con un premio de 7,4% sul prezzo di chiusura di martedì 14 febbraio, una quota del 7,2% con un’operazione di reverse accelerated bookbuilding (RABB), rivolta a investitori qualificati e istituzionali esteri, gestita dall’advisor Mediobanca, per un esborso complessivo di 108,7 milioni di euro (si veda qui il comunicato stampa).
Voci sull’imminente ingresso di FSI nel capitale di Anima Holding si erano diffuse nella serata di martedì 14 febbraio, dopo che nel tardo pomeriggio Mediobanca aveva comunicato che era al lavoro per assistere nella procedura di RABB sul azioni Anima, per una quota compresa tra il 7% e il 9%, un investitore finanziario, sino a quel momento non azionista della società e che non intende promuovere un’opa nei prossimi 12 mesi (si veda altro articolo di BeBeez), concetto quest’ultimo ribadito anche nella nota diffusa ieri.
FSI, attraverso il veicolo controllato FSI Holding 2 srl, diventa così il terzo azionista di Anima Holding, dopo Banco BPM (20,6%) e Poste Italiane (11%) e prima di Amundi, la società di asset management controllata dal Crédit Agricole, che attraverso propri fondi nel maggio 2022 aveva acquisito il 5,16%, fatto questo che aveva fatto pensare a molti che il gruppo bancario transalpino avesse delle mire sull’asset manager guidato dal ceo Alessandro Melzi d’Eril e che il coinvolgimento di un altro socio forte italiano servisse a sopire sul nascere i progetti dei francesi. Ricordiamo infatti che Crédit Agricole già possiede il 9,18% di Banco BPM, che come detto è il primo socio di Anima.
Indipendentemente dalle mire francesi, comunque, come già prospettato da BeBeez, la mossa di FSI è nella realtà prodromica a operazioni di aggregazione per creare un importante polo dell’asset management. E non a caso ieri molti analisti hanno confermato questa ipotesi (si veda qui MF). Sicuramente sulla questione m&a FSI avrà modo di indirizzare il management, visto che la quota di capitale acquisita permetterà al fondo di entrare nel consiglio di amministrazione di Anima (la quota minima è il 2,5%, si veda qui la Relazione sul governo societario 2021). Il Cda è in via di rinnovo e la presentazione delle liste è attesa per il 24 febbraio in vista dell’assemblea convocata per il 21 marzo, che nominerà il nuovo consiglio, oltre che approvare i conti 2022 (si veda qui il comunicato stampa).
FSI fa proprio delle aggregazioni la sua missione. L’idea di Tamagnini, infatti, è quella di entrare nel capitale di società italiane che abbiano le potenzialità per crescere a livello internazionale, proprio anche grazie ad acquisizioni. Sarebbe però la prima volta che questo approccio viene condotto da FSI su una società quotata. E sarebbe anche il primo investimento del fondo nel settore dell’asset management, sebbene il fondo abbia invece investito parecchio in un settore contiguo, cioé nel fintech. Dal lancio il fondo a oggi ha infatti investito ben 600 milioni di euro in fintech, cui corrisponde un IRR in linea con il cosiddetto top quartile dei fondi di buyout internazionali raccolti negli ultimi 5 anni, cioè, secondo Preqin, oltre il 20% all’anno. Lo aveva detto lo stesso Tamagnini a BeBeez e MF Milano Finanza un anno fa (si veda altro articolo di BeBeez), precisando che i 600 milioni rappresentano circa il 50% del valore complessivo degli investimenti condotti sino a quel momento dal fondo, che nel marzo 2019 aveva chiuso la raccolta con 1,4 miliardi di euro di impegni sottoscritti da investitori istituzionali italiani e internazionali, oltre che da fondi sovrani.
Da parte sua il ceo di Anima Holding, Alessandro Melzi d’Eril, commentando i risultati dell’esercizio 2022 (si veda qui il comunicato stampa), aveva detto: “Dopo un anno difficile per il risparmio gestito a causa dell’andamento fortemente negativo dei mercati finanziari, il gruppo Anima registra risultati caratterizzati da grande resilienza che consentono anche per quest’anno di offrire agli azionisti un ritorno che si colloca nella fascia alta per il nostro settore in Europa. Questa solidità ci dà grande fiducia per il futuro; la nostra elevata disponibilità di cassa ci consentirà di proseguire nelle politiche di remunerazione per gli azionisti degli ultimi anni, e contemporaneamente di guardare a possibili operazioni di crescita esterna, sia su base opportunistica che in un contesto di aggregazioni fra gruppi bancari, certi di costituire un valore e di poter giocare un ruolo di facilitatore per una rapida ed efficace valorizzazione delle potenzialità del wealth management per tutti i soggetti coinvolti”.
Se quindi per i prossimi 12 mesi FSI si è impegnato a non promuovere alcuna opa su Anima, questo non significa che il giorno dopo le cose non possano cambiare. Anche perché per mettere a punto un progetto di aggregazione importante che metta insieme più soggetti 12 mesi non sono certo un tempo lungo.
Anima Holding a fine gennaio aveva in gestione 182,4 miliardi di euro di asset (tra fondi aperti e alternativi), in aumento dai 177,2 miliardi di fine 2022, sebbene al di sotto dei 201,7 miliardi di fine gennaio 2022 (si veda qui il comunicato stampa).