Massimo Zanetti Beverage Group, holding di Villorba, provincia di Treviso, focalizzata sulla produzione di caffè, ha ceduto La San Marco al gruppo Seb, società francese quotata all’Euronext di Parigi e attiva a livello mondiale nella produzione di piccoli elettrodomestici per uso professionale e domestico (si veda qui il comunicato stampa).
Fondata nel 1920, la San Marco produce, commercializza e distribuisce macchine per caffè e macinacaffè professionali, realizzando la produzione in gran parte in Italia, a Gradisca d’Isonzo (Gorizia). Prima dell’operazione, il capitale era detenuto da Massimo Zanetti Beverage Group spa (85,31%), Anna Rosa Caeran (5,77%), quote proprie de La San Marco spa (5,08%), Suzanne Penot (1,28%), Veronique Armellin (1,28%), Axel Adrien Tam Armellin (0,64%) e Ariane Bucovineanu (0,64%).
La società ha chiuso il 2021 con ricavi pari a 16,4 milioni, un ebitda di 1,6 milioni e una liquidità netta pari a 1,6 milioni (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente).
L’acquisizione “è in linea con la volontà del gruppo di accelerare il suo sviluppo nel segmento di mercato professionale, in rapida crescita e particolarmente remunerativo. Insieme continueremo la nostra ambiziosa crescita nel settore professionale”, ha dichiarato Thierry de La Tour d’Artaise, presidente di Groupe SEB, che nel 2022 ha registrato un fatturato nel settore professionale pari a 725 milioni di euro, con un aumento del 15,6%, di cui il 9,2% di crescita organica.
E Massimo Zanetti, presidente di Massimo Zanetti Beverage Group, ha spiegato: “Questo accordo permetterà al nostro gruppo, che nel 2022 ha superato 1,4 miliardi di fatturato, di focalizzarsi sul proprio core business, per cogliere le potenzialità di crescita dei nostri marchi internazionali, tra cui il marchio Segafredo, sinonimo dal 1960 del caffè espresso italiano, e parallelamente di sviluppare i nuovi trend dei mercati locali, grazie alla nostra identità capace di fondere la tradizione con le nuove tendenze di mercato”.
La storia di Massimo Zanetti Beverage Group parte dagli anni’70, quando Massimo Zanetti ha intrapreso un percorso di crescita avviato con l’acquisto della torrefazione bolognese Segafredo, proseguito successivamente, negli anni ottanta e novanta, con l’espansione all’estero, in Portogallo, Francia ed Austria e, successivamente, in Sud America. Gli anni duemila sono stati fondamentali per proseguire nella crescita del gruppo che, mentre ha ampliato la propria presenza in nord Europa acquistando la società finlandese Meira, é anche entrato nel mercato statunitense attraverso l’acquisizione dell’attuale MZB USA. Risale a quegli anni anche la creazione di Segafredo Zanetti Coffee System, specializzata in soluzioni ad alto contenuto di servizio al consumatore e al settore Office Coffee Service.
Massimo Zanetti Beverage Group ha chiuso il 2021 con 844 milioni di euro di ricavi, 30 milioni di ebitda e un indebitamento netto di 354 milioni (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). Ma il dato di bilancio non riflette ancora appieno la crescita della società avvenuta nel corso di quell’anno, con un fatturato pro-forma che si era già attestato intorno a 1,2 miliardi di euro, a valle delle tante nuove aperture di caffetterie in giro per il mondo e soprattutto dell’acquisizione di Saicaf, storica azienda barese produttrice dell’omonimo caffé (si veda qui il comunicato stampa) e di Hoja Verde Gourmet Hovgo, con sede in Ecuador, il cui stabilimento produttivo, situato a Cayambe, a 70 chilometri da Quito, produce caffè e cioccolato partendo da materie prime selezionate di primissima qualità garantendo il controllo dell’intera filiera (si veda qui il comunicato stampa).
Ricordiamo che il gruppo era stato delistato nel febbraio 2021, a seguito dell’opa lanciata nell’autunno 2020 dallo stesso imprenditore Massimo Zanetti, attraverso il veicolo MZ Holding, sulle azioni in circolazione non in suo possesso (si veda altro articolo di BeBeez). A quel punto Zanetti aveva ragionato sulla possibilità di aprire il capitale a fondi di private equity, cedendo una quota del 30%, cioé la stessa quota che costituiva il flottante di Borsa, per accompagnare l’azienda nel suo piano di sviluppo a livello internazionale. (si veda altro articolo di BeBeez). Questo progetto però non si è concretizzato e l’imprenditore da allora è andato avanti da solo.