Quest’anno si prevedono cessioni di crediti deteriorati da parte di banche italiane per un totale di 65 miliardi di euro, dopo i 35 miliardi del 2017. Lo ha detto ieri il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nelle sue Considerazioni finali in occasione della Relazione annuale 2017 dell’Autorità di Vigilanza, precisando che, secondo i piani presentati lo scorso marzo al Meccanismo di vigilanza unico, entro il 2020 i crediti deteriorati dei gruppi significativi italiani arriverebbero quasi a dimezzarsi rispetto al livello di fine 2017. L’incidenza sul totale dei prestiti, al netto delle rettifiche di valore, scenderebbe infatti intorno al 4% per i gruppi significativi e si stima che calerebbe al 5% per l’intero sistema.
Una piccola parte delle cessioni realizzate lo scorso anno, ha continuato Visco, ha riguardato inadempienze probabili (unlikely to pay), ossia esposizioni per cui vi è la possibilità che il debitore torni a onorare i propri impegni e ulteriori vendite sono programmate dai gruppi significativi. Visco ha sottolineato che “la dismissione di questo tipo di esposizioni beneficerebbe dell’intervento, in Italia ancora contenuto, di operatori specializzati in ristrutturazioni aziendali (i cosiddetti fondi di turn-around), in grado di offrire alle imprese sia nuovi finanziamenti sia le risorse manageriali necessarie per il rilancio dell’attività (si veda altro articolo di BeBeez).
Tornando ai dati, nel 2017 il flusso di nuovi prestiti deteriorati in rapporto al totale dei crediti è sceso di mezzo punto percentuale, al 2,1%, riportandosi sui valori precedenti alla crisi finanziaria. La diminuzione è proseguita nel primo trimestre del 2018 raggiungendo l’1,7%, in ragione del calo delle insolvenze tra i prestiti alle imprese. Le consistenze di crediti deteriorati (al netto delle rettifiche di valore) nei bilanci bancari si sono ridotte di 38 miliardi, a 135; al lordo delle rettifiche di valore, il calo è stato di 65 miliardi, a 285 miliardi.
L’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti erogati dalle banche è scesa a fine anno al 14,5% al lordo delle rettifiche di valore e al 7,5% al netto (17,3 e 9,4% nel 2016, rispettivamente). Il peso dei prestiti deteriorati netti si è ridotto di oltre tre punti percentuali rispetto al picco di dicembre del 2015.
Nel 2017 le banche hanno ceduto sul mercato e cancellato dai loro bilanci un ammontare di crediti deteriorati lordi pari a 35 miliardi (8 miliardi nel 2016), circa il 10% delle consistenze in essere alla fine del 2016; le operazioni di cessione sono state realizzate per quasi due terzi attraverso cartolarizzazioni assistite, per la maggior parte delle operazioni, dalla garanzia pubblica sulla cartolarizzazione delle sofferenze. Altri 18 miliardi sono stati trasferiti alla SGA, controllata dal Ministero dell’Economia e delle finanze, a seguito della liquidazione di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Ulteriori tre miliardi sono stati oggetto di cessione nell’ambito dell’operazione di acquisizione di tre ex Casse di Risparmio da parte di una filiazione di banca estera.
Alla riduzione dei crediti deteriorati ha contribuito anche l’attività di recupero in via ordinaria. Nel 2017 il tasso di copertura delle esposizioni deteriorate, misurato dal rapporto tra le rettifiche e la consistenza dei prestiti deteriorati, è cresciuto di due punti percentuali al 53%, un valore ampiamente superiore alla media delle principali banche europee.
È aumentato di circa mezzo punto il tasso di copertura dei crediti deteriorati non assistiti da garanzia, al 63,5%. È migliorata la capacità delle banche di far fronte alle perdite inattese derivanti dai crediti deteriorati; tra il 2015 e il 2017 il rapporto tra questo tipo di attività al netto delle rettifiche e il capitale di migliore qualità è sceso dal 105 al 70% (dal 118 al 74% per le banche significative).
Quanto ai tempi di recupero, infine, la Relazione della Banca d’Italia dedica un intero approfondimento alla durata delle procedure esecutive immobiliari, sottolineando che le norme introdotte tra il 2015 e il 2016 hanno avuto effetti positivi sensibili in termini di risultati. In particolare, la quota di procedure per le quali la pre-vendita si è conclusa entro un anno è salita dal 10 al 19% e la quota di quelle per le quali la pre-vendita si è conclusa entro 18 mesi si è portata dal 27 al 35%. Si stima che la durata mediana della pre-vendita si sia così ridotta di circa un decimo. Quanto alla fase di vendita, gli effetti delle innovazioni normative sono anche maggiori: le quote di procedure con tale fase chiusa entro un anno ed entro 18 mesi dall’inizio delle operazioni sono aumentate rispettivamente dall’8 al 21% dal 17 al 36%. Si stima che la durata mediana della fase di vendita si sia quasi dimezzata.
Resta però vero che esistono elevate differenze nella durata delle procedure esecutive immobiliari tra tribunali, che potrebbero anche riflettere fattori di natura organizzativa e gestionale . Secondo banca d’Italia, le linee guida approvate dal Consiglio superiore della magistratura nell’ottobre 2017 potranno favorire la diffusione delle prassi vigenti nei tribunali migliori. Un’analisi approfondita dei fattori sottostanti (ad es. assenza di incentivi adeguati, risorse insufficienti) può contribuire a individuare ulteriori soluzioni per accrescere l’efficienza delle procedure.
Infine, l’utilizzo di strumenti stragiudiziali per il recupero crediti appare tuttora limitato. Una rilevazione condotta dalla Banca d’Italia nell’aprile 2018 presso 290 intermediari segnala come solo poche banche hanno indicato di voler ricorrere al patto marciano (DL 59/2016) per i contratti di nuova stipula, mentre per la maggior parte degli intermediari (61%) tale possibilità è ancora in fase di studio (si veda altro articolo di BeBeez).